Sta volta non mi freghi, imbecille!

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La sfida dura da sempre. E sono certa che quando anche quest'ulteriore battaglia giungerà al termine, troveremo nuovi pretesti per metterci in competizione, semplicemente perché lo siamo sempre stati.
E perché il nostro odio è sbocciato nel tempo, stagionato e lentamente cotto ed essiccato sotto il sole di una cocente e malsana competizione.
Ancora lo ricordo con soli due denti in bocca, a rubarmi la merenda dallo zainetto dell'asino. E ancora ricordo me, con molti più denti, e belli e dritti e bianchissimi, a tirargli quei due fili d'erba secca che si ritrova attaccati alla fronte.
Non avrei potuto essere più fiera di me, quando mia madre me lo raccontò con tutti i particolari riferiti dalle maestre.
Brava, piccola Mallory, questo è un rancore che conserviamo da anni, una sorta di predestinato odio dettato da un fato avversamente propenso a farmi vincere in tutto.

Io e Sean, se non fossimo così maledettamente ossessionati dal prevalere sull'altro, immagino potremmo essere buoni amici.
Siamo uguali.
E l'ho capito non solo da quel ghigno disturbante che mettiamo su quando abbiamo ragione. Ma anche dalla nostra insana passione di mettere in difficoltà il prossimo. Da quell'innata mancanza di pudore che sembra esserci stata sottratta in parti uguali.
E anche da quella solitudine che ci aleggia intorno, come puzza di qualcosa di marcio, marcio nella nostra mente contorta.

E ora, seduta sul pullman che mi riporta a casa, non posso proprio evitare di pensare a quella proposta. Non sono servite parole. So cosa vuole. Una scommessa che va avanti da tempo immemore, sugellata da un bacio tra nostri sputi, gettati con precisione sulle nostre mani strette in quello che sarebbe poi stato l'unico tipo di contatto fra noi ancora oggi.

"Devi dirmi con precisione 5 aggettivi che descrivono la persona che hai davanti." Mi aveva detto, costretti a stare uno affianco all'altro per un infausto cambio di posti.

"Beh, tu sei brutto da morire" avevo esordito educata come sempre, alla veneranda età di tredici anni.

"No, non di aspetto fisico" aveva ribattuto, forse se l'era presa o forse voleva solo finire il suo discorso "Devi dirmi a primo impatto cosa ti suscita la persona che vedi. Devi dirmi come si atteggia, che carattere ha..."

"Tu sei nato scemo, oh. Cosa vuoi che ne sappia!"

"Vuoi dirmi che non sai descrivermi in cinque aggettivi?"

Stranamente, ero stata zitta. Non me l'ero sentita, all'epoca, di definirlo. Era così innata l'avversione nei suoi riguardi da non avermi mai permesso di conoscerlo a fondo.

"Tu che diresti?" Avevo ribattuto con una punta di malizia, quel tocco di vanità che accompagna questo tipo di domande.

Non aveva risposto neanche lui.
E ad oggi, dopo cinque anni dall'inizio della sfida, dopo aver indovinato il carattere e i segreti di tutto il paese, dopo aver catalogato chiunque in Speci, e dopo essere giunti ad una inconcludente parità, ancora nessuno dei due si è espresso sull'altro.
Avrei tanto da dire. E sono certa ne avrebbe anche lui.
È però uno scottante campo minato che entrambi abbiamo tacitamente accettato di non calpestare.

Il pullman si ferma a due traverse da casa mia. La scuola fuori città è sempre un problema. Due pullman la collegano al paesino, che vanno e vengono fino alle nove di sera. Sembra quasi una navetta per la spiaggia, e dalle dimensioni, non sembra poi allontanarsi più di tanto.

La casa è silenziosa.  Evidentemente i miei non sono ancora tornati, e mio fratello sarà alle prove di teatro.
Il mio cellulare vibra nella tasca.
È Micheal.

-Ehi- cinguetta, su di giri.

-We. Come mai tutta questa felicità?

-Ho avuto un'offerta. Per sabato. Che non possiamo rifiutare- continua a strillare emozionato.

-Dì, ti ascolto... aspetta, sabato? Questo sabato? Ma Josh, lo sai che-

-Aspetta- mi interrompe- ascoltami. Ricordi la prenotazione che il locale Luce Notturna aveva fatto? Per esibirci là?- Non aspetta che risponda, e continua- bene, ci farebbe esibire sabato, senza retribuzione però. Questo perché festeggerei li, e quindi il posto e i camerieri li metterebbero loro... noi dovremmo solo portare da mangiare...- la sua voce si è affievolita piano piano. So quanto possa essere difficile per lui parlare dei suoi problemi economici.

Questo eviterebbe ogni sorta di sbattimento per trovare un posto dove festeggiare, anche se Luke dovrei chiamarlo lo stesso.

-Sei sicuro di voler suonare il giorno del tuo compleanno?

-Si, non sarebbe un problema per me.- bisbiglia sovreccitato. Sospiro, lo conosco abbastanza da sapere che alla fine gli pesa, ma non lo ammetterebbe neanche sotto tortura. Ci sono voluti anni per convincerlo a suonare il flauto davanti a me, immagino doverlo fare davanti ad un intero locale, con gente invitata ma anche davanti a gente del posto con cui non ha grande confidenza.

-Non lo sarà neanche per me allora.

-Grazie Mal. Lo apprezzo tanto.- e augurandomi la buonanotte attacca.

Solo in quel momento, ricordo la conversazione avuta con Sean e il suo autoinvito. Dovrò avvisare tutti del cambio di programma.

Ed è proprio qui che mi sale un'enorme colpo di genio, un illuminazione, la lampadina che si illumina di botto!

Prendo il cellulare e noto con piacere che due nuovi numeri sono stati aggiunti al gruppo whatsapp "Chemistry and Biology".

Le immagini del profilo mi danno un primo assaggio delle due gemelle.
Capelli rossi, palesemente tinti, occhi scuri e un paio di occhiali una.
In quelle pose finte e un po' patetiche, mi chiedo se non mi trovo davanti a due semplici mentecatte che si fanno la foto di fianco al bidè. 

Se le regole sono quelle di sempre, dovrei avere più di un mese per studiare le due da lontano e decretare i cinque aggettivi, in questo caso dieci. Partirebbe poi l'avvicinamento e la conoscenza per vedere quale si è avvicinato di più.

Queste ragazze mi ispirano una profonda antipatia, ma non voglio affrettare le cose.

Voglio prendermela comoda, soprattutto perché voglio prendermela, questa vittoria.

Perché questa volta non mi freghi, imbecille!

MoodWhere stories live. Discover now