8 Ancora ortiche

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I due bambini del casolare (sono solo due, mentre i vecchi sono almeno una dozzina: e l'unico uomo ancora abbastanza giovane è il loro grosso padre), sono sul prato davanti alla casa tutti intenti a un incarico che sembra più che mai quello dei bambini delle fiabe.
Stanno raccogliendo delle ortiche.
Infagottati nei loro vestiti da contadini a modo, già quasi simili ai borghesi, raccolgono le ortiche in silenzio, diligentemente. Solo la bambina, ogni tanto, si lamenta un po' perché le ortiche la pungono.
Il pentolino lo tiene in mano il maschio. Ed è già quasi pieno. Essi stanno chinati sull'erba - così lavata da recenti piogge da parere l'erba dei libri di fiabe. E intorno, quasi vertiginosi per quel loro ver- de, si stendono i prati circondati dalle linee regolari dei pioppi, trasparenti una sull'altra.
In mezzo a tutto quel verde - acceso come nel Sud, o nel centro dell'Africa - eppure pallido, di una purezza perfetta, splende più vivo il colore rossiccio del casolare, con le sue strane, arcaiche forme, rese stravaganti dalla loro stretta funzionalità come una caserma con le sue garitte, i suoi osservatori astronomici, i suoi bastioni abbandonati e le sue torri puramente esornative.
Appena hanno riempito il loro pentolino, buffi e assennati, i due ragazzetti, rientrano attraverso il grande portone rotondo, nel cortile del casolare.
Ed ecco là in fondo, contro la sua vecchia parete slabbrata, rosa e rossiccia, col suo golf nero, Emilia immobile sopra il panchetto.
È davanti a lei che i due bambini si recano. A debita distanza, si fermano, e, coi gesti dell'abitudine - perché evidentemente è molto tempo che compiono questo loro lavoro - depongono il pentolino di coccio pieno di ortiche, e si danno da fare ad accendere il fuoco, in una specie di piccolo focolare fatto con alcuni dei vecchi mattoni rossi del mucchio di macerie, e già pieno della cenere delle precedenti, regolari accensioni.
Il fuoco divampa, dolce e famigliare, e le ortiche nel pentolino cominciano a cuocere. Dopo pochi minuti sono pronte e fumanti.
Alcune delle vecchie della casa, vengono, per abitudine - ma deluse e desolate - ad assistere al pasto, tenendosi, con aria devota, un po' discoste.
Un altro gruppo di vecchie contadine arriva, dal portone, mormorando il rosario. E così mormoranti, vengono, anch'esse a far corona intorno all'angolo che la santa ha eletto a sede della sua soli- tudine.
I due bambini, arruffati per la timidezza (hanno in mano anche un cucchiaio di legno, saltato fuori dalla tasca del cappottino della femmina), portano dunque a Emilia la sua broda verde da mangiare.
Emilia li guarda torva, perduta nel rigore della sua santità. Ma c'è in lei qualcosa di strano, anzi di straordinario: e non c'è dubbio che si tratta di un fenomeno che ha del miracoloso. Quanto poi esso si addica ad una santa (se Emilia è una santa) sarebbe difficile dire...
Il continuo e esclusivo nutrirsi di ortiche, ha fatto sì che tutti i suoi peli, le ciglia, le sopracciglia e i capelli, siano diventati verdi. Anche la pelle è leggermente verdastra, specie intorno agli occhi.
Ma ciò che soprattutto impressiona è la sua testa: la sua permanente, ora disfatta, coi capelli tirati sulla fronte, e abbondanti, gonfi, arricciati e bruciacchiati, dietro le orecchie, ai cui lobi splen- dono i due punti d'oro degli orecchini della prima comunione.
Il colore verde ortica di quella permanente di serva contadina, non è fatto certo per conferire la dovuta dignità a quel suo silenzio e a quella sua offesa solitudine di santa. E infatti le vecchie della casa la guardano preoccupate e sospirose: complici tra loro, e accomunate da quella specie di disgrazia, o meglio di fatalità, di fronte a cui esse sono impotenti.
Ma Emilia, assorta altrove, con gli occhi foschi che non guardano nulla, mangia a lente cucchiaiate il cibo verde della sua scandalosa penitenza.

TeoremaWhere stories live. Discover now