27. forgive me

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«Dov'è papà?»

La giornata non era iniziata nel migliore dei modi: Louis era a casa, solo con i suoi pensieri (Danielle aveva il giorno libero) e Adie non faceva altro che chiedergli del padre, questo non contribuiva affatto a provare a non pensare a lui.
Non che il ragazzo ne facesse una colpa alla bambina, ma avrebbe preferito che si accontentasse della sua risposta "È al lavoro, amore".

Così rispose nuovamente «Principessa, papà ha da fare», il suo tono era leggermente infastidito mentre tagliava la frutta da dare ad Adie come colazione: per carità, amava sua figlia con tutto sé stesso, ma gli avrebbe fatto piacere non parlare di Harry.

Lo pensava già abbastanza, non poteva sopportare di sentir uscire il suo nome anche dalle labbra innocenti di sua figlia, guardando nei suoi occhi tristi e i suoi lineamenti preoccupati: non era stupida.
Certo, era piccola per capire cosa stesse succedendo ma era sicura al cento per cento di aver visto il più grande dei suoi papà uscire presto il giorno prima, non tornando neanche per dormire.

«E quando torna?»

Louis sospirò «Non lo so. Non penso a breve»

«Domani deve portarmi al lavoro papi, lo fa ogni giovedì» la piccola prese una fettina di mela e se la mise tra le labbra, guardando suo padre come se potesse far apparire magicamente Harry dalla porta di casa.
Louis prese una caraffa piena di succo d'arancia ed annuì piano, decidendo di non proferire parola mentre portava la pesante brocca a tavola.


One week later

«Sì signor McCoy, penso che potremmo vincere questo caso. Ovviamente se non viene fuori che uhm- che lei è un assassino, stupratore o quant'altro. Perché se succedesse temo che i detective dell'accusa ne verrebbero a conoscenza in poco tempo»

Harry cercò di mantenere un tono professionale per la maggior parte del discorso: era uno dei più bravi avvocati difensori di Londra, non poteva permettersi di farsi prendere dalle emozioni, la sua vita privata doveva restare fuori dal contesto lavorativo.

«Mhm, niente di tutto ciò per mia fortuna. Lotterò per la custodia di mia figlia fino alla fine signor Styles, con lei dalla mia parte sono sicuro che vinceremo questa causa ad occhi chiusi»

Harry si limitò a ringraziarlo con un piccolo sorriso, la valigetta di pelle si trovava già tra le sue mani smaniose di stringerla, di aggrapparsi a qualcosa che potesse tenerlo ancorato a terra.
In quel momento stava pensando alla sua di bambina, osservando il suo cliente mentre questo firmava alcune carte.

«Bene signore, penso che ci vedremo in tribunale martedì. Sempre che non ci siamo complicazioni, che sia chiaro, può chiamarmi non appena ne sente il bisogno»
L'uomo gli fece un debole cenno mentre si alzava in piedi, la sedia stridette contro il pavimento della sala in cui si trovavano.
«Grazie e arrivederci signor Styles, passi una buona serata con la sua famiglia»

Il sorriso di Harry andò pian piano a scemare mentre decideva di stringere la mano dell'altro senza neanche provare a sembrare felice: non rispose

Guardò semplicemente il suo cliente uscire dalla porta di legno, in silenzio.
Un nodo stava pian piano crescendo nella sua gola mentre racimolava tutte le sue cose, i suoi occhi pizzicavano e la sua voglia di deglutire il magone creatosi era aumentata.
Poi, senza salutare nessuno, lasciò il posto di lavoro sentendosi il cuore pesante.

Non aveva idea di se o di quando sarebbe potuto tornare a casa, non aveva idea di cosa fosse successo quella sera al pub e non faceva altro che interrogarsi sul perché delle proprie azioni, su come fosse arrivato a fare un simile torto a Louis, ad Adie.

Overlord ; larry stylinsonWhere stories live. Discover now