Incomprensioni

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«Cone diavolo ti è venuto in mente di mettere in giro questa voce?!», eravamo in un aula da soli durante la pausa pranzo, l'avevo trascinato per un orecchio portandolo via dai suoi amici, «io non posso credere che tu sia questo tipo di persona! Mi ero fatta un idea completamente diversa di te!», dissi sempre più incazzata, lui sembrava un cagnolino con la coda fra le gambe mentre io gli scagliavo contro tutta la mia rabbia, quest'anno gliel'avrei fatta passare liscia..

«Megan perdonami.. mi è sfuggito, okay? Eravamo negli spogliatoi e mi continuavano a prendere in giro perché non avevamo ancora fatto niente e allora io ho detto che lo avevamo fatto per farli stare zitti. Non pensavo che la cosa uscisse da lì».

«È ovvio che sarebbe uscita fuori! Oggi sono finita dal preside per colpa di questa cosa ed ora sono in punizione per una settimana! Sto rovinando la mia carriera scolastica per colpa di queste stupide voci, per colpa di questa relazione!», mi uscirono i pensieri dalla bocca ed non riuscii a fermarli.

«Quindi stai dicendo che è colpa mia? Vuoi.. che ci lasciamo? È questo che vuoi?», la sua voce tremò per un attimo, mi guardò con uno sguardo che sembrò ferito, quelle parole mi fecero riflettere, ero andata dal preside per colpa di Stacy e Melanie ma in realtà io avevo litigato con loro per causa sua. Girava tutto intorno a lui ed io avevo perso di vista il mio obbiettivo. Forse non ero pronta per una relazione adesso, dovevo pensare al college e alla mia istruzione. Non sarei andata da nessuna parte senza di essa ed invece senza un ragazzo.. si.

«Ryan io non sono pronta per una relazione in questo momento..», dissi con fermezza ma guardai il pavimento. Chiusi gli occhi e sentii una fitta al cuore ma sapevo che era la cosa giusta da fare.

«Se è per ieri io.. farò smettere queste voci. Dirò la verità anche se mi prenderanno in giro ma non importa.. ti prego, Meg..», si avvicinò prendendomi le mani, lo guardai e le lacrime mi riempirono gli occhi vedendolo sfuocato.

«M-mi dispiace Ryan..», ritrassi le mani ed uscii dall'aula, piangendo, lui non mi seguii, lo vidi sedersi su un banco e guardare nel vuoto. Mi si strinse il cuore ma era la cosa giusta da fare.. è la cosa giusta.. mi ripetei. Andai in un bagno e mi sfogai, tirai fuori tutto prima di asciugarmi le lacrime e sciacquarmi la faccia. Non dovevo farmi vedere in quelle condizioni, non dovevo darla vinta a Melanie. Il giorno dopo si sarebbe già saputo tutto.. del botta rottura. Ma per il momento non dovevo lasciarmi abbattere.
Suonò la campanella e tornai in classe, lui era seduto all'ultimo banco che guardavo fuori dalla finestra, smisi di fissarlo e mi sedetti nel mio. Per tutta la lezione non riuscii a rimanere concentrata per quanto avessi voluto ma non mi girai nemmeno una volta per guardarlo. Avevo preso una decisione e per il momento era quella più giusta per me.

-

Era pomeriggio ed io, al posto di tornare nella mia comodissima camera, era in un'aula della scuola con altri quattro o cinque studenti ed un insegnante di educazione fisica a controllarci.
Le due ore di punizione erano iniziate da dieci minuti interminabili. Eravamo tutti in silenzio, nessuno poteva parlare, l'insegnante stava mangiando un panino e si poteva sentire il suo biascicare. Mi stava urtando i nervi.

Mi guardai intorno ed osservai i ragazzi con me, quasi tutti ragazzi: in primo banco c'era un ragazzo che avevo visto molto poco a scuola perché sempre sospeso o in punizione, era due anni più grande di noi ma visto che i suoi erano molto ricchi lo riscrivevano ogni anno nella speranza che riuscisse a passare. Stava dormendo sul banco e non gli importava molto di chi fosse in punizione con lui.
Dietro di me ce n'erano altri due, gemelli che avevano fatto uno scherzo di poco gusto che non era andato a genio al preside, loro cercavano sempre di superarli in quanto a scherzi, il primo anno avevano interrotto la partita più importante dell'anno correndo nudi in mezzo al campo, il secondo anno avevano acceso fuochi d'artificio nel retro della scuola, il terzo hanno aveva mischiato miscele nell'aula di chimica provocando un mare di schiuma che si era diffuso per tutti i corridoi della scuola ed io quarto anno avevano sabotato il ballo della scuola riempendo la palestra di rane. Non sapevo esattamente cosa avessero fatto quest'anno ma penso che centrassero sempre gli animali.

Di fianco a me invece c'era una ragazza, nemmeno lei l'avevo mai vista, ma io non notavo nessuno. Aveva i capelli fucsia e mi chiesi come avevo fatto a non notarla dato che il suo colore avrebbe dovuto spiccare fra la folla. Era vestita un po' da maschiaccio, pantaloni larghi e bassi, una canotta nera con sopra una camicia aperta a righe bianche e nere. Era sicura scomposta sulla sedia, occupandone due con i piedi e mi stava fissando con un sguardo strafottente.
Distolsi subito gli occhi da lei, e mi rimisi a guardare il foglio bianco di fronte a me. Cosa potevo scrivere? Questa storia delle scuse mi stava irritando, iniziai a picchiettare la biro sul banco, l'unica cosa che volevo scriverle era che era veramente una stronza e che poteva benissimo andare a fanc..

«La vuoi smettere?», sentii la voce femminile di fianco a me, la guardai e seguii il suo sguardo notando che stava guardando la mia mano, fermai la biro e la appoggiai sul banco.

«Scusami», le dissi, si mise il cappellino sulla faccia ed io ritornai a guardare il foglio, "una strana ragazza", pensai, di solito in quella scuola c'erano solo ragazze perfettine, cosa ci faceva lei qui? Non sembrava una.. una riccona ecco. Sembrava più una ragazza del mio quartiere di periferia. Anche la carnagione era simile alla mia anche se mi ero schiarita molto da quando ero in città.
Non mi aspettavo che l'aula di punizione fosse così affollata però.

«Ragazzi, si è addormentato», disse uno dei due gemelli. Tutti presero quella notizia con molto interesse, si alzarono ed iniziarono ad uscire dall'aula, l'ultima ad uscire fu la ragazza che si fermò a guardarmi.

«Che fai? Rimani lì impalata?», mi chiese, io la guardai perplessa, «tranquilla, non si sveglierà prima di un ora. Noi andiamo in sala mensa se vuoi venire», uscii dall'aula lasciandomi lì da sola.
Lo guardai e sembrò proprio in coma, portai di nuovo in mio sguardo sulla porta dove poco prima c'era la ragazza.
Ma si, che poteva succedermi? Mi alzai dalla sedia, facendo il minimo rumore, ed uscii dall'aula. Non avrei voluto passare un secondo di più davanti a quel foglio bianco.

Fidati di me, mi disse (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora