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- È che... Be', ti spiace se guido io?

Ok, ho già detto che Francesca mi lascia senza parole, ma davvero questa non me l'aspettavo. Rimango talmente stupito che la prima cosa che mi esce dalla bocca è una vera e propria idiozia:

- Ma hai la patente?

Lei mi guarda con aria un tantino infastidita, anche se cerca di mantenere un tono ironico.

- Secondo te? Ti avrei chiesto di guidare se non ce l'avessi avuta?

Tentenno.

- Già... Be'...

Come suo solito mette le mani avanti.

- Senti, non è che non mi fidi di te... Solo... Be' diciamo che mi fido di più di me stessa...

E questa è bella! Dove sono finite le ragazze imbranate e che non vedono l'ora di farsi accompagnare ovunque dal ragazzo di turno?

Devo indugiare un po' troppo, perché Francesca abbassa gli occhi e mi fa segno di continuare a compilare i fogli.

- Scusa, hai ragione. Tu paghi, tu guidi. Fai finta che non abbia detto niente.

No! Non posso vederla così! Mi chiedesse anche di tornare a nuoto, la asseconderei!

- Ma no, figurati! Solo che non ci sono abituato: di solito sono io l'autista, anche con i miei compagni di squadra... Comunque non c'è problema! Tieni.

Le passo i moduli e lei tira fuori i documenti per completare la compilazione. Scrive in fretta e noto che ha una grafia piccola e ordinata.

Quando finisce, il noleggiatore ci mostra i modelli disponibili. Leggo rapidamente le caratteristiche e ne indico uno, ma lei mi ferma.

- No, prendiamo questo, costa anche meno.

- Sì, ma ha il cambio manuale.

- Appunto. - Abbassa gli occhi. - Non ho mai guidato con quello automatico, non vorrei fare disastri...

Cioè, davvero ha appena detto che ha paura non saper usare il cambio automatico, o me lo sono sognato?

- Come vuoi...

Saliamo sull'auto che ha scelto, il noleggiatore le consegna le chiavi e Francesca mette in moto.

Allora, precisiamo, non vorrei sembrare un maschilista, di quelli che sostengono, come si dice in Italia, "donna al volante, pericolo costante". Non ho pregiudizi di genere, ci mancherebbe! Non ho mai pensato che le donne non dovrebbero guidare o che gli uomini lo facciano per forza meglio. Vi giuro che non è niente di tutto questo. È solo che non ci sono abituato. Non ci sono per niente abituato.

- Paulo? Ehi!

Francesca mi sventola una mano davanti alla faccia.

- Sì, sì, scusa! Cos'hai detto?

- Imposti tu il navigatore?

Annuisco e lei parte. Noto che fa manovra girando il volante di polso o di palmo, rilassata. Anche la sua guida è tranquilla, prudente, ma sciolta, come di chi è abituato a usare la macchina tutti i giorni. La sua unica preoccupazione è azzeccare la strada che le indica il navigatore.

Quando poi usciamo dal paese e la strada da seguire è una sola, tutta dritta, mi sembra quasi di sentirla tirare un sospiro di sollievo. Di sicuro il suo sorriso si allarga, abbassa il finestrino e ci appoggia il gomito, sempre però tenendo entrambe le mani sul volante.

Accende l'autoradio e cerca una stazione che si senta decentemente. Ne scorre un po', prima di fermarsi su di una che passa musica latinoamericana. Si gira verso di me e mi chiede se conosco quella canzone. Rispondo di no, ma so che non è questo a farle cambiare espressione. Dev'esser stata la mia faccia, per quanto mi stia sforzando di non far trasparire niente.

Spegne la radio e stringe il volante con più forza.

- Cosa c'è? Sto guidando male? Lo so, non sono un pilota di Formula Uno... E probabilmente tu sei molto più bravo di me, ma... Lo ammetto: sono caduta di nuovo negli stereotipi.

