13. Don't Let Me Down

1K 60 515
                                    

«Non mi hai più raccontato come è andato il tuo appuntamento con Marquez».

Anna alzò lo sguardo dallo schermo del proprio cellulare, sul quale compariva una conversazione con il ragazzo appena nominato da suo fratello. Gli rivolse un'occhiata curiosa, poi si distese sui morbidi cuscini alle sue spalle. «E' andata bene.» ammise, un sorriso a colorarle tanto la voce quanto le labbra.

«Se pensi che "è andata bene" sia sufficiente come spiegazione, ti sbagli di grosso Nina.» Andrea sollevò un sopracciglio, sporgendosi appena sul bordo dello sgabello.

Anna arrossì.

«Voglio i dettagli e subito.» aggiunse Andrea, col tono di una suocera impicciona.

«E ti pare il momento adatto?» tergiversò Anna, roteando gli occhi a indicare la camera.

Si trovavano in una stanza d'ospedale, a Lugano, perché era uno di quei due, tediosi ma assolutamente necessari, periodi dell'anno durante i quali la più piccola di casa Iannone doveva sottoporsi a un day hospital per tutti gli accertamenti e le analisi concernenti la sua malattia.

Andrea si strinse nelle spalle. «Dobbiamo stare qui per altre,» diede un'occhiata al suo nuovo orologio da polso, che ultimamente ostentava sempre con orgoglio, un modello di una sua linea personale, con il ventinove stampato all'interno del prezioso quadrante, «sedici ore. Direi che abbiamo tutto il tempo».

«Vorrai dire che io debba stare qui per altre sedici ore, tu puoi tornare a casa quando vuoi.» rimbrottò Anna, mettendo il broncio.

«E lasciarti qui tutta sola?».

«Sono in un ospedale: sono quasi sicura che non possa succedermi nulla di male qui, anzi».

Andrea le rivolse uno sorriso sghembo dei suoi. «E' vero, ma potresti benissimo morire di noia e io non posso proprio permetterlo!».

Anna alzò gli occhi al cielo, poi li rivolse alla pila di libri che aveva portato con sé e che, da quella mattina, giacevano ancora intonsi sul comodino – specialmente il volume di Patologia Generale. «Saprei come occupare il tempo, fidati.» ribatté con un cenno più che eloquente ai libri che l'aspettavano.

«Stai evitando il discorso, sorellina.» le fece notare Andrea, la voce una specie di cantilena.

Anna arrossì di nuovo e distolse lo sguardo. «Io non sto...!».

«Sh... sh... sh...» la zitti lui, accomodandosi sulla sponda del letto e dandole quale leggera pacca sulla coscia coperta dal lenzuolo. «Su, ora racconta tutto al tuo fratellone».

Anna gonfiò le guance e incrociò le braccia al petto. «Ma queste non sono cose che si raccontano ai fratelli... sono cose che si raccontano alle amiche!».

Andrea le rivolse uno sguardo improvvisamente scuro. «Perché mai? Hai fatto qualcosa di sconveniente Anna? Hai fatto delle porc-» Un cuscino gli arrivò in piena faccia prima che lui potesse concludere la frase.

«Smettila.» lo rimproverò Anna esasperata, riappropriandosi del guanciale e risistemandoselo dietro la schiena. «Non è successo nulla di quello che la tua mente malata e porca possa pensare».

«Io non ho una mente malata e porca.» protestò Iannone, massaggiandosi il naso ferito. «Sono solo un animo passionale!».

«Sì, beh... io, a differenza tua, no».

«E ringrazio il cielo tutti i giorni, per questo.» rispose Andrea, chinandosi per lasciarle un bacio sulla testa.

Anna lo guardò storto, poi sospirò: con suo fratello era impossibile ragionare.

CRASHWhere stories live. Discover now