18. Grigliate e salotti

En başından başla
                                    

Pensai che non ci fosse nulla di male ad andare da lui, se c'era il mio migliore amico. Perciò recuperarai le chiavi e scesi in salotto. Sentii lo scroscio dell'acqua provenire dal bagno e un attimo dopo vidi mio padre sul divano a smistare documenti con gli occhiali sulla punta del naso. Per un attimo lasciai perdere Aiden e Dylan e mi sedetti accanto a lui.

Era ancora nella mia lista. Niente mi aveva fatto credere nella sua innocenza, ma era pur vero che poteva essere stata una semplice coincidenza. In realtà quella sera avevo intenzione di confessarlo ad Aiden.

- Come va al lavoro? - gli chiesi, sentendomi subito in colpa. Il mio subconscio sapeva bene che non lo facevo per interesse nei suoi confronti. Alla fin dei conti, il lavoro dei miei non mi era mai importato così tanto. In particolare, non mi intendevo per nulla di economia e aziende, quindi non mi capitava mai di parlarne con mio padre della sua azienda di vini.

- C'è qualche problemino ultimamente, ma si risolverà in fretta -.

Non mi sedetti accanto a lui, ma piegò comunque i fogli per dedicarsi un po' a sua figlia. - Tutto bene a scuola? Con i tuoi amici? -.

Dovevamo recuperare un po' di tempo che avevamo perso in quelle settimane, ma il suo nome scritto in quella lista mi frenava. Ero stata io stessa a scriverlo, ma avevo le mie motivazioni. Mio padre conosceva Stephen e non si era mai fermato a lavoro fino a tardi eccetto per quel maledetto venerdì.

- Bene, anche se non sono ancora abituata all'assenza di Stephen. Oggi è stato strano senza di lui - presi l'argomento al volo.

- È comprensibile, tesoro -.

- Suo padre ti ha detto qualcosa al riguardo? -.

- La polizia ha dei sospettati, a quanto pare. Ma non ci ha detto i nomi -.

- Quindi sono avanti nelle indagini? - domandai.

- Per quanto ha detto il signor Sanders, sì. Ma perché fai tutte queste domande? Non dovresti pensarci -.

Gli lanciai uno sguardo di sfida. Il suo tono era allarmato, lo avevo percepito. Per un attimo il suo timbro era divenuto più acuto e aveva spezzato la sua maschera. - In base a quello che ho trovato su Internet sto facendo una lista dei sospettati. - iniziai seria, sperando che mostrasse almeno un segno di debolezza - E ne ho già un paio, in particolare uomini di mezza età che conoscevano Steph e che non si trovavano a casa quella sera -.

L'accusa era così palese da lasciarlo a bocca aperta. Non trovava le parole giuste, non sapeva cosa rispondere ad una provocazione del genere. Non ero mai stata così cattiva nei confronti dei miei genitori, ma, come aveva detto mia madre, stavo cambiando.

- Sto uscendo - dissi prima di arrivare alla porta.

- Dove vai? -.

- Da Aiden -. Anche se non potevo vederlo immaginai che stesse storcendo il naso e sorrisi in automatico.

Corsi verso casa di Aiden, aprendo il cancelletto come se niente fosse. Suonai il campanello e aspettai sotto il portico che qualcuno venisse ad aprirmi. Cosa avrei detto a sua madre? Non volevo darle una brutta impressione di me.

Suonai una seconda volta, stringendomi le braccia al petto infreddolita. Che fine aveva fatto Aiden?

Un secondo dopo la porta venne spalancata di botto. Aiden aveva i capelli scompigliati e una felpa blu che faceva risaltare i suoi capelli color del rame. Gli sorrisi nel modo più gentile che conoscessi ed entrai, senza aspettarmi niente in cambio. In salotto Dylan era stravaccato sul divano con una ciotola di patatine sulle gambe.

- Ciao, Gwendolyn -. Sapeva quanto odiassi il mio nome e ne approfittava ogni volta che poteva per farmi arrabbiare.

- I tuoi sono usciti? - domandai al padrone di casa, ignorando quello stronzo. Annuii, buttandosi sul divano accanto a Dylan. Guardai Aiden, cercando di capire cosa volesse fare. Non potevo parlare delle nostre indagini davanti Dylan, no? Allora perché mi aveva detto di raggiungerlo?

Come la peceHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin