11°Capitolo

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Aprí gli occhi lentamente per dare modo alla mia mente di credere a quello che i miei occhi non volevano vedere: la luce!

Era molto debole e senza calore ma trapassava il cielo coperto di nuvole come una debole speranza. Incominciavo a credere che qui fosse perennemente notte ma evidentemente mi sbagliavo. Il cielo era coperto di nuvole grigie e tra qualche spiraglio si vedeva un pó di luce.

Ah.

Improvvisamente mi ricordai della notte precedente. Mi ricordai di tutti i gesti, le parole e gli sguardi di Ciel e di come ci eravamo addormentati, ancora con le mie parole su mio nonno che alleggiavano nell'aria. Mi resi conto che, in fondo, eravamo entrambi vittime di qualcosa di crudele. Lui, condannatato all'evanescenza per l'eternitá e con il vuoto che suo padre aveva creato dentro di lui, uccidendolo. Io, vittima dei pregiudizi della gente e sconfortata perchè i miei poteri non erano grandi come tutti si aspettavano, fino ad ora.

Mi resi conto che qualcosa premeva  sulla mia pancia. Abbassai lo sguardo e vidi il braccio di Ciel intorno alla mia vita, che mi stringeva con fare protettivo. Solo allora notai com'era vestito: portava una camicia blu scuro abbottonata fino a metá che lasciava intravedere il petto scolpito (al solo pensiero di come poteva essere a torso nudo, il cuore prese a battere piú che mai e la mia faccia diventó un peperone) e che era infilata dentro dei pantaloni neri.

Ciel vestiva molto elegante.

Mi soffermai a osservare il suo viso, ora potevo guardarlo indisturbata. I  suoi lineamenti, giá dolci di proprio, nel sonno prendevano una piega ancora piú morbida e il suo viso sembrava quello di un bambino indifeso che doveva essere protetto dal mondo. I suoi capelli erano  arruffati e andavano in tutte le  direzioni. Insomma, era bello come un dio greco, anzi meglio.

A quel punto le sue ciglia tremarono leggermente e anche lui aprí gli occhi letteralmente accecato

-Cos'è tutta questa luce?- brontoló. Intanto portó il braccio, che prima era sulla mia vita, davanti agli occhi.

-Finalmente, vorrai dire- sussurrai per non stordirlo, di mattina è meglio parlare a voce bassa altrimenti una persona potrebbe infastidirsi o stare male. Lui, al suono della mia voce, giró di scatto la testa verso di me, come ricordandosi della notte precedente e... Mi fece un sorriso enorme. Io ricambiai.

-Ecco come svegliarsi di buon umore- mormoró mezzo addormentato. Si avvicinó ed incastró la testa nell'incavo del mio collo. Ci stava alla perfezione. Riportó il braccio destro intorno alla mia vita e sospiró. Io ridacchiai leggermente per quel contatto che era venuto fuori cosí naturale e perfetto, e anche perché ero visibilmente imbarazzata.

Cercai di rilassarmi e mi venne in mente una cosa, risalente al giorno prima.

-Ciel?-

-Si?- mormoró

-Avete un albero genealogico qui?- sapevo che non era il momento adatto per dire certe cose ma non potevo proprio tenermi la domanda per dopo. Lui scostó il viso dal mio collo e di colpo io sentí freddo, volevo che ritornasse come prima. Mi voltai verso di lui e con sollievo notai che aveva un leggero sorriso che gli increspava le labbra piene

-Non sai proprio aspettare eh?-

-Non credo- dissi con un sorriso "angelico". Lui sospiró e in un attimo lo trovai disteso da un lato con il gomito sul cuscino e la mano che faceva da poggia-testa

-Lo sai vero, che non potró essere sempre qui con te?- disse tranquillamente.

-Cosa?- quasi urlai. Non potevo rimanere da sola. Nonostante io mi sentissi cosí bene in compagnia del mio fantasma preferito, lí ero ancora considerata una prigioniera, chissá cosa sarebbe capitato!

-Mi dispiace Aranel, ma io ho i miei doveri in quanto principe- continuó. Probabilmente, in quel momento, la mia faccia era di una bimba che stava per piangere perché lui mi guardó con una tenerezza che non credevo di poter mai vedere sul volto di qualcuno.

