CAPITOLO 10

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Aveva passato gli ultimi due giorni chiuso nella sua stanza. I fogli che aveva tra le mani erano rimasti bianchi. In quei due giorni emozioni diverse continuavano a intrappolargli la mente in pensieri continui. Erano così tanti da risultare scostanti, confusi. Non aveva mai imparato a scrivere della confusione, a gettare quell'ingarbuglio di parole sul foglio. Il suo animo perfezionista prendeva il sopravvento anche sulla penna. Se non gli uscivano frasi già con un minimo di senso logico non le scriveva nemmeno. E poi si ricordava che Kurt Cobain non si era probabilmente mai posto quel problema, eppure era riuscito a smuovere migliaia di animi. Prese quel foglio bianco tra le mani e lo strappò. Ma lui non era mica Kurt Cobain, era solo un ragazzino di Bari, chiuso in un ospedale, in lotta con qualcosa che non riusciva ad afferrare, a capire e con un sogno comune a tanti altri ragazzi come lui. Si alzò per andare alla finestra. Almeno si toglieva quel bianco dei muri dalla vista. Non che il grigiore della città che stava scomparendo inghiottito dal blu della notte fosse meglio. Il cellulare era spento sul comodino. Marco l'aveva avvisato che sua madre aveva capito che qualcosa non andava. E così aveva detto al suo migliore amico di dire una mezza verità a sua madre. Non aveva la forza di affrontare adesso anche quella questione. In realtà anche in quel momento avrebbe tanto voluto chiamarla e chiederle di raggiungerlo in quell'ospedale. Di occupare un piccolo posto per qualche minuto nel suo dolore. Di portarsene via un pò con lei. Perché questo è quello che ha fatto sempre sua mamma. Ha sempre raccolto le sue parole, le sue lacrime ed emozioni scambiandole con amore, con qualche sorriso. E ora di parole ne avrebbe vomitate anche troppe ed era quello che lo spaventava di più. Chiedere a sua madre di farsi peso di un dolore troppo grande. Di farle credere che tutto l'amore che gli aveva regalato non era stato abbastanza per difenderlo dalla durezza del mondo. Magari un giorno l'avrebbe chiamata, magari un giorno avrebbe resettato la sua mente ritornando a pensare normalmente, a preoccuparsi delle cose che contano veramente. Magari un giorno il suo riflesso lo avrebbe fatto sorridere.

Le sue mani si mossero da sole alla ricerca di un foglio e di una penna.


"Cos'è che ha quest'anima?

Che prende tutto senza chiedere, ma non mi chiede mai di me."*


Era da giorni che si sentiva spaccato in due. Come se una parte di lui sapeva che comportandosi in quel modo non avrebbe mai cambiato niente. I giorni si sarebbero susseguiti sempre uguali, il sole avrebbe illuminato il cielo ogni mattina, le persone si sarebbero svegliate seguendo il loro destino come sempre e alla fine la notte sarebbe arrivata nonostante tutto. La verità era che lui si era fermato, ma tutto il resto andava avanti. Sapeva che gli era stata affidata quella vita, quel corpo e quell'anima ed era compito suo capirne cosa farci. Che alla fine tutti erano semplici umani gettati nello stesso mondo. Che tutti avrebbero potuto decidere di fermarsi, che ha tutti costava la stessa fatica cercare la forza di provare e riprovare per trovare il proprio posto.

"Dov'è, che fa quest'anima

se poi si perde mi tocca

scendere da quello che non so di me."

Ma dall'altra parte c'era qualcuno che lo tirava sempre più giù, sempre più lontano da tutte quelle consapevolezze. Che lo bloccava in quel labirinto di pensieri il novanta per cento del tempo. Qualcuno che gli stringeva il cuore così forte da far male, da voler smettere di sentirlo battere solo per stare meglio. Qualcuno che pur essendo dentro di lui non si preoccupava di fargli del male, di fargli versare lacrime. Era come se coesistessero dentro di lui due Ermal: uno che conosceva bene, che era la sua parte razionale, quella che faceva pensieri coerenti, che sapeva cos'era la cosa giusta da fare. E poi un Ermal completamente a lui sconosciuto, se non per la consapevolezza che prendeva sempre il sopravvento sulla parte razionale e che alla fine l'aveva vinta sempre lui. Così gli toccava fare i conti con se stesso senza sapere realmente con cosa aveva a che fare.

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