«Così mi ferisci Sara...» si era portato una mano al petto cercando di nascondere il sorriso che si stava aprendo sul suo volto «pensavo non potessi vivere senza di me.» concluse poi, non potendo evitare di sorridere. Almeno era riuscito nella sua missione di distrarla, anche se soltanto per un po'.

Alzò gli occhi al cielo, squadrandolo con espressione divertita «Oh no, come potrò mai rimediare a una cosa simile?» domandò, inclinando la testa di lato quasi a studiarlo. Quei teatrini non erano nulla di nuovo, quando avevano dieci anni si concludevano con un bacio sulla guancia che faceva sospirare i loro genitori, ma non avevano più dieci anni, dubitava Maverick reagisse allo stesso modo.
Invece, spiazzandola come solo lui sembrava in grado di fare, il suo amico si era piazzato il sorrisetto più insolente del suo repertorio sul volto, prima di indicarsi la guancia, lanciandole un'occhiata che diceva a chiare lettere "perché, non è ovvio?".

«Vuoi anche che chiami mia madre per farci fare una foto e farci dire quanto siamo carini?» chiese trattenendo a stento una risata mentre lo osservava con un sopracciglio alzato, lo aveva osservato per qualche secondo aspettandosi che si mettesse a ridere, ma alla fine, quando si era resa conto che Mav era quanto più serio potesse essere mentre si comportava come un bambino, si decise a sporgersi verso di lui per lasciargli un veloce bacio sulla guancia. Gli aveva scompigliato i capelli mentre tornava a sedersi al suo posto «Contento?».

Maverick sorrise soddisfatto, incrociando le braccia al petto e annuendo «Molto.» affermò poi, rinfilandosi una cuffietta «Almeno hai smesso di essere nervosa per il lavoro.» le fece l'occhiolino prima di tornare ad ascoltare la musica.

Sara sospirò piano, lanciandogli un'ultima occhiata e chiedendosi per l'ennesima volta nel giro di qualche ora se davvero valesse la pena di fare tutto quel viaggio. Si era rimessa le cuffie, allacciandosi la cintura di sicurezza e chiudendo gli occhi mentre cercava di rilassarsi sul sedile. Almeno, si impose di pensare, avrebbe visto un nuovo paese.

Il volo era stato incredibilmente tranquillo per fortuna, il tratto privo di turbolenze le aveva permesso di riposarsi e dormire un po' e, persino una abituata agli aerei quanto lei, preferiva non passare ore in una scatoletta di latta sospesa in aria che veniva scossa dal vento. Era stato Maverick a svegliarla poco prima dell'atterraggio, scuotendola gentilmente per una spalla. 
Si era limitato a rispondere al suo sguardo interrogativo accennando al segnale luminoso sopra le loro teste che chiedeva di riallacciare le cinture; probabilmente nemmeno lui aveva troppa voglia di parlare, se i capelli scompigliati dal sonno e il modo in cui si stava stiracchiando volevano dire qualcosa probabilmente anche lui non doveva essere sveglio da molto. 

Per fortuna i loro bagagli erano arrivati a destinazione con loro, piuttosto che perdersi da qualche parte lungo il lungo cammino che dalla Spagna li aveva portati fino a lì. Era in piedi spalla a spalla con Maverick quando il manager di quest'ultimo gli aveva indicato un'anonima macchina nera, parcheggiata poco lontana dalle porte dell'aereoporto. 

«Quella è la tua auto,» disse il manager, avvicinandosi a Maverick, il suo tono era spiccio e ben poco cordiale, ma era comprensibile, quell'uomo sembrava lavorare ventiquattr'ore su ventiquattro «io e la tua amica ti seguiremo in taxi.»

Per quanto non le piacesse essere definita "l'amica" di qualcuno, perché lei un nome ce l'aveva e non le sembrava nemmeno fosse così difficile da ricordare. Aprì bocca per far notare all'uomo (che sembrava considerarla un fastidio o, in ogni caso, una pessima decisione presa da Maverick) che non era solo un'amica e non era lì per farsi trattare come un'idiota, ma non aveva fatto in tempo a dire nulla.