Si chinó e mi bació la fronte rimanendo con le labbra a contatto con la mia fronte per molto tempo. Io ero in paradiso. Sentivo tutte le emozioni possibili e immaginabili incrociarsi in me in quel momento.

Poi, dopo minuti, o forse ore, si staccó

-vieni- disse-forse so dove puó trovarsi l'albero genealogico-

Cosí, dopo esserci cambiati (ognuno nella propria stanza ovviamente), ci incontrammo in corridoio e da lí proseguimmo per una scala a chiocciola che andava fino ad una torre (un'altra). Ci ritrovammo di fronte ad una porta. Allungai una mano per afferare la maniglia

-No, Aranel non tocca...- urló Ciel ma era troppo tardi ed io mi beccai una piccola scossa, ma molto dolorosa, nella mano. La ritrassi velocemente. Ciel mi si avvicinó e mi prese la mano ferita, corrugó le sopracciglia, era proccupato.

-Vieni, andiamo dal nostro medico- disse. Non potevamo andarci! Io ero determinata a trovare i due ragazzi predestinati e non mi avrebbe fermato una semplice mano scottata.

-No, continuiamo- dissi risoluta. Lui mi guardó leggermente sbalordito e annuí

-Questa porta è sempre stata bloccata con un incantesimo di bolccaggio e non si puó aprire se non con un incantesimo congiunto- spiegó - ora devi concentrarti e far fluire tutta la tua energia verso la tua mano destra- sussurró per la concentrazione. Chiusi gli occhi e feci altrettanto. Trovai il punto dentro di me dove ristagnava la mia energia magica. Io la immaginavo come una piccola luce d'orata e luccicante che aspettava solo di essere usata.

Portai questa pallina nella mia mano destra.

Click

La porta si sbloccó e piano piano si spalancó, permettendoci di vedere al suo interno.

Era una semplice stanza, piccola e vuota con la moquette verde. Alle sue  pareti si estendevano intricate linee che portavano a nomi scritti in bella grafia. Si vedeva che era una stanza molto antica per le ragnatele attaccate agli angoli.

Entrammo e Ciel incominció a cercare la 2°generazione. Mi guardai intorno e l'occhio mi cadde su un nome, in alto a destra

Euridice Goldlight

Mi avvicinai non potendo credere ai miei occhi. Quello era il nome di mia madre. Questa stanza ritraeva gli alberi genealogici di entrambe le famiglie, luce e buio.

Lo feci notare a Ciel ma lo sapeva giá. Scorsi con lo sguardo piú in giú e trovai il mio nome

Aranel Goldlight 1° di 2°Generazione.

Spalancai gli occhi.

No.

Mi rifiutavo di crederci.

Non poteva essere cosí.

Mi voltai verso Ciel. Anche lui aveva trovato il suo nome e ora lo guardava come se fosse una creatura strana con cui bisogna fare i conti.

Ciel Silvershade 1° di 2°Generazione. Si voltó verso di me leggevo tutto lo stupore e la paura nei suoi occhi, che riflettevano i miei, uguali. Noi eravamo i ragazzi della maledizione e noi eravamo condannati a soffrire. Come se non avessimo sofferto abbastanza.

-COME OSATE ENTRARE QUA DENTRO??!!- tuonó una voce. Ci riscuotemmo e spaventati ci voltammo verso l'origine del suono. Era un uomo, alto con la carnagione cadaverica scavata da molte rughe, gli occhi erano neri e i capelli del medesimo colore, era in giacca e cravatta, tutto nero. La forma del viso, dolce e tranquilla, mi ricordava qualcuno. Ora peró il viso era l'opposto del dolce e del tranquillo.

Ciel, chi è quest'uomo? Chiesi con la mente a Ciel

Questo é mio padre

Spazio autrice:

Ta taaaaan! Ho fatto finire im capitolo con un pó di suspance a come avrete notato. Questa volta ho provato a fare piú lungo il capitolo anche se, riguardando il 10° non mi sembrava poi cosí corto -.- Comunque d'ora in poi per vostra felicitá, gli allungheró un pó ok?

Saluti

Salla

Light and DarkWhere stories live. Discover now