Questa parità non s'ha da continuare!

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Potrei dire a me stessa di essere la persona più organizzata di sempre e potrei anche dire di saper metter su le migliori feste di sempre.
Ma direi il falso.
Davanti a me c'è un foglio ancora bianco, eccetto per la scritta Lista, in grassetto e piena di riccetti.

-Allora?- insiste Madison, appoggiata allo scaffale dei salumi in scatola. - Da cosa partiamo?

La osservo, continuando a pensare. Quei suoi quattro peli biondi le scivolano lungo le guance come serpi.
Ho bisogno di restare sola, perché s'è accollata questa?

-Stai davvero male coi capelli lisci.- e mi allontano, avvicinandomi ad uno scaffale pieno di pancetta a cubetti.
Poco dopo i suoi stivaletti mi affiancano.
-Dai, da cosa partiamo?- insiste.

Ho una breve illuminazione. L'unica cosa che non potrà mancare.
-Palloncini.
Mi avvio spedita verso il reparto del supermercato dove so di trovarli.
Svolto senza guardare, orgogliosa della mia espressione di strafottente superbia (del tutto immotivata), ma è proprio quando porto gli occhi davanti a me che mi fermo di colpo.

Un essere su quattro zampe, sporco e pulcioso è accovacciato alla base degli scaffali, osservando con gusto le immagini dei vari biscotti sulle confezioni. Confezioni inevitabilmente vicino a tutti quei bei palloncini.
Madison sta per precedermi, con quella solita sbadataggine che la caratterizza.
Le sbatto il braccio, lungo disteso, sullo stomaco, per farla fermare.

Lo fa.

-Oh! Fa male!- strilla a poco dalle mie orecchie.- Ma che è? Perché ti sei fermata?

-Lo vedi quel sudicio quadrupede?
Madison si fa in avanti per sbirciare e quando lo vede non può far a meno di rivolgermi un'occhiata divertita.
-Sei la solita. Me ne occupo io.

Con l'aria di una famme fatale, si avvicina e si piega sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza. Lo guarda in quei suoi occhi vacui. Chissà se la sua mente è sufficientemente evoluta da distinguere i colori.

-Sean, cosa fai qui seduto per terra affianco ai biscotti?

Il ragazzo le dedica un'occhiata, prima di riconcentrare il suo sguardo sulle confezioni.
-Scelgo I biscotti.

-Seduto nel bel mezzo del reparto?

-Mh-Mh -annuisce- e puoi anche dire a quella babbiona della tua amica che l'ho sentita. Ciao Mallory. È un piacere anche per me.- scuote in aria la mano, senza però voltarsi.

Perfetto, l'ultima cosa che volevo era dover condividere con lui il mio spazio vitale.
Mi avvio seccata, senza salutarlo.

-Prendiamo questi- Dico solo afferrando a caso un pacchetto di palloncini, girandomi verso quella sciroccata con cui mi accompagno. Il quadrupede prende fiato, boh che perla rotolerà fuori dalla bocca.

-Ho sentito che dai una festa sabato. E che per la disperazione inviti chiunque.- mi osserva, con le gambe incrociate come i bambini in attesa della pappa.

-Hai sentito male.

-Lo sai che è mio amico, Micheal. Un diciottanni anni è un diciottanni, non puoi non invitarmi- continua, per niente a disagio della differenza di altezza. Afferra una scatola, e inizia a scuoterla.

-Non è più tuo amico da quando avete superato l'età del biberon e dei pannolini. Cos'è, vuoi farti invitare? Sei così disperato?

-Le nostre madri sono cugine, ciò fa di me un suo parente, seppur lontano. È il suo compleanno, non il tuo, non dimenticarlo. E poi io non rinnego il cibo gratis.- nicchia.

-Non è gratis. Compri un regalo.

-No. Metto dei soldi pari a neanche un terzo del costo di ciò che mangio.

Madison mi stringe il braccio.
-Ricordati che la lista degli invitati non è molto lunga.- Bisbiglia.
Certo, il suo concetto di bisbigliare è molto relativo, dal momento che lo ha detto ad un tono udibile anche da chi si trova nel reparto affianco. 
Quell'invertebrato continua a ridacchiare, affianco ai biscotti alla vaniglia.

-Visto?
Afferra una scatola e si alza, ergendosi in tutta la sua magrezza in quel metro e ottanta di invidia e rabbia, di cui è fatto.
-Allora a sabato.- sorride falso, superandomi di due teste.

Sta per svoltare, quando improvvisamente si volta, chiamandomi.

-Cosa vuoi ancora? Sparisci!

Ghigna, con quella sua faccia da ebete. Quella faccia da ebete che mi perseguita da anni, che abita i miei pensieri, dai più infimi ai più intimi.
-C'è carne fresca in città. Qualcosa mi dice che la sfida ha nuovamente inizio.

Mi si gela il sangue e l'unica cosa che riesco a fare è guardarlo andare via, senza aggiungere niente.
Madison mi si fa vicina.
-Non vorrai ricominciare di nuovo questa stupida gara, vero?

-L'ho iniziata io- mi volto verso i palloncini colorati, fingendo una sicurezza che non ho, notando solo ora che fra le mani ho quelli grigio topo- e sarò io a finirla. Questa parità non s'ha da continuare.

MoodWhere stories live. Discover now