11. 72h in un solo giorno

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Fissai Lisa, senza riconoscere la ragazza esuberante di sempre. In quel periodo non faceva altro che accusare gli Evans. A scuola parlava molto di meno e veniva meno frequentemente a casa mia.

- Okay. Stephen non c'è più, Dylan è un coglione e noi dovremmo parlarne di meno. Questo si sapeva già - sbottò Bryan, dopo essersi sistemato il ciuffo biondo.

Sbuffai, tornando a tirare su il frullato per la cannuccia. Affondai nel divanetto, non avendo alcuna voglia di parlare.

- Che serie mi consigliate? - esclamò Lisa, prendendo il suo cellulare. Josh prese il suo thriller e Bryan iniziò a parlare di tutte le serie che gli erano piaciute di più, serie che parlavano di zombie o guerra.

- Wendy... - sussurrò Dylan. Alzai gli occhi su di lui, sospirando. - Non voglio perderti, sei la mia migliore amica -.

Sapeva esattamente che quelle parole mi avrebbero fatto intenerire il cuore. Dylan era un ragazzo speciale ed eravamo sempre andati d'accordo. Non ne conoscevo nemmeno il motivo, ma qualche volta preferivo confidarmi solo con lui. Poi faceva una di quelle cose da bambini e rovinava tutto.

- Giura che smetterai di agire in questo modo - lo minacciai.

Si posò una mano sul petto, drizzandosi sul divanetto. Nascosi un sorriso, tornando a bere il mio frullato.

- Tutto bene, ragazzi? - domandò Tina, passandoci accanto. Annuii con un sorriso di cortesia.

Sentii dei passi alle mie spalle e un'ombra fermarsi a qualche metro da me.

- Gwendolyn Jones, subito a casa - ordinò mia madre. Puntò i suoi occhi dritti nei miei, cercando di apparire calma ed impeccabile. Non aveva nemmeno alzato la voce per chiamarmi. Il locale era quasi deserto, ma lei provava comunque a non dare troppo nell'occhio.

Mi alzai subito, con le gambe instabili. Presi il mio zaino e la seguii fuori, fino all'auto.

- Ero sicura che Tina non ti avesse trattenuta fino a quest'ora dopo il tuo turno - sentenziò, uscendo dal parcheggio. Casa nostra era davvero molto vicina.

- Scusa - borbottai a testa bassa. - Si può sapere perché non mi hai detto la verità? -.

- Perché ti saresti arrabbiata -.

- Ultimamente non sei più la stessa - commentò a bassa voce, quasi impaurita dalle sue stesse persone. Parcheggiò l'auto accanto al marciapiede, davanti il cancelletto.

- Ho chiesto scusa - ribadii, scendendo dall'auto ed entrando nel nostro giardino. Mi misi a frugare nello zaino alla ricerca del mio mazzo di chiavi. Controllai la tasca anteriore, senza successo, poi passai a quella più grande e quando sentii il rumore metallico delle chiavi, mia madre aveva già aperto.

La casa era completamente buia e silenziosa. Niente luci o tv accese, nessun rumore, nemmeno dello scrosciare dell'acqua nella doccia o del bollitore in cucina. - Dov'è papà? -.

- Resta a lavoro fino a tardi, deve sistemare alcune cose - sospirò, togliendosi la giacca. Corrugai la fronte, preoccupandomi per gli affari di mio padre. Se doveva fermarsi a lavoro fino a quell'ora, significava che gli affari non andavano poi così bene, no?

- Tutto okay? - chiesi, mordendomi un labbro. Mi sorrise, iniettandomi serenità con i suoi occhi dolci. - Certo. Adesso va' a dormire, domani c'è scuola -.

Annuii, trascinandomi su per le scale. Sbolognai lo zaino si piedi del letto, recuperando biancheria e pigiama pulito, prima di andare in bagno. Quella giornata era stata probabilmente la più lunga della mia vita. Ripensai alla conversazione avuta con Bryan a scuola, al libro che gli avevo lasciato fra le mani per Dylan, Aiden e il nostro accordo, la visita alla casa abbandonata e quella Dunhill fumata a metà. La polizia a casa di Aiden e Dylan alla centrale. Mi sembrava di vivere in un incubo. Desideravo tornare alla mia noiosa e tranquilla routine. Mi mancavano le giornate della ragazza dolce che sorride a tutti, va a scuola, a lavoro e a trovare la sua vicina. Mi mancava ridere con Lisa e truccarle le unghie con colori improbabili, mentre mi raccontava dell'ultimo pettegolezzo che girava per la città.

Come la peceWhere stories live. Discover now