5. Giorno duecentoventi

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All'alba della mia rinascita, John entra per l'ennesima volta in camera da letto. Mi guarda e finalmente sorride.

-Hai fatto progressi, Nicole!-

S'avvicina a me per i controlli di routine. Mi tiro su, mentre appoggio il libro sul comodino, ed infilo le ciabatte. Lego i capelli in una crocchia dietro la nuca e sorrido al mio nutrizionista. 

-Ho passato in questa stanza la vostra estate ed il mio inverno. Dovrei superare anche questo controllo.-, pronuncio fiduciosa mentre sfilo via la camicia da notte.

Ricordo di aver avuto vergogna a mostrarmi a loro durante il primo controllo. Non avevo altro che pelle ed ossa. Adesso però, sento di esser ritornata in me: i seni sono quasi completamente tornati quelli di una volta e le gambe non sembrano più due stecche da biliardo. Posso vedere chiaramente le curve della giovane donna che è in me, tornare ad essere come avrebbero sempre dovuto essere.

John sfila dalla borsa un centimetro da sarta, mentre sulla soglia della porta sorrido a papà e all'impaziente Paul. John fa cenno con la testa ed io sollevo le braccia. Non è più necessario dirsi niente: capisco cosa vuole e cosa vede, solo guardandolo negli occhi. Sento per l'ennesima volta il contatto freddo del centimetro contro la mia pelle e sospiro. John segna i risultati nel suo fascicolo e si prosegue. Controlla la grandezza delle cosce, dei fianchi, delle braccia e dei seni. Segna ripetutamente i risultati su quel foglio e finalmente mi guarda. Si passa alla bilancia: 34 kg non è, e non dovrebbe mai essere, il peso corporeo di una persona di vent'anni. Io l'ho superato da un po' ma non credo di essere ancora arrivata al mio peso forma. Poso, uno dopo l'altro, i miei piedi sul piatto freddo e sterile di quella maledetta bilancia. L'obiettivo di questo mese sono i 50 kg. Guardo verso il basso ma John mi rimprovera, come al solito.

-Ah, ah, ah..-, solleva il mio mento con l'indice della mano destra. -Cosa abbiamo detto?-

Annuisco. -Non devo guardare. I numeri non sono importanti. La mia salute lo è.-, lo guardo e ridacchio. -Lo sai anche tu che controllerò la copia che lascerai a mio padre, appena sarai andato via!-

Sorride. -Non dovresti farlo, lo sai bene!-, scuote il capo. -Cosa ne pensa il tuo psicologo dei numeri?-

Scuoto il capo. -Non lo vedo più!-, guardo papà. -Ormai non ne ho più bisogno. Conosco a memoria tutto quello che, di volta in volta, mi ripete. Potrei farci un libro e leggerlo ogni volta, anziché andare da lui!-

-Nicole..-, tenta papà.

-No, papà. Sono seria! Abbiamo scoperto la causa del mio malessere..-, sbuffo. -Sai che novità. Conoscevo già le cause prima ancora di iniziare e mi pare ovvio che, nel momento in cui mi sono guardata allo specchio, io abbia ammesso di avere un problema. Ho persino pianto e non mi riconoscevo più! Non ho fatto storie quando avete deciso, senza di me, cosa avrei dovuto mangiare, dove avrei dormito e cosa avrei indossato, ma adesso ne ho abbastanza. Quello vi sta solo sfilando soldi..-

Paul prende parola, interrompendo il mio monologo. -D'accordo Nicole! L'avevo già liquidato io.-, ridacchia. Papà lo guarda storto. -Andiamo, lo sai che mi occupavo io della parte psicologica e lei sta bene. Ha anche voglia di uscire di casa adesso!-

Papà è serio. -Cosa ne pensa Albert?-

Paul annuisce. -Anche per lui le sedute potevano concludersi un mese fa, ma tu non mi ascolti mai quando si tratta di Nicole!

Quello stupido momento 2Where stories live. Discover now