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Mi sveglio come al solito con l'orribile odore della pipì proveniente dalla cella a fianco alla mia.
Mi siedo sul letto e aspetto la visita mattutina.
Oggi è martedì. Odio il martedì. È il giorno degli antibiotici iniettati con la siringa. L' ultima volta sono finita in isolamento. Non capisco cosa abbiano contro le pillole.
L'nfermiere entra. Merda.
Vedo che prepara l'ago e già inizio a vedere le stelle. Mi rintano nell'angolino più buio di questo buco sperando che capisca che non sono pazza, ma che ho una paura matta di quegli aggeggi.
Purtroppo lui è addestrato come tutti gli altri a non cercare di comprendere i pazienti, ma a farli obbedire a tutti i costi. Vedo entrare altri due omoni che sembra vogliano cattuararmi e darmi qualche sedativo. Quindi un'altra siringa. Grande. Si incamminano verso di me e mi bloccano; per un pò lotto ma poi quando sento un dolore lancinante mi accascio al suolo. Come poteva andare altrimenti?
Mi risveglio in una cella bianca. Indovinate un pò dove sono?
Mi guardo in torno e vedo una faccia conosciuta.
-Ehi amico. Ti sei fatto un bel viaggetto vero?- gli chiedo sperando che sia sveglio e che non stia sognando ad occhi aperti, come suo solito
-Ehi amica, tu mi chiedi se ho mai viaggiato in vita mia. Si, ho viaggiato, anche se non si direbbe, e non ho ancora smesso.
Ogni volta che all'alba apro la finestra, vedo il mare blu che mi abbraccia con la sua salsedine e mi sussurra all'orecchio storie mai narrate con lo stridio dei suoi gabbiani.
Quando esco di casa mi ritrovo a Roma, a fare colazione al bar e a visitare la città che si sveglia con l'aurora rosa. Visito il Colosseo dove incontro i miei amici spettri di Gladiatori che si allenano e mi accolgono tra loro sotto lo sguardo dell'Imperatore.
Appena il sole si fa più alto, me ne vado a nuotare nei flutti del mediterraneo e mi immergo sott'acqua e sotto la luce che posso quasi toccare.
Poi, riemergo e sono in Egitto, dove vado a scalare le piramidi; ne discendo in Cina sulla grande muraglia dove mangio un po' di cibo del luogo.
Chiudo gli occhi un attimo e mi ritrovo in Canada, nella foresta, a correre con i cervi tra le sequoie e a gridare coi falchi e le aquile. Ad ammirare lo sconvolgente spettacolo delle cascate del Niagara da cui nascono i meravigliosi ponti arcobaleno che non smettono mai di affascinare; come nemmeno il suo eterno baccano e le sue gocce e i suoi schizzi che mi colpiscono in pieno.
Una goccia mi atterra sul labbro, la bevo chiudo gli occhi e sono a New York a mangiare una pizza e a bere vino in centro mentre il sole rosso tramonta tingendo il cielo di iridescenti figure e colori.
Poso il bicchiere e sono in una cueva spagnola a ballare il flamenco coi gitani e a ballare il tango coi tangueri e a divertirmi come un matto su quelle note e quella pista.
Piroetto con una gitana e sono di nuovo a letto, con le mani giunte in grembo e gli occhi chiusi a dormire.
Una donna circonfusa di luce argentata entra nella mia stanza, si siede sul mio letto, mi racconta delle storie e mi bacia sulla bocca, poi se ne va. La mia gioia e la mia vita, ogni notte viene da me e poi se ne va via ma torna sempre.Per questo la amo, lei è liberta, lei è la luna, lei è Diana.
In mezzo a tutta questa nebbia di parole ho dimenticato di dirti il mio nome. Io sono Endimione e questo è il mio modo di viaggiare e non mi fermo mai nonostante io sia sempre immobile e dormiente.-
So benissimo qual'è il suo nome, come lo sa tutto l'ospedale.
Lui sembra tanto innocente, un innocuo sognatore, ma se non lo lasci sognare diventa qualcun altro. E' capace di metterti le mani al collo e di sfondarti la testa contro il muro.
Ormai lo trovo sempre qui perchè da spesso di matto dto che tutti hanno sempre qualcosa da dire sulla pazzia altrui. Non possono farsi i cazzi loro e pensare alla loro fottuta pazzia invece di quella degli altri?
-Tesoro, lo sai che presto ti ritroverai il braccialetto se continui così?-
-Già, colpa loro.-
Ti danno il braccialetto quando sei completamente andato, spiritato, fottuto.
Se hanno intenzione di darlo a me, non oso immaginre cosa daranno agli altri.
Forse non se ne accorgono, forse è colpa mia perchè mi faccio sempre notare, ma non hanno ancora capito che i pazzi sono loro stessi.
***
Mi hanno fatto uscire dopo due giorni cazzo. Sono uscita di corsa appena hanno aperto quella schifosa porta di ferro arrugginito e sono andata a buttarmi in giardino.
So che così facendo non faccio la cosa migliore per dimostrare la mia sanità mentale, ma mi serve un pò d'aria fresca. Mentre striscio sotto un albero di ulivo realizzo che tra poco verranno a cercarmi per farmi le flebo. Altro guaio. Non capisco perchè se uno non vuole mangiare perchè il cibo in questo posto fa schifo devono per forza nutrirti in qualche modo.
Vedo Tate incamminarsi verso di me insieme ad una di quelle infermiere che all'apparenza sembrano brave e gentili. Lui si siede vicino a me e lei prende qualcosa dalla tasca del camice.
-Lo sai che la gente è strana? Non siamo i soli sai.- mi dice.
-Questo lo sapevamo già, no?-
-La gente non va in giro a dire quello che prova e quando lo prova. Tiene la guardia, mette dei muri e altre metafore...-
- Perché?- sento un bruciore al braccio.
- Perché siamo tutti incasinati, impauriti e pieni di complessi. E se iniziassimo tutti a dichiarare i nostri sentimenti a ogni persona per cui li proviamo, finiremo con l'essere felici, immagino.-
Mi giro dalla parte dell'infermiera e noto l'ago infilato nel mio braccio.
Quando mi rendo conto di quello che è appena successo mi gira un pò la testa, ma poi mi rendo conto che lui è il mio sedativo.
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Al prossimo capitolo!🥀🖤
(perdonate i piccoli errori di battitura :(, scrivo dal computer e non sono molto pratica a mettere gli accenti ecc..)

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