«Sara,» iniziò Maverick, calcando sul suo nome quasi a ricordarlo anche al suo manager «viene con me, tanto abbiamo la stanza nello stesso albergo. Non vedo quale sia il motivo per cui dovremmo fare macchine separate.» si abbassò gli occhiali da sole sulla punta del naso, i suoi occhi scuri che osservavano il manager quasi a sfidarlo a ribattere. Il signor Sanchez si limitò a stringersi nelle spalle, quasi a concludere quel discorso sul nascere mentre Mav allungava una mano per afferrare anche il trolley di Sara, tirandoselo dietro come se nessuna delle due valigie pesasse nulla.

Sara rimase immobile a guardarlo allontanarsi per qualche secondo, quasi stupita da quel gesto inaspettato, si sbloccò solo quando il pilota si voltò per lanciare un'occhiata da sopra la spalla, accennando con il capo all'uscita come per invitarla a seguirlo. La ragazza si riscosse da quella distrazione scuotendo la testa e nascondendo il colorito rossastro che le sue guance avevano assunto con i lunghi capelli castani. «Non c'era bisogno che discutessi con il tuo manager per la sistemazione nelle auto,» mormorò una volta che lo raggiunse, perché proprio non riusciva a spiegarsi da quando Maverick si comportasse a quel modo, come se proprio non se la sentisse di perderla di vista «Voglio dire, in ogni caso ci saremmo rivisti in qualche minuto all'albergo.» aggiunse poi, mentre lo guardava caricare le valige nel bagagliaio dell'auto.

«Non c'è nulla di male nel voler passare più tempo possibile con te, no?» il ragazzo le lanciò un'occhiata da sotto le lenti scure degli occhiali che indossava «Considerando come sono andati gli ultimi test non avrò molto tempo libero nei prossimi giorni, e tu sarai nella stessa situazione, quindi conviene portarsi avanti.» concluse mentre entravano nell'abitacolo.
Alla guida c'era un uomo dai lineamenti asiatici con addosso un completo casual ma, allo stesso tempo, d'inclinazione elegante, sui toni del grigio e del nero. Non si era nemmeno voltato per rivolgere loro la parola, limitandosi a salutarli con un cenno del capo prima di mettere in moto.

Sara lanciò un'occhiata stranita al ragazzo seduto accanto a lei, chiedendosi per l'ennesima volta cosa ci facesse lei lì, esattamente, soprattutto dato che il modo in cui il muscolo della mascella di Maverick si era teso non appena erano scesi dall'aereo faceva intendere quanto poco il suo amico avesse voglia di chiacchierare in quel momento. Si passò una mano tra i capelli spettinati, osservandolo con attenzione «Proprio non ti piace quella moto, mh?» mormorò alla fine mentre le sue dita intrecciavano le ciocche castane.

Mav sbuffò piano, un sorriso che si faceva strada sulle sue labbra mentre allungava una mano per punzecchiarle una spalla «Mi piace come tu non capisca nulla di moto, ma apparentemente capisci come vanno le cose dalla mia faccia.» le fece notare, la mano calda che si appoggiava sulla sua spalla «Non so come sia, ancora, possibile dopo anni.» concluse, stringendo lievemente la presa prima di riportare la mano sul sedile.

«Non è esattamente colpa mia se le tue espressioni di disappunto sono sempre le stesse.» gli rispose facendo ricadere la treccia disordinata sulla spalla e appoggiava la testa al finestrino, gli occhi che studiavano la strada thailandese e le mani che formicolavano dalla voglia di prendere la macchina fotografica e ritrarre la vita di tutti i giorni di quel nuovo paese in cui aveva messo piede «E tu non mi hai risposto.»

Mav si strinse nelle spalle, un sorrisetto enigmatico a piegargli le labbra sottili «Facciamo che te lo dico dopo le prove.» concluse, incrociando le braccia al petto mentre l'auto si fermava di fronte all'hotel.

Si, sono tornata dopo mesi di assenza con un nuovo capitolo, prometto che ora che ho finito con l'università tornerò a scrivere con più costanza (anche se GiuliaMonroe mi porta sulla cattiva strada non vietandomi di scrivere di Marquez) detto questo, spero il capitolo vi sia piaciuto, se vi va lasciate una stellina e un commento.
Ci si legge alla prossima,
Peace & love,
Kate.

Cold Coffee (Maverick Viñales fanfiction)Where stories live. Discover now