2 || passato

7 1 0
                                    


La vita procedeva lentamente e tutto era già diventato abitudi-ne. Il suo primo giorno di scuola non fu facile da dimenticare. Si svegliò presto, si sistemò i capelli e il viso, jeans neri, un crop top e le sue Dr Martens e via. Mentre camminava sentiva il ru-more degli stivaletti a contatto con l'acqua delle pozzanghere. Il clima di Londra rispecchiava un po' il suo umore cupo. Da quando aveva perso l'amore, era diventato tutto nero. Ma fu necessario.

flashback———————————————————
Il problema con l'eroina è che se ce l'hai, ti va tutto bene. Se non ce l'hai, distruggi tutto ciò che incontri. Ricordava bene di quando vedeva gli altri ragazzi fumare gli spinelli ed era convinto che lei quelle cose non le avrebbe mai fatte. Sì, era cresciuto, e non aveva certo più bisogno di imitare il comportamento degli altri per cercare di essere accettata dal gruppo. I ragazzi si muovono come un branco e se uno di lo-ro è diverso, è automaticamente escluso. Perché dobbiamo essere tutti uguali, come fossimo un'azienda, tutti la stessa uniforme, lo stesso com-portamento, lo stesso modo di approcciarsi. Una specie di tradizione ado-lescenziale tramandata di generazione in generazione. Aveva 15 anni quando per la prima volta aveva portato alla bocca uno spinello. In com-pagnia succedeva spesso che qualcuno rollasse una canna e poi la passasse, e non era certo la prima volta che una sigaretta "taroccata" le passava sot-to il naso. A volte gliela passavano solo perché a sua volta la passasse a qualcuno dopo di lei. Spesso si era chiesta cosa si provasse a fumare quella roba, ma non aveva mai ceduto alla curiosità e aveva sempre rifiutato di provare. Quella sera però andò diversamente e prima di passare la canna a quello che stava dopo di lei fece un paio di aspirate. Non sentì niente. Proprio come fumare una sigaretta. Perché spendere soldi in qualcosa che non aveva effetto?
Passarono mesi e mesi prima che i suoi polmoni accogliessero nuovamen-te il fumo denso dell'hascisc. Era la sua seconda volta e, diversamente da quanto era successo qualche mese prima, dopo aver passato lo spinello al ragazzo che stava dopo di lei, iniziò a sentire quelle che sembravano esse-re delle belle sensazioni.
Da quel giorno tutte le volte che le passarono una canna non era più solo per passarla a qualcun altro.
I suoi amici compravano un po' di fumo ogni tanto, per passare una serata diversa. allora succedeva due o tre volte al mese. Aveva il terrore di ri-manere sola e non aveva neanche mai provato a scoraggiarli. Ammalarsi di solitudine significa cadere in un tunnel forse peggiore della droga. Poi, col passare del tempo iniziarono a fumare con cadenze precise, prima tutti i sabato. Poi anche le domeniche. Poi venerdì, sabato e domenica. Finché diventò un'abitudine, ogni scusa era buona per andare da amici e rollare una canna. Era diventato un vizio a tutti gli effetti, anche se era convinta che non lo fosse. "So controllarmi", diceva. Una sera Harry, un ragazzo del suo gruppo, invece di tornare con i soliti tre o quattro grammi di fumo, buttò sul tavolo un sacchettino contenente della polverina marrone chiaro. Disse che il loro "fornitore ufficiale" aveva finito il fumo e gli aveva proposto un po' di eroina. Lui, dopo qualche tentennamento l'aveva accettata. Erano in sei quella sera e in quattro all'inizio rifiutarono la nostra parte, sostenendo che quella roba loro non l'avrebbero mai toccata. In due, invece, la provarono subito. Uno si fece convincere qualche minuto più tardi e Sarah e altri due cedettero alla curiosità dopo non più di mezz'ora passata a osservare gli eventuali effetti di quella roba sui loro amici. In quattro passarono tutta la notte a vomitare. Il giorno dopo era ancora più convinto che quella roba non facesse per lei, per cui era certo che l'avrebbe sicuramente evitata per il resto della sua vita. Arrivò l'estate e compì 16 anni. Iniziarono le prime sere in discoteca le risate tra un drink e l'altro, le sigarette offerte per via della scollatura. Durante quelle serate era successo che qualcuno le offrisse della cocaina per aiutarla a ri-manere sveglia, ma lei la rifiutava con un senso di repulsione. Era convin-ta che andasse bene sballarsi ogni tanto, ma non accettava l'idea di usare quelle "polverine". Prendeva ecstasy ogni tanto, nel caos della gente, ma non si sbilanciava mai.
Passata l'estate ricominciarono a incontrarsi quasi tutte le sere a casa di Harry, che viveva da solo. Qualche canna, un film, una partita a carte, e tra una battuta e l'altra se ne andava la serata. Era tutto come sempre, le loro serate passavano nell'attesa che arrivasse la notte che li avrebbe por-tati al giorno dopo, quando alle 8 del mattino si doveva essere pronti per andare a scuola. Tutto come sempre, a volte divertente, a volte noioso da morire, a volte sembrava loro di vivere in una realtà troppo stretta, e a volte, abbandonandosi ai fumi dell'hascisc, sognavano di andare via da quel paese che sembrava non avere più niente da offrire, ma poi sembrava anche di non avere i mezzi per far sì che le cose cambiassero, per cui si rollava un'altra canna e si aspettava la mezzanotte, per salutarsi e tornare a casa nelle loro monotone esistenze.
Fu in una sera qualunque che successe nuovamente quello che era accadu-to mesi prima: Harry aprì la porta, si sfilò il giubbotto, non aprì bocca e invece di buttare sul tavolo il solito pezzo di fumo, appoggiò con discre-zione e un po' d'imbarazzo un sacchettino.
Erano sempre loro, i soliti sei, e quella volta furono solo in due a reagire con dissenso. Gli altri quattro non ci misero molto a pulire il piano in ve-tro del tavolino e arrotolare le diecimila lire da infilare nel naso. Sarah si ricordò allora delle parole di Gianni, che qualche giorno dopo la loro "prima volta" le aveva detto che probabilmente ne aveva fatta troppa in quell'occasione, e per quello era stata così male. Dopo qualche tentenna-mento gli chiese di prepararle una striscia "da non farla star male". Con un po' di timore avvicinò la testa al tavolino, infilò la sua banconota arro-tolata nella narice sinistra e aspirò in un solo colpo tutta quella polverina marrone. Per qualche minuto non aprì bocca, quel gusto amaro che le scendeva in gola le dava gran fastidio, si aspettava da un momento all'altro di essere obbligata a raggiungere il bagno e di dover passare un'altra notte chiusa lì dentro. Ma non fu così. Quella volta non vomitò e non passò molto tempo prima che gli effetti si facessero sentire. Una sen-sazione mai provata prima, una cosa indescrivibile, niente che avesse a che fare con lo sballo del fumo. Quella notte la passò dormendo e la mat-tina dopo si svegliò nelle stesse condizioni in cui si trovava la sera prece-dente. Quella volta le era piaciuto e da quel giorno cadde anche il tabù delle polverine. Non passò molto tempo prima che tutti assieme si deci-desse volontariamente di acquistare dell'eroina, invece del solito e ormai vecchio fumo. Così, successe quello che accadde con gli spinelli, prima una volta ogni tanto, poi una volta al mese, poi due, poi tre, poi tutte le settimane... Ma mai più di due giorni di seguito, perché le avevano spie-gato che l'eroina se la usavi per più di 3 o 4 giorni di fila, poi stavi male. Diversamente dalle altre droghe l'astinenza dall'eroina si fa sentire subito anche fisicamente, dopo 10-12 ore dall'ultima assunzione iniziano i primi malesseri fisici: sudorazione fredda, lievi spasmi muscolari, un po' di mal di schiena, e man mano aumentano uccidendoti dall'interno. Per diverso tempo la usarono ma avendone anche paura, per cui non esageravano mai e ne acquistavano solo il necessario per una o al massimo due serate. Fin-ché successe che cambiò il loro fornitore ufficiale e il nuovo pusher con gli stessi soldi ne dava molta di più, tanto che fatte le due serate di venerdì e sabato, ne rimase anche per la domenica... Il lunedì mattina erano scon-volti, e nessuno di loro ebbe la forza di alzarsi. Stavano male e riuscirono a convincere i loro genitori che si trattava solo di un po' di malessere, probabilmente causato da qualche cosa che avevano mangiato o bevuto il giorno prima. Sapevano che quelli erano i primi sintomi dell'astinenza e non c'impiegarono tanto per telefonarsi e mettersi d'accordo per recupe-rare in fretta un po' di roba. E così iniziò il giro, un cortice che ti risucchia e non vuole lasciarti andare.
La notte più brutta della sua vita, fu quando a casa la accompagnò Lucas, erano entrambi sballati, al ritorno da una serata durante la quale avevano fatto baldoria. Sarah aprì lo sportello, gli sorrise senza accorgersene, poi gli diede un bacio sulla guancia e scese dalla macchina. Quella notte Lucas uscì dalla corsia ed ebbe un incidente. Morì sul colpo. Da quel giorno tut-ti entrarono in qualche comunità, vollero uscirne e star meglio.

Tutti me-no che Harry. Quello fu l'inizio della loro storia d'amore. Loro non an-davano a cena, a guardare il mare, ad osservare le stelle. Loro tiravano, tiravano insieme e facevano l'amore.

E l'amore ti fotte come la droga.

All'inizio era tutto perfetto, seguivano una routine abituale che a nessuno dei due dispiaceva. Poi iniziarono a scarseggiare i fondi. Sarah non sapeva come giustificare ai suoi genitori le spese e così iniziò a lavorare e si tra-sferì a casa di Harry. Vissero per mesi senza obiettivi né pretese, quando poi successe. Sarah non aveva abbastanza soldi per l'eroina, Harry usava solamente i suoi, non lavorava più né tantomeno studiava. E lui la picchiò fino a farle uscire sangue, fino a formarle lividi indelebili e cicatrici che aveva ancora. Lei scappò, tornò dai suoi genitori che invano in quei mesi avevano provato a riavvicinarla. Confessò tutto, voleva solo eliminare quell'anno della sua vita che gliela aveva rovinata. L'astinenza fisica era insopportabile, le procurava dei dolori atroci, c'erano momenti in cui non riusciva nemmeno a stare in piedi, e parlava a fatica. La temperatura cor-porea cambiava totalmente da un momento all'altro. Era estate e in certi momenti era costretto a coprirai con due o tre coperte. Non dormiva, era esasperata e in uno stato mentale indefinibile. Sapevo che l'unica cosa che l'avrebbe fatta stare meglio era la roba e odiava profondamente tutte quel-le persone che le impedivano di averla. Non gliene importava più niente della vita, era convinta di aver vissuto già abbastanza ed era pronta a tutto purché quelle sofferenze finissero. Per i mesi successivi Harry continuò a farsi vivo nella sua vita e nella sua testa. Fu l'unica persona che amò davvero e non solo da fatta. E quando si sentì meglio, andò via. Scappò da quel passato che l'aveva solamente rovinata.

fine flashback—————————————————

Arrivò a scuola con gli occhi neri, le succedeva quando si innervosiva. Ogni volta che pensava ad Harry, una parte di lei svaniva con il suo ricordo. Certe volte non ci rendiamo conto di amare qualcuno a tal punto da distruggerlo. Vogliamo renderlo partecipe sia delle cose positive che di quelle negative anziché proteggerlo.

varcò la soglia della scuola e calò un silenzio imbarazzante. Nel cortile tutti la fissavano, sentiva gli occhi puntati sulla sua figura mentre entrava a scuola.

continua...
come vi sembra?

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 26, 2018 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Loving the bad boy || Z.M.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora