13. Sepolte nella cenere

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- Josh, tieni - disse un'altra voce. Dylan ci raggiunse con un phon in mano e delle calze asciutte ai piedi. - Oh, siete arrivati - esclamò vedendoci.

- Con Lisa sarebbe stata comunque un'impresa arrivare fin qui - la schernì Bryan, asciugandosi i capelli con l'asciugamano.

- Deficiente, ti uccido! - urlò infuriata, scattando verso di lui. Aveva i capelli appiccicati sulle guance e il mascara sbavato.

- Uh... - la sfidò - Che paura -.

Mi guardai i vestiti zuppi. Erano sporchi di fango, oltre che bagnati, e iniziavo a sentire freddo. - Avete bisogno di vestiti asciutti? - constatò il padrone di casa, quasi leggendomi nella mente.

I due smisero di provocarsi. - Certo, amico. Ho il culo a mollo -.

Il mio subconscio si sbatté una mano contro la fronte. La finezza e Bryan non dovevano andare proprio d'accordo.

Josh si voltò per salire le scale a giorno e io lo seguii. - Nessuno può portare le pizze qui con questa pioggia: ci toccherà cucinare qualcosa. - disse, mentre il ronzio di un altro phon proveniva da una di quelle stanze - L'ho già detto a Dylan e Aiden - mi spiegò salendo gli ultimi gradini. - Aiden? - domandai, non del tutto sicura di aver capito bene.

Mi guardò con un sorrisetto. - Idea di Dylan -.

Scrollò le spalle ed entrò in una delle stanze per  prendere i vestiti. Lo seguii, restando sull'uscio. - Fantastico, anche se non ci posso... - mi bloccai nel momento in cui la porta alla mia destra si aprì.

Aiden uscì con i capelli asciutti e i pantaloni della tuta addosso. La maglietta che indossava aveva qualche goccia d'acqua sul petto, segno che si fosse quasi asciugata del tutto.

- Vanno bene? -.

Mi voltai di nuovo verso il moro, guardando i vestiti che aveva in mano. - Sì, sì, certo -.

Aiden riusciva sempre a mettermi sotto pressione non facendo nulla.

- Porto questi a Bryan -.

Mi girai per guardare Josh scendere le scale. Aiden era ancora in piedi che mi fissava. Emanava un profumo paradisiaco.

- Che ci fai qui? -.

- Ti stupirai, ma mi ha invitato Dylan -. Lo disse con una risatina, abbassando la testa, forse ancora troppo stupito. Alzai le sopracciglia, sorpresa quanto lui.

- Be', allora tra di voi è tutto okay? - chiesi con un sorriso speranzoso. Sarebbe stato tutto più facile senza i miei amici ad accusarlo. Mi guardò di traverso, a mo' di rimprovero. Forse "tutto okay" non era l'espressione adatta.

Calò il silenzio, la sua espressione tornò quella di sempre e il suo sguardo più intenso del solito. L'atmosfera cominciava a farsi sempre più pesante.

- E tra di noi? - sussurrò. Fare quella domanda gli era costato uno sforzo immane e si vedeva chiaramente, ma mi piaceva vederlo faticare in combattuta con i suoi sentimenti. Strinsi le dita attorno alle braccia, nervosa più che mai.

Pensai al giorno precedente, quando mi aveva vista piangere e si era precipitato nella mia stanza. - Tutto okay - mormorai, forzando un sorriso. Avevo le unghie ancora conficcate nella pelle delle braccia e, come sempre, era servito a farmi respirare e apparire normale.

Alzò gli occhi su di me per accertarsi che stessi dicendo la verità. Mi lanciò uno sguardo fugace e scese le scale lentamente.

Come la peceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora