Capitolo 10

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Pov. Chiara

Il weekend passa velocemente; tra pagine di fisica e il tentativo di ignorare mio fratello, mi ritrovo il lunedí mattina a correre alla fermata dell'autobus per andare a scuola. Stamattina Anita e Luca sarebbero andati al mare e io me ne sono totalmente scordata, quindi mi sono svegliata tardi e ora cerco di non perdere l'autobus.
Edoardo non c'è, ha detto che sarebbe entrato alla seconda per balzare la verifica di fisica.
Riesco a salire sul bus giusto in tempo. 
Mi infilo le cuffiette nelle orecchie e mi perdo nei miei pensieri.
Ghemon sta cantando negli auricolari quando vedo la scuola passarmi davanti e mi rendo conto di aver perso la fermata.
Appena il mezzo si ferma scendo e corro verso la mia scuola, ben a un chilometro circa dopo.
Corro a perdifiato, lo zaino pesante che batte sulla schiena e lo chignon spettinato che si distrugge sempre di più.
Non ho avuto neanche il tempo di mettermi un po' di mascara e indosso dei jeans neri e una felpa oversize che di solito uso come pigiama.
Continuo a correre quando vedo che mancano solo 6 minuti all'inizio dell'ora. Il cuore mi batte forte nel petto, e spero che la prof. oggi sia meno stronza del solito e che mi permetta di entrare in aula nonostante il ritardo.
Mentre aspetto che il semaforo diventi verde, vorrei almeno evitare di morire investita, cerco di calmarmi.
Un clacson mi fa sobbalzare, e vedo che da una macchina nera spunta Federico.

< Serve un passaggio? > chiede sorridendo.
< N-no, grazie > rispondo con il fiatone.
Lui ride < Sali dai > ribatte, aprendo la portiera da dentro; cedo e salto dentro.
< Mattinata movimentata? > domanda partendo appena diventa verde per lui.
< Direi di sí >.
Mentre tamburello le dita sul ginocchio, vedendo che mancano solo 4 minuti all'ora, mi sistemo i capelli guardandomi nello specchietto.
< Tranquilla arriveremo in tempo >
< Ho la verifica di fisica alla prima. Non posso fare tardi. >
< Hai la Tossi? >
< Sí > sbuffo.
< Minchia è una stronza quella > strabuzza gli occhi, premendo di più sull'acceleratore, sfrecciando tra il traffico mattutino.
In poco tempo siamo a scuola < Vedi? In perfetto orario.  Tu vai, io vado a cercare parcheggio > mi fa l'occhiolino. In effetti manca ancora 1 minuto al suono della seconda e ultima campanella.
< Grazie mille Federico, davvero >
< Saprai come ricambiare il favore > scherza, mentre mi avvio verso l'entrata, cercando di ignorare il doppio senso nella sua frase.
Appoggiato alla ringhiera, con una sigaretta in bocca e sguardo perplesso, c'è Alessandro.
Lo ignoro e tiro dritto, devo solo arrivare in classe.
Un clacson suona, e mi volto a salutare Federico, con il pensiero che abbia suonato solo perché ha visto Alessandro. Mi sento proprio una gallina in questo momento, ma ciò che conta ora è la verifica di fisica.

La verifica è andata piuttosto bene, ho risposto a tutte le 25 domande e l'ansia che mi ha accompagnata in questa settimana è svanita appena ho consegnato il foglio sulla cattedra. 
All'intervallo vado in bagno a fare pipì.
Esco che l'intervallo è già finito e vedo Federico alle macchinette, che si prende le croccantelle.
< Ciao > lo saluto.
< Ei! > ricambia, avvicinandosi, posandomi due baci sulle guance, con una mano sulla vita che mi mette a disagio.
< Grazie ancora per stamattina, mi hai salvata, davvero >
< Figurati >
< Non so proprio come sdebitarmi >
< Stasera c'è una festa da un mio amico, verranno tutti. Sei la benvenuta; e così, ti sdebiteresti anche > propone.
< Andata! A che ora? >
< Vieni alle 22. Allora ti aspetto >
< Certo. Ora vado in classe, a presto >
< Ciao stupenda > mi stampa un bacio sulla guancia.
< Ti scrivo l'indirizzo! > mi grida quando sto per aprire la porta. Annuisco sorridente e scompaio dalla sua vista.
Entro in classe e non riesco a smettere di pensare a Federico e alla festa di domani.
È un ragazzo molto strano, non me la conta del tutto giusta ma può essere che mi sbagli io.
La mattinata, dopo quella verifica di fisica tanto temuta, passa velocemente.
Dopo un pranzo veloce in camera mia, per evitare mio fratello che sta mangiando di sotto, studio 2 ore e mezze, e penso a cosa mettermi stasera.
Un quarto d'ora fa Federico mi ha scritto l'indirizzo, è vicino ai grandi magazzini, mi aspetta fuori alle 22:15.
Non posso prendere un bus o un treno a quell'ora, l'unica soluzione è chiedere un passaggio ad Andrea: cazzo.
Sarà una missione difficile, fosse per lui non andrei neanche in centro il sabato sera, figurati a una festa di lunedì.

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