Capitolo 2

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Attraversai il vialetto, cercando di non farmi travolgere un'altra volta dai miei bagagli

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Attraversai il vialetto, cercando di non farmi travolgere un'altra volta dai miei bagagli. Subito la porta di casa si spalancò e i miei genitori mi corsero incontro con dei sorrisi che per poco non spaccavano la mascella per quanto fossero larghi e falsi.

«Fatti aiutare», mi salutò mamma, avvicinandosi con il suo solito profumo di fiori.

Era una donna sempre ben curata, ossessionata dalla sua persona e dall'opinione che la gente aveva di lei. Mi era sempre piaciuta la sua eleganza, ma le sue movenze erano così delicate che alcune volte però ti veniva la voglia di scuoterla per capire se fosse vera o no.

A cos'era dovuta tutta quella gentilezza? Per caso le era mancata la sua unica figlia femmina piena di difetti?

Mio padre prese lo scatolone che avevo in bilico su un braccio e mi diede una pacca sulla spalla, mentre lei alleggeriva l'altro carico nella mano destra.

Mi sembrava tutto così strano, come se fossero guidati da un senso morale che non potevano ignorare, come se tutto fosse fatto con sforzo. Per un momento mi fecero sentire bene però, davvero bene, e con la speranza che magari la mia assenza si fosse fatta sentire, ma qualcosa mi diceva che erano tutte illusioni di una figlia che non aveva mai ricevuto affetto.

Ormai dovevo abituarmi al fatto che provassi ogni volta ad appigliarmi a qualche minimo gesto dolce la parte loro, magari fatto anche per sbaglio, ma era dura poi rendersi conto che loro non sarebbero mai cambiati.

Entrammo in casa e mi accolse un odore di biscotti appena sfornati. Quelli della mamma, che faceva solo in rare occasioni, nonostante tutti ne andassero matti.

Un'altra piccola fiammella di speranza destinata a sopprimere...

Da lontano poi sentii il pavimento venir graffiato da innumerevoli unghie e dopo un po' spuntò dal corridoio un'enorme palla di pelo. Layla. Era un golden retriever di ventinove chili, che mi saltò addosso dopo aver preso una bella rincorsa.

Quella era la cosa che più mi era mancata di quel posto.

Passai le mani tra il suo pelo frangiato color caramello, mentre lei muoveva quella coda come fosse una frusta pronta a colpirti in ogni occasione. Mi fece piacere vedere che si fossero presi cura di lei, si vedeva che veniva spazzolata ogni giorno e che fosse in salute.

Riaverla tra le mia braccia, giocosa, energica e veramente felice di vedermi, per poco non mi face mettere a piangere.

«Ti sono mancata, eh?! Ma come sta la cucciola della mamma?»

Ed ecco che tutta la mia corazza fatta di compostezza e sarcasmo veniva meno davanti a un cane. Praticamente buttavo nel cesso la mia dignità. Uno lavorava tanto per costruirsi una certa fama e loro che erano in grado di fare? Spazzare via tutti i progressi fatti di un'intera vita.

Dopo qualche altro grattino mi alzai, probabilmente i miei credevano che fossi più contenta nel vedere un animale che loro e, b', era proprio così. Li abbracciai lo stesso e la mamma scoppiò a piangere, ripulendosi il mascara che le colava sulla pelle tirata.

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