Ah, è lei che è caduta negli stereotipi? Davvero?

- Perché?

- Be', ho sempre pensato che i calciatori fossero spericolati, che non sapessero cosa vuol dire "limite di velocità" e cose così... E poi magari tu li rispetti molto più di me quando devo andare a prendere il treno...

Non so bene cosa dire e lei interpreta male il mio silenzio.

- Scusami! Non avrei dovuto insistere per guidare io!

- Guarda che se c'è qualcuno che deve scusarsi per i pregiudizi, quello sono io! Primo perché la tua descrizione corrisponde alla realtà, almeno nel mio caso. E secondo perché ero io che non riuscivo a concepire che una ragazza mi desse un passaggio, invece che il contrario.

Le spunta un sorrisetto.

- Il solito "donna al volante, pericolo costante"?

Sono contento che la prenda sul ridere.

- A dire la verità no, è proprio solo questione di abitudine... Però devo dire che mi hai stupito: sei brava!

- Lo dici perché non mi hai visto parcheggiare!

- Perché? Sei bravissima?

Scoppia a ridere.

- No! Sono capace di fare duemila manovre per poi rinunciare. Il parcheggio a S è la mia disperazione! Anche perché uso la macchina tutti i giorni per arrivare alla stazione, ma lì sono tutti a L.

Cerco di immaginarmi cosa intende, ma non ci riesco.

- In che senso? Come sono?

- Quelli a S sono quelli in cui le macchine sono in fila, muso contro sedere, e per entrare disegni un S. Quelli a L, invece, sono quelli in cui entri solo girando a novanta gradi e sei fianco contro fianco con le altre auto.

Annuisco, proprio mentre entriamo nel parcheggio dell'albergo.

- Ecco, vedi? Lì non provo neppure a entrare. Preferisco quelli laggiù.

Gliene indico uno libero, ma lei fa una risatina.

- Vuoi perdere la caparra? Lì faccio quattro fiancate in un colpo solo, le mie e quelle di fianco. No, no, molto meglio quello.

Entra in un altro parcheggio, un po' più largo di quello che avevo visto io. Spegne la macchina e mi guarda con una strana espressione.

- Vedi, io ho un difetto...

- Uno solo? - cerco di farla sorridere, riuscendoci.

- No, direi proprio di no! Comunque, uno dei miei tanti difetti è che non so chiedere aiuto. Non so se è più la vergogna o l'orgoglio che mi frenano, ma proprio non ci riesco. Mi rendo la vita molto più complicata, ma faccio sempre tutto da sola. Per questo non mi sono fermata prima, chiedendoti di parcheggiare al posto mio. Sarebbe stato semplice, visto anche che già sapevi che sono imbranata, ma...

Francamente non capisco bene cosa voglia dirmi di preciso. Sono contento che mi abbia fatto questa confidenza, che mi abbia mostrato anche il lato più fragile di sè. Però, davvero, ora non so come prenderla.

Rimaniamo imbambolati a guardare il vuoto oltre il parabarezza per un tempo che mi sembra infinito, finché lei non si riscuote con un:

- Vabbè, dai!

Leva le chiavi dal cruscotto e scende. La imito e solo adesso mi rendo conto che ha ancora gli occhiali da sole.

- Ma ci vedi con quelli? Ormai è buio...

Sorride.

- Certo! Ti svelo un segreto: gli occhiali da sole usati di sera rendono tutto più bello, più...ovattato...

Sto per chiederle il significato dell'ultima parola che ha detto, quando sentiamo un urlo.

- Francesca!

Lei si gira, mormora un "merda" e mi lancia le chiavi.

- Tielle tu, non dovessi tornare viva...

E io resto lì, le chiavi in mano e lei negli occhi che si allontana verso quello che si preannuncia come il più grande cazziatone del secolo con il sorriso sulle labbra.

E a me piace pensare di essere, almeno in parte, la causa di quel sorriso.

In vacanza con Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora