he's stuck inside my brain so much that he can call my head "home".

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"Kook, ti assicuro che lei è una bomba!" Esclamò Jimin, con un gran sorriso stampato sul volto. "E' bella, simpatica, intraprendente e sembra anche intelligente." Era la pausa pranzo e i due stavano mangiando un'insalata su un muretto vicino allo stabilimento di V's. Jimin stava raccontando a Jungkook della sua serata con Lee Sunmi e di tutto ciò che gli era successo.

"Hai capito tutto questo solo durante una serata in discoteca? Perspicacissimo." Scherzò Jungkook, rendendo lievemente amaro il suo solito tono sarcastico. "Davvero ammirevole." Aggiunse, alzando le sopracciglia e scavando una grotta invisibile nella sua insalata.

"Ohi, ma c'è qualcosa che non va?"Domandò allora Jimin con un po' di irrequietezza nella voce.

"No, solo che per me ti stai buttando troppo." Jungkook si grattò la nuca imbarazzato. Che poteva saperne lui? Sapeva dire solo le solite farsi da copione da film, conosceva solo alcuni consigli già tagliati, cuciti e righettati da altre persone, limitandoli al sarcasmo e a volte alla freddezza. "Se è vero che ha conoscenze al Nyam Nyam, io due domandine me le farei." Suggerì poi senza malizia.

"Che vuol dire? Non è detto che se ha alcuni amici non proprio puliti, lei sia una specie di criminale!" Jimin alzò le spalle, convinto della sua versione, e poi macinò per un po' la sua insalata con la forchetta di plastica.

"No, vuol dire che io non mi fiderei più di tanto." Disse il moro, mangiando un boccone. "Lì c'è solo feccia" Constatò, puntando la forchetta contro l'amico.

"Lo so, ma..." A quel punto Jimin si arrese e ci pensò un attimo. In effetti, Jungkook non aveva proprio tutti i torti, ma lui non aveva mai conosciuto Sunmi di persona come aveva fatto lui. Era facile per il moro farsi un'idea sbagliata solo sulla base di informazioni del genere, dunque Jimin decise di lasciar perdere i consigli dell'amico. Lui non sapeva che aveva un disperato bisogno di rimpiazzare qualcuno, qualcuno che continuava imperterrito a ricomparire in ogni dove.

Jungkook rivolse lo sguardo verso la strada davanti a lui, sentendosi un peso evidente sullo stomaco. Non era propriamente triste né infastidito dalle parole di Jimin, anzi era sinceramente felice per lui. Il fatto che forse lo turbava, era il ricordo delle parole di Taehyung sulle anime gemelle e la ricerca della completezza. Non capiva come per Jimin o qualsiasi altro ragazzo della sua età fosse così sbrigativo trovare una persona e iniziare una relazione romantica con tanta facilità. Da una parte, si immalinconì, pensando a come sarebbe stato bello avere un carattere del genere, e dall'altra sentiva come il bisogno di parlarne con una persona che lo capisse. Taehyung, forse, o magari suo fratello. Avvertì un brivido interno, orribile e logorante, arrivargli alla gola e togliergli il respiro. Era invidia. Uno dei sette peccati capitali che cominciava a folgorarlo come un fulmine a cielo pulito. Avrebbe voluto essere al posto dell'amico, uscire con una ragazza e trovare finalmente qualcos'altro oltre al lavoro per dare scopo alla sua vita. Si fece schifo per un momento, riflettendo bene su che persona fosse in realtà. Un ventunenne che sognava ciò che non sapeva ottenere e che voleva che ogni cosa gli cadesse al pari della bocca. Fino a quell'età, aveva dato sempre tutto per scontato. Gli ultimi due anni delle scuole superiori erano stati per lui una festa continua. I suoi amici, ogni sera libera, andavano nelle discoteche più disparate ad "accalappiare" ragazze su ragazze. Non conosceva bella gente, lo sapeva da sempre, ma a diciassette anni si fanno le peggio cavolate e lui ci si era ritrovato in mezzo fin da subito. Durante quelle serate, sempre se serate si potevano chiamare, cercava sempre qualcuno che non voleva partecipare a quell'assurda sfida e ci legava solo per quella notte. Non era mai stato interessato a prender parte in quel giochetto così infantile. Ne aveva fatte anche lui, di cazzate, ma quella non glie era mai andata giù. Alle femmine, dunque, non aveva mai pensato seriamente. E ce n'erano di belle ragazze disposte ad avviare qualcosa con lui, anche se Jungkook stesso, quando si presentava l'occasione, non se la sentiva mai di prendere l'iniziativa. Era come se sognasse di volare e addirittura possedesse bellissime ed angeliche ali, il problema era che non sapeva come spiccare il volo.
L'invidia, un sentimento così spontaneo da far paura, continuava a radicarsi dentro di lui come le radici di un bonsai e la cosa peggiore era che non aveva idea di come poterla estirpare. Un sentimento così profondo, consumante e allo stesso tempo collettivo e comune altrettanti cuori. L'essere umano è bizzaro. Nascondiamo, reprimiamo e celiamo agli altri la nostra invidia, tentando di evitare di essere giudicati o non capiti da persone che abitano sul nostro stesso suolo, non sapendo che in realtà, tutti siamo invidiosi di qualcosa o qualcuno. Alcuni più e alcuni meno. L'uomo è perennemente alimentato da sogni, desideri, stimoli ed emozioni. Tutti vorrebbero veder i propri immaginari realizzarsi, è una cosa da uomini. Alcuni lo ottengono, altri no. Ed è in questa imparità che si sviluppa l'invidia, ovverosia il macabro brivido che aveva solcato tutta la schiena di Jungkook in quel frangente che sembrava esser durato anni.

♔ velvet & silk ♔ yoonmin, vkook, namjin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora