Camera 26

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- La nostra razza è qui da troppo tempo e noi vi rimaniamo per troppo poco per nasconderci dietro simboli che non intendiamo. A questo punto la tua risposta si riduce a un elementare sì o no. Sì: avremo una spero piacevole conversazione a un tavolo a due, potrei persino offrirti da bere, per il resto della serata. No: me ne andrò da qui senza insistere. -

Circa 20 minuti di camminata dopo Jacob era ancora alla ricerca di un albergo. Da solo.

Prese a calci una lattina che rotolò pochi metri più in là sull'umido asfalto.

Spazzatura. Come la sua vita, pensò Jacob tristemente, ormai al culmine. Era stufo. Era pieno.

La sua vita era spazzatura. Avrebbe potuto prenderla se avesse avuto una consistenza, se fosse stata un oggetto qualsiasi, e gettarla dalla finestra. Si sarebbe assicurato che fosse stata la finestra del piano più alto a disposizione. Voleva vederla spiaccicata, frantumata a terra, con i resti sparsi tutto intorno.

Un ringhio gli si formò in viso.

Non riusciva a combinare niente. Con il lavoro. Con le donne. Con sé stