Il Silenzio

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Sono passati due giorni.
Sono in un ospedale. Ho una stanza tutta per me dove posso sostenere dei colloqui.

Ho ripetuto o meglio cercato di ripetere  quello che è successo dopo aver aperto gli occhi in quel prato. Il mio corpo sta bene, è in ripresa. Mi trattengono perché dicono abbia aggredito un poliziotto. Il dottore dice che probabilmente mi stava pressando troppo con le domande e come posseduta, dal letto mi sono lanciata verso di lui per graffiarlo e morderlo.
Ovviamente è arrivata la psicologa, sarebbe arrivata comunque, ma hanno un po' accelerato i tempi. Colloqui brevi di massimo un quarto d'ora, dopo di che non era tanto raccomandabile continuare ad insistere.

Dopo l'ultimo grido ho come perso la parola. Questo sarebbe il momento di parlare, buttare fuori tutto e invece desidero stare in silenzio.

Quando mi sono riuscita a mettere in piedi in quel prato, completamente terrorizzata di essere braccata da un momento all'altro, ho iniziato a correre, per quanto mi era possibile. Piangevo e urlavo. Cadevo spesso a terra e tutto ogni volta era anche peggio.
Non sapevo dove andare, in quale direzione puntare. Ed ero certa che lui in un angolo a me non visibile mi stava seguendo con gli occhi.

A ridosso di una strada ho perso i sensi e sono svenuta. Mi hanno trovato la mattina presto. Quando ho riaperto gli occhi ero in ospedale. Ero circondata da persone, tra cui poliziotti. In seguito all'immediato attacco di panico che ho avuto, mi hanno dato dei calmanti e hanno optato per un approccio più soft.

Al mio risveglio un'infermiera donna mi stava rassicurando che andava tutto bene, ero in una struttura sicura, nessuno mi avrebbe fatto niente.

Il mostro, non dovete far venire il mostro

Mi hanno detto sono state le prime parole che ho pronunciato. Poi l'infermiera mi ha chiesto il mio nome e io in quello stato di semi veglia mi sono concentrata per ricordare il mio nome. Erano anni che nessuno lo pronunciava, nemmeno io. Il mostro non mi aveva mai chiamato per nome.
Chi sono io? Io Nn ho nome. Non sono più quella ragazzina. Mi sforzo in modo estenuante per far tornare quel nome alla mente

Io ero Isabella
Isabella Frenk

Chi ero poi venne subito fuori. Non so a chi avevano dato il  compito di parlare con i miei genitori, di avvertirli che ero ancora viva. Molte volte mentre ero in gabbia avevo immaginato il momento in cui avrei rivisto mia madre e mio padre. Immaginavo lacrime e abbracci, parole confortanti tra singhiozzi e frasi spezzate.
Le cose andarono diversamente.
Un'infermiera venne a chiedermi se me la sentivo di incontrarli. Erano fuori ad aspettare. Ero rimasta in silenzio come facevo sempre. Il tempo di guardare verso la finestra che era accanto a me dal lato opposto della porta e loro erano già entrati.

Mio padre si lancio verso di me, ma la mia immobilità lo aveva subito frenato. Mia madre cercava la mia mano, ma io lentamente l'avevo ritratta.
Non riuscivo. Era impensabile. La bambina che era stata rapita voleva tornare da loro. La persona che ora era sdraiata a letto non riusciva nemmeno a concedersi una carezza.
Avevano iniziato a parlare di tutto quello che avevano fatto, di come non avevano mai perso le speranze, della felicità immensa che provavano, di come finalmente erano tornati al mondo.

Dove mi hanno trovato?

I miei genitori si erano guardati

Ho chiesto dove mi hanno trovato?

Vicino la statale 75, ad un passo dalle campagne. È tutta terra abbandonata. Sono già iniziate le ricerche mentre aspettiamo...

Mio padre aveva esitato ed era intervenuta mia madre

Mentre aspettiamo che tu parli con la polizia

Non avevo detto più nulla. I miei genitori avevano parlato ancora per un po'. Poi l'infermiera li aveva invitati a lasciarmi riposare. Non Ci furono abbracci e baci. Poco prima di andare via mio padre mi aveva allungato un foulard.
È quello del nonno. Ti ricordi. Lo prendevamo in giro perché portava sempre un foulard al collo. Voleva essere come Lucio Battisti. 
È venuto a mancare due anni fa, tu lo amavi molto. Magari ti fa piacere averlo.
Era la prima volta che aveva avuto realmente la mia attenzione. Senza dire una parola avevo preso il foulard e l'avevo legato intorno ai lunghi capelli come una fascia. Fino alla fine non lo tolsi mai.
I miei genitori uscirono e io gridai

INFERMIERA!!!

Arrivò correndo tra la paura e lo sconcerto per i miei modi. Erano orribili lo so, ma lei non poteva capire. Io ero un animale ed ero stata per anni con un mostro. Questo era tutto.

Voglio parlare con la polizia. E adesso vattene

QUESTA STANZAWhere stories live. Discover now