Capitolo 3.

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“Faith! Faith sveglia!” ma cosa? Aprii gli occhi e mi ritrovai davanti ad una bellissima alba. Migliaia di colori coloravano il cielo e il sole iniziava a brillare piano piano in tutto il suo splendore. 

Avevo un mal di testa assurdo, gli eventi della scorsa notte mi tornarono in mente, ma avevo qualche vuoto. Per esempio perché mi trovavo qui. Guardai Louis e ricordavo tutto perfettamente fino a quando abbiamo iniziato a bere, ma perché siamo qui? Un momento, ma non è che ci sono andata a letto? Non sono mai stata a letto con un ragazzo della mia età per vero interesse, quindi la cosa non mi turbava, ma non lo avevo mai fatto nemmeno da ubriaca e se gli avevo rivelato informazioni segrete? Porca puttana. 

“Mmmmmh… Louis… cosa ci facciamo qui?” il sorriso fu subito contagioso. Cercai di alzarmi ma mi girava tutto, accidenti, devo aver esagerato davvero ieri sera. 

“Aspetta appoggiati a me, stai tranquilla. Ieri mi hai chiesto di portarmi in un luogo dove c’era silenzio e io ti ho portata qui. Come ti senti?”

“Male, mi gira tutto.” 

Per fortuna sembrava non fosse successo niente di imbarazzante, ma infatti avevo ancora i miei vestiti addosso. Mi sentivo davvero in condizioni pietose, con mal di stomaco e vertigini, inoltre avevo il naso chiuso, credo che questo sia di più di una semplice sbornia. Credo sia influenza. Iniziai a tremare in braccio a Louis che subito mi portò in auto preoccupato.

“Faith devi dirmi dove abiti, almeno ti accompagno e puoi prenderti qualcosa per la febbre, scotti.”

Non volevo dirgli il mio indirizzo, mio padre si sarebbe arrabbiato a morte, ma era una cosa necessaria, non riuscivo a reggermi, o a camminare, o a fare qualsiasi altra cosa. 

Faticai per tenere gli occhi aperti e per guidare Louis attraverso le strade londinesi che portavano dritte alla mia casa. 

Ogni km mi sentivo più debole e più parlavo più la mia voce di affievoliva. Louis cercò di fare il prima possibile e in poco tempo fummo davanti il portico di casa mia. Cercai di scendere e reggermi sui miei piedi, ma caddi, per fortuna Louis fu subito pronto a prendermi. Avvolse le braccia intorno a me e mi sollevò, chiusi gli occhi e poggiai il mio viso contro il suo petto, assaporando tutto il suo profumo.

“Signore le ho riportato sua figlia, credo abbia l’influenza.” sentii dire da Louis a mio padre.

“Questa puttanella mi ha stancato, l’ho chiamata tutta la notte e non mi ha risposto, adesso le faccio vedere io. Era con te vero? E’ stata con te tutta la notte?” la risposta di mio padre era intimidatoria ma per niente inaspettata, sapevo che sarebbe successo ed ero pronta a subirne le conseguenze. Ma ero preoccupata per Louis, non doveva prendersela con quel ragazzo, era stato troppo gentile con me. Cercai di far uscire qualcosa dalla mia bocca, ma solo dei rotti suoni forzati furono percepibili, così decisi di abbandonarmi totalmente a me stessa, quello che sarebbe successo, sarebbe successo.

***

Finalmente riuscivo ad aprire gli occhi. Mi guardai un pochino intorno, non mi ci volle molto a capire che non ero nella mia camera, ma in una camera di ospedale. Quello che non capivo era il perché. Facendo a ritroso il corso degli eventi ricordo di aver passato la notte con Louis in quel pub, poi siamo finiti a vedere l’alba a qualche parte e poi a casa mia. Ma come ci sono arrivata qui? 

“Faith Morgan, sì lei! Benissimo grazie!” sentii la voce di Louis riecheggiare nel corridoio ed entrare nella mia camera. Aveva un livido sul viso, proprio sotto la guancia, fu allora che capii.

“Cosa ti ha fatto?” il castano non rispose, mi guardò solamente con occhi tristi.

“Porca puttana Louis! Dimmi cosa cazzo ti ha fatto quello schifoso! Io lo uccido” scoppiai a piangere esausta di tutta quella situazione. Ero esasperata. Come mi mossi sentii dolori ovunque e fu lì che capii che aveva picchiato anche me. 

Le braccia di Louis furono subito intorno a me, mi stava consolando come non aveva mai fatto nessuno e mi lasciò sfogare deliberatamente. Alzai la testa dal suo petto, ancora non pronunciava una parola, guardai le sue labbra. Erano perfette.

“Di qualcosa, ti prego” lo pregai “Parla, altrimenti potrei baciarti”

“Fallo allora” mi colse di sorpresa rispondendomi in quel modo. Anche lui voleva baciarmi tanto quanto lo volevo io? Sarebbe stata la prima volta per me, per la prima volta avevo il desiderio di baciare qualcuno e non ne ero costretta. Era una sensazione meravigliosa. Mi avvicinai lentamente, i nostri respiri andavano all’unisono, le nostre bocche sempre più vicine. Quel contatto che stavo bramando stava arrivando, le labbra schiacciate contro le due, le lingue ad inseguirsi e a creare un vortice di emozioni dentro di me sconosciuto. Mossi la mia mano sul suo petto e l’altra dietro il suo collo, lui posò le sue sul retro della mia schiena per poi spostarle sui fianchi e sollevarmi facendomi andare a cavalcioni su di lui. Per la prima volta condividevo tutto ciò con un ragazzo che volevo.

Profondi gemiti lasciarono le nostre labbra, ci staccavamo ogni tanto per riprendere fiato ma tanto era il nostro desiderio che non appena ci guardavamo tornavamo a baciarci. Circondò la mia vita con le braccia, cercando di attirarmi più vicina a se, un rotto suono lasciò le mie labbra quando mi scontrai con la sua erezione che cresceva piano piano. Approfittò di questo momento per tuffare la sua bocca nell’incavo del mio collo e succhiare forte. Non lo facevo un ragazzo così, sembrava più un tipo da barzellette, invece era così sexy. Mi ritrovai ad giocherellare con i bottoni della sua camicia, che presto fu sul pavimento insieme alla mia maglietta. Mi presi un minuto per ammirare il suo corpo. Era perfetto. Tonico e scolpito con alcuni tatuaggi. Una visione. Presi il mio labbro inferiore tra i denti e inchiodai il mio sguardo nel suo.

“Piccola, vorrei, non sai quanto vorrei, ma siamo in ospedale” Cazzo. Aveva ragione, non potevamo. Per fortuna che uno dei due era rimasto un po’ di sale in zucca e ci ha risparmiato una colossale figura di merda. Scesi da lui velocemente rinfilando la mia maglietta e passando a lui la sua camicia. Non volevo finisse così.

“Bene signori, adesso dovete andare, è orario di visita, vi preghiamo di attendere fuori” la voce della dottoressa e delle infermiere si stava facendo strada attraverso l’ospedale. Guardai Louis divertita perché se avessimo continuato ci avrebbero sbattuti fuori da lì dentro in un batter d’occhio. Anche lui ricambiò la mia occhiata divertita e uscì dalla stanza ridendo. Lo conoscevo si e no da ventiquattro ore, ma lo volevo, lo volevo sul serio. 

spazio autrice *

Ed eccomi qui, per chi segue anche 'I sogni possono superare la realtà' sa che ho aggiornato entrambi. Beh questo capitolo non è un gran che, lo avevo pensato un po' diverso ma è venuto così. Mi scuso perchè è corto, ma rimedierò, promesso.

Al prossimo capitolo, Ila :)

GAME OVER || FF Louis Tomlinson ||Where stories live. Discover now