Capitolo 10

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«Ti va di andare ad una festa stasera?» Se ne uscì Alan tutto tranquillo, mentre sorseggiava il frullato alla banana

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«Ti va di andare ad una festa stasera?» Se ne uscì Alan tutto tranquillo, mentre sorseggiava il frullato alla banana.

Eravamo nel nostro bar di fiducia, non che ad Aroundsville ci fosse molta scelta, ma noi andavamo pazzi per il "Virus Caffè". Non si chiamava così perché rischiavi di prendere un colpo entrando lì, ma perché era il soprannome che avevano affibbiato al prozio del proprietario attuale di quel posto. Si diceva che era un tizio sempre con un'aspirina in tasca, con la febbre in ogni stagione dell'anno e un tic all'occhio dovuto da uno starnuto decisamente esagerato, anche se all'ultima diceria faticavo a crederci.

Smisi di pensare e di fare tutto quello che stavo facendo in quel momento per guardarlo con occhi sgranati e con tanto di bocca aperta. Credevo di conoscerlo, insomma, eravamo cresciuti insieme...

«Alan Stevenson che va a una festa? Cazzo, non posso lasciarti solo un anno che ti ritrovo un'altra persona», dissi con molta enfasi, mettendo sul piatto il mio tramezzino al tonno. Avrei voluto prendere decisamente un bel hamburger con quintali di bacon e patatine, ma lui me l'aveva severamente vietato, finendo per mettermi quasi paura.

Avevamo lavorato un intero pomeriggio, facendo corse a ostacoli, flessioni, addominali e via dicendo, sudando davvero come un animale.

Lui ridacchiò e tolse ogni traccia di liquido giallo dal grande bicchiere di vetro.

«Tesoro sono un ragazzo e voglio divertirmi, prima ero così insicuro che avevo paura solo a mettere un piede fuori casa. Ora sembra tutto così diverso, io sono diverso».

Lo guardai nei suoi bellissimi occhi blu, sembravano diventare più intensi per quanta gioia racchiudessero.

Gli sorrisi, sapendo di quel meraviglioso capitolo della sua vita che stava aprendo, lontano dalle cattiverie che aveva dovuto subire per colpa di persone che non erano in grado di riuscire a vedere oltre l'apparenza e di capire che dietro tutto quello che poteva sembrare buffo, ai loro occhi, c'era comunque una persona che stavano facendo soffrire con ogni mezzo.

«A che ora mi faccio trovare pronta?» Mi ingozzai con l'ultimo boccone di tramezzino, che non mi aveva saziato neanche un po', ma che a detta di Alan avevo meritato tantissimo, e bevvi un sorso d'acqua.

Sorrise raggiante, c'era riconoscenza nella sua espressione, anche perché sapeva benissimo che lo stavo facendo solo per lui. Io odiavo le feste. «Passo a prenderti dopo cena».

Qualche ora dopo ero seduta sul muretto fuori casa, aspettando Alan che era peggio di una ragazza in quelle cose. Era talmente lento che dovevi dargli un appuntamento due ore prima per farlo arrivare puntuale. Io avevo impiegato solo quarantacinque minuti per farmi una doccia, passare la piastra sui capelli, vestirmi e truccarmi. Non capivo cosa dovesse fare effettivamente lui.

«Wow, l'ho sempre detto che il viola è il tuo colore». Stavo quasi per mandare al diavolo la persona che pronunciò quelle parole, credendo fosse il mio migliore amico, ma mi fermai giusto in tempo non appena incontrai un sorrisetto strafottente, due occhi castano chiaro e dei capelli scuri.

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