15. Teste mozzate.

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- Elena! - urlò Alyson.

- Eccola! - ribattei incamminandomi verso il punto in cui era sparito Dylan.

- Dove stai andando?! -

- A bere un the - a quella battuta Alyson mi lanciò un'occhiataccia, dato che ne avevo già fatta una simile in sua presenza.

- Ma...? - fece Elise.

- Ma dove, secondo voi? A cercare Dylan! -

- Fermati! -

- Non sei mia madre! Lui è... Mi ha salvato la vita ed ora ricambio! -

- Primo: lo avevi già liberato dalla cella. Secondo: vi siete presi amabilmente a legnate in testa, l'ultima volta - Mi fece notare Elise.

- Vi ricordo che anche voi avete non siete state particolarmente amichevoli e per poco ci restavo secca tra tutti gli sbatacchiamenti tra un percolo e l'altro- si limitarono a seguirmi.
La strada non aveva segni di scalfitture o graffi. Solo un liquido simile ad olio per le macchine.

- Prosegue da questa parte - feci segno alle mie compagne di viaggio indicando una striscia di olio che faceva il giro finendo dietro una casa. La struttura con le celle sembrava sparita. Poco male. Incollando lo sguardo sulla macchia oblunga d'olio (o almeno mi sembrava fosse così) arrivammo davanti ad una casa mezza diroccata.

Le pareti erano di mattoni rossastri tenuti insieme alla meglio da una pasta grigia ormai solidificata simile a cemento. L'abitazione sembrava essere lì da molto tempo. Il tetto era fatto di assi di legno, emaciate e tarlate con alcune chiazze di muffa pelosa e biancastra. Molte delle travi erano pericolanti, parevano sul punto di cadere.
Alcune parti della parete frontale erano sfondate, lasciando intravedere l'interno. I vetri rotti delle finestre erano lame frastagliate e taglienti intrise di polvere.

- Sembra solida... - scherzò Alyson.

- Entriamo? - suggerii.

- Ti sei mangiata il cervello? - proruppe Elise

- Le tracce portano lì. -

- Non sappiamo nemmeno se sono di Dylan. -

- Proviamo. Non ci costa niente... -

- E se ci cade in testa? - ipotizzò Alyson.

- Una possibilità su cento - buttai lì.

- Se lo dici tu - sbuffò la compagna.

Abbattei la distanza che ci separava dai gradini d'accesso con tre passi veloci. La porta era logora e la vernice bluastra quasi completamente sgrattata lasciando nudo il legno scuro. L'infisso era privo di maniglia. Al suo posto vi era una macchia di umido e un foro nel legno. Provai a spingere ma era incastrata. Allontanandomi di un passo e scendendo al gradino più in basso mi preparai a sferrare un calcio alla porta. Ma questa non sembrava intenzionata a cedere.

Alyson si avvicinò a me e infilò un dito nel foro al quale un tempo era stata fissata la maniglia. Agganciò l'indice al legno e tirò la porta verso di se.

- Fatto- disse guardandomi con aria esasperata. Dovevo tirare, non spingere. La ragazza mi fece segno di seguirla, esibendo un sorrisetto beffardo di chi la sa lunga. Una volta dentro ci ritrovammo in una stanza piccola e angusta, maleodorante e decisamente inquietante. Si potevano scorgere dei mobili pieni di ragnatele e un soffitto non troppo alto. La visione mi era stata permessa dalla poca luce che filtrava dai buchi nel muro e dalle assi mezze spappolate che costituivano il soffitto.

Con quel bagliore riuscii a scorgere per la prima volta il viso di ognuna delle mie due compagne. Alyson aveva i capelli castano scuro, un po' mossi e dei bellissimi occhi azzurro ghiaccio. Mentre gli occhi e i capelli di Elise erano di un nero talmente intenso da confondersi con le macchie d'ombra che dominavano su gran parte dell'ambiente. Erano entrambe molto carine... Mi riscossi immediatamente e ripresi a squadrare con circospezione. Ragnatele, casse sfondate, buchi nel pavimento, ancora ragnatele e di nuovo ragnatele. Mi addentrai nella penombra muovendo un passo in avanti. Una puzza di marcio ed un odore stantio mi invasero le narici costringendomi a retrocedere. Faceva anche abbastanza freddo e l'atmosfera era decisamente tombale, se così si può definire, tanto da farmi venire la pelle d'oca.

DarknessWhere stories live. Discover now