Era seduto solo, mentre rigirava la forchetta nel piatto annoiato. Sbattei i palmi sul tavolo, proprio davanti il suo vassoio. Alzò gli occhi su di me, scrutandomi sorpreso. Dov'erano finite tutte le belle parole del pomeriggio precedente?

- A che gioco stai giocando, Aiden? Prima ti scusi con me e poi picchi i miei amici? - gli urlai in faccia. Sentivo quel lieve pizzicore alla nuca e sulle braccia, segno che tutti mi stessero guardando. Serrò la mascella, guardando di lato. Non voleva rispondermi.

- Potresti darmi una risposta? -.

- Fattela dare dal tuo amico. Che c'è? Adesso la pensi anche tu come loro? -.

Le sue parole erano il mio punto debole. Lui sapeva perfettamente che non lo giudicavo un assassino, che ero pronta a battermi anche contro i miei amici per la giustizia. Se dovevo accusarlo, volevo le prove.

Schiusi le labbra, senza parole. Lo avevo ferito, gli avevo fatto credere ciò che non pensavo veramente.

- N... no... - balbettai, presa del tutto alla sprovvista. Cosa avrei dovuto dirgli? Volevo solo sapere perché aveva picchiato Dylan e non ero brava a litigare con la gente.

I suoi occhi si puntarono nei miei, trafiggendomi come spade ardenti. Mi stava mostrando di essere ferito, ferito da quello che avevo detto.

- Voglio sapere perché hai picchiato Dylan - sillabai categorica. Premetti le mani sulla superficie, cercando di darmi coraggio.

- Wendy, andiamo - mormorò Dylan al mio orecchio. La sua mano si strinse attorno al mio braccio per tirarmi via da Aiden e da tutti quegli sguardi indiscreti. Mi aveva ferito, mi aveva fatto infuriare. Io ero pronta a difenderlo, a dimostrare a tutti che non poteva essere accusato senza prove. Che se fosse stato veramente lui il colpevole, l'ispettore Kent sarebbe già venuto a prenderlo. Ma lui, lui aveva picchiato Dylan. E nessuno voleva dirmi cosa era successo.

- No, Dylan! - urlai, liberandomi dalla sua stretta con un colpo secco.

I miei occhi ardenti trafissero quelli di Aiden. Sosteneva il mio sguardo con una forza tale da alimentare il fuoco che ardeva dentro di me. Non si arrendeva. - Basta, Wendy - sibilò Dylan al mio orecchio. Mi irrigidii di colpo, congelata dalla freddezza delle sue parole. Era come se mi stesse mettendo in guardia, come se mi stesse ricordando di non provocare una bestia selvaggia. Feci un passo indietro, il fuoco dentro di me si era spento, lasciando un vuoto abnorme che mi divorava.

***

Feci scattare la serratura e aprii la porta. L'odore di detersivo mi investì, segno che mia madre si fosse data alle grandi pulizie quella mattina prima di andare a lavoro.

Il salotto era vuoto, la coperta ordinatamente piegata su un bracciolo del divano e la Tv spenta. - Mamma? - chiamai. Mi mossi verso la cucina, con lo zaino ancora in spalla.

Per Wendy.

Resto a lavoro tutto il pomeriggio.
Ci vediamo stasera.

Il post-it rosa era appoggiato sul marmo rosato dell'isola al centro della cucina. Mi tolsi lo zaino e lo lasciai sullo sgabello, per poi dirigermi al frigo e tirare fuori la busta del latte. Presi la mia tazza e svitai il tappo della busta di cartone.

Come la peceWhere stories live. Discover now