Capitolo 3

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La pistola ancora nella mia mano, sudata, pesante come il pensiero di poterla usare ancora. Lo voglio fare, ho bisogno di farlo, non ce la faccio più  ad andare avanti così. Piangere mi sembra l'unica cosa giusta in un mondo in cui niente é giusto. Come può la vita essere più di semplice sopravvivenza quando le persone che amo muoiono?
All'improvviso, Titus entra nella stanza. Spalanca la porta. Non voglio farmi vedere così, mi asciugo le lacrime sul viso con la manica della maglia.
Il suo sguardo si abbassa e si posa sulla mia mano sinistra. Lo abbasso anche io. Ho ancora in pugno la pistola. Sento le lacrime tornare su, spingono per uscire e io le combatto. La gola brucia, i denti sono stretti, ho paura di alzare gli occhi e di non riuscirle a mandare via.
"Devi andartene, Clarke. Il conclave sta per iniziare." Ha una voce più roca del solito, il respiro affannato.
"Sai che non posso. Devo assicurarmi che Aden diventi il comandante. E poi..." sento il nodo in gola stringermi le corde vocali, la voce dapprima tremante viene strozzata dal dolore. Titus, ad ogni modo, capisce quello che voglio dire. I miei occhi cadono sui suoi. Sono rossi e gonfi. Anche lui ha pianto. Mi guarda, io guardo lui, so cosa pensa. Mi odia perché nel letto di morte ci sarei dovuta essere io. Io l'amavo, ma anche lui. É sempre stato come un padre per lei, cosa ci può  essere di peggio che uccidere la proprio figlia?
Prende un lungo respiro, come se quello che stesse per fare gli costasse molto. In verità,  penso che solo il fatto di guardarmi gli costi molto.
Mi fa cenno di seguirlo. Non mi fido di lui, ma ha giurato a Lexa di proteggermi ed é quindi suo dovere farlo. Lascio la pistola, il calcio sbatte a terra con un rumore metallico. Esco dalla porta e Titus la chiude a chiave.
Lasciando quella stanza ho lasciato la mia possibilità  di libertà. Adesso tocca ancora a me salvare gli skykru.
Titus passa una serie di corridoi, tutti controllati da guardie le cui espressioni non sono cambiate con la sua morte, come se non fosse successo niente.
Arriviamo alla stanza del trono. L'unica fonte di luce sono delle candele, che segnano la via per arrivare al tavolo sopra il quale giace il suo corpo, coperto da un lenzuolo. Le lascrime tornano e bruciano più di prima. Non posso lasciarmi prendere dalle mie emozioni, ci sono troppe persone. Ma il dolore in gola si fa sempre più forte e ho paura di non riuscire a parlare.
Aden mi vieni incontro.
"Mi dispiace" dice come se potesse essere colpa sua.
"Cosa ne sarà degli skykru?" Non posso parlare di lei con Aden. Non posso parlare di lei con nessuno.
"Se consegneranno il loro leader ci sarà la pace, come lei aveva stabilito"
"Abbiamo bisogno che vinci, Aden"
"Ce lo ha fatto promettere a tutti. Lexa. Ci ha fatto promettere che avremmo protetto gli skykru. E te" sentendo il suo nome sobbalzo, le lacrime spingono per uscire più forte che mai, il respiro é più veloce e per un secondo penso che il cuore, dal tanto velolce che batte, si sarebbe fermato.
Aden mi guarda, sento i suoi occhi su di me. Poi avvicina le mani al telo che copre il suo corpo e lo abbassa. La vedo ancora, é pallida, ferma. Sembra che stia dormendo e nonostante tutto sembra felice.
Mi ricordo quando l'ho guardata dormire pochi giorni fa. Il suo respiro così regolare, rilassante. Ora niente, l'immobilità fa salire un senso di angoscia, voglio che respiri, lo voglio. Il mio pugno si stringe come per combattere le lacrime, ma queste sono troppo forti, ora bruciano non solo la gola, ma anche gli occhi e hanno preso il cuore e lo stritolano, tanto che sembra che da un momento all'altro debba essere  lacerato. Non ce la faccio più  e sento la prima lacrima uscire. Poi la seconda e la terza e adesso  non si fermano più.
La guardo e mi accorgo che di lei é rimasto solo il corpo. La persona che ho amato, che mi ha amata, se n'é andata e mi ha lasciato qua, in un mondo pieno di dolore, ingiustizie, rabbia.
Le prendo la mano. É fredda. Tutto il suo corpo é freddo, il suo cuore é freddo. Di quell'amore che aveva scaldato entrambe rimane solo il ricordo.
"Lexa..." sussurro, quasi come se il pensiero di lei fosse scappato dalla mia mente e uscito dalla mia bocca.
"Tu l'amavi, vero?" Chiede Aden. Che domanda scontata.
Faccio cenno di si con la testa. Non l'ho mai detto a lei perché  pensavo ci fosse tempo. Mi sbagliavo.
Ho sempre celato i miei sentimenti, messi dopo il dovere, ma adesso nulla aveva più importanza. Non l'ho detto a lei ma non voglio che anche questo rimanga l'ennesimo segreto che rimbomba nella mia testa. Spero che ammettendolo a Aden anche lei possa sentirmi e sapere che comunque, io l'ho sempre amata.














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