«Allora, pronta tesoro?» chiese mia madre tornando da me. Non mi ero accorta nemmeno che se ne fosse andata.
Rimasi ferma lì davanti ad osservare i rivoli d'acqua scendere copiosi dal cielo terso di quella mattina. I nuvoloni grigi tuonavano minacciosi, e i lampi imperiosi illuminavano di bianco tutta l'aria circostante.
«Certo, mamma.»

Era del tutto anomalo, perché no, non ero pronta. Non psicologicamente, almeno.
Lei era così eccitata all'idea di partire e portarmi con sé, che per un brevissimo momento mi reputai ingrata. Non che lo facessi di proposito, ma non riuscivo affatto a comprendere come la mia vita potesse esser cambiata così radicalmente.
Qualcuno avrebbe potuto definirlo destino avverso, io la denominavo solamente sfortuna. E con la sfortuna camminavo a braccetto, quindi teoricamente non mi sarebbe dovuta sembrare una situazione surreale.

Mia madre strinse un'ultima volta le mie spalle, e tornò dentro per finire di sistemare gli ultimi oggetti personali. La maggior parte di essi erano stati spediti a Sydney qualche settimana prima, come alcuni mobili che appartenevano a mia nonna, o cianfrusaglie varie di cui non capivo l'utilizzo. A cosa ci sarebbe dovuto servire un tagliacarte? Se non avesse voluto usarlo come arma letale, allora non concepivo il motivo del suo spostamento oltreoceano assieme a noi.

Mia madre - donna saggia, ma decisamente un po' incline alla stupidità umana - aveva chiaramente affermato di non voler lasciare in quella casa qualcosa di suo. Era convinta che mio padre non la meritasse, e lo stesso valeva anche per la sottoscritta. Stupido ragionamento da mamma eccessivamente protettiva.

Però tenevo a lei. L'amavo esattamente come qualsiasi figlio ama la propria madre, ma il più delle volte riusciva ad esasperarmi in un modo che reputavo inconcepibile.
Esempio: ogni qualvolta facessi qualcosa per non darle i presupposti di un rimprovero epico, lei riusciva a trovare sempre una motivazione per far tutto il contrario. È poco chiaro? Okay, ulteriore esempio.
Se rientrava in casa, dopo aver fatto la spesa, ed io mi accingevo a riordinare tutto il cibo acquistato, mi rimproverava possibilmente perché avevo sistemato male i pelati, riordinandoli accanto alla salsa.
Quella decisamente non era vita, era terrore dittatoriale.

Mi affrettai ad aiutarla, posizionando a fatica tutte le valigie accanto alla porta. Avvertii mia madre, dicendole che probabilmente avrei perso una buona mezz'ora per prepararmi, e non obbiettò. D'altro canto il volo era previsto per le dieci di quella mattina, quindi avremmo dovuto farcela.

Lo ammetto, non ero decisamente entusiasta di affrontare un simile spostamento, ma a lei non importava. Non vedeva l'ora di poter rimanere accanto a Nick, suo fidanzato da un anno.
Non ne sapevo molto, solo che lui era stato chiamato dal rettore dell'Istituto in cui insegnava mamma e, quando i loro sguardi si incrociarono, fu amore a prima vista. Il che potrebbe sembrare romantico, e per certi versi lo era davvero, ma io ero del tutto riluttante al riguardo. Principalmente, non lo avevo mai visto, per mia scelta. Lei aveva provato qualunque piano le venisse in mente pur di combinare un incontro con me, ma avevo trovato ogni scusa - poco plausibile - per ritardare l'evento. Ecco uno dei motivi della mia partenza. Era come se mamma volesse sbattermi in faccia la ragione per cui aveva lasciato il marito, riproponendone uno propenso ad assecondarla in tutto.
Lei è decisamente una donna difficile, con la quale è complicato rapportarsi. A volte parlare con lei risultava più complesso del previsto. Se avessi deciso di interloquire con un muro, avrei sicuramente ottenuto maggiore soddisfazione.

Una volta in camera mia, mi guardai attorno.
Sulla mensola sopra il letto disfatto, avevo appositamente lasciato le coccarde ricevute a scrittura creativa l'anno prima. In quel momento percepii una fitta al petto. Mancavano solo tre giorni all'inizio della scuola, ed io non avrei più rivisto i miei vecchi compagni di classe.
Non che mi dispiacesse, tutt'altro, però i cambiamenti mi terrorizzavano. Preferivo continuare a vivere in maniera monotona.
Per non parlare del fatto che Sydney non fosse propriamente dietro l'angolo, e a Chicago avrei lasciato tutti gli affetti più cari. Come mio padre.

Worst Love [Luke Hemmings]Where stories live. Discover now