Capitolo 3

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Quando sbarrai gli occhi nel buio della mia camera, la prima cosa che mi saltò all'occhio fu la sveglia sul mio comodino

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Quando sbarrai gli occhi nel buio della mia camera, la prima cosa che mi saltò all'occhio fu la sveglia sul mio comodino.

Erano le cinque e mezza del mattino ed io avevo appena avuto un incubo, uno di quelli capaci di portarti completamente via il sonno.

Mi alzai a sedere e sbuffai, infastidita e ancora scossa per i ricordi che continuavano a tormentarmi quando dormivo e le mie difese erano basse. Con il tempo avevo imparato a richiudere i brutti momenti in un angolino della mia testa, ma quando prendevo sonno loro ritornavano all'attacco come incubi.

Sospirai e mi guardai un po' attorno, mentre la poca luce del mattino rischiarava leggermente la stanza.

La finestra era aperta e potevo sentire i grilli cantare ancora con il favore delle ultime tenebre rimaste, e il cinguettio degli uccelli che dovevano essersi svegliati anche loro da poco.

Senza che riuscissi ad impedirlo, i miei occhi finirono sul mio armadio, proprio sull'anta che racchiudeva una delle mie più grandi passioni e a quel punto anche paure.

Mi alzai e la curiosità prese il sopravvento, volendo vedere in che stato fossero. Non li indossavo da più di un anno ormai.

Aprii l'armadio e vidi una scatola proprio ai piedi di quelli che erano i miei body da scena, appesi con cura. Quelli non riuscii a guardarli bene e mi concentrai sui bellissimi pattini bianchi che tirai fuori.

Erano sempre gli stessi in fondo. Il tempo non li aveva cambiati, non come aveva fatto con me.

Studiai le lame, i lacci e le zone leggermente ammaccate per tutte le volte che li avevo usati. Erano sempre splendidi, candidi come il ghiaccio che avevano scolta innumerevoli volte e che ormai non vedevano più da troppo tempo.

Una malsana voglia di infilarli di nuovo prese il sopravvento, bramando di schizzare veloce come se avessi le ali attaccate ai piedi e sulla schiena.

Un lampo di follia mi colse e prima che potessi ragionare effettivamente su ciò che stessi facendo, afferrai il borsone nell'armadio, infilai dei leggings e un pullover bordeaux e uscii di casa sgattaiolando.

La pista di pattinaggio di Aroundsville non era molto lontana da casa mia e ci arrivai a piedi, facendo già il riscaldamento necessario prima di salire in pista.

Quando arrivai proprio fuori l'edificio, provai in tutti i modi a non farmi vedere da Wilson, il custode che faceva le pulizie a quell'ora, visto che ancora non era aperto al pubblico. Con un po' di fortuna entrai e andai subito sugli spalti.

Ora mi sento a casa... pensai quando rividi quella distesa di ghiaccio.

Non pattinavo da troppo tempo, terrorizzata di ritornare in bilico su due lame affilate, ma quella sensazione mi era mancata in un modo che faceva male.

Guardai tutta l'enorme palestra e feci un sospiro talmente profondo che alla fine mi spuntò anche un minuscolo sorriso.

Ero eccitata ed elettrizzata, spaventata fino al midollo, ma con una voglia di mettermi alla prova che mi spinse a scendere di corsa le scale, sistemarmi ai piedi i pattini e posizionarmi proprio all'entrata della pista, con il cuore in gola e una sensazione strana alla bocca dello stomaco.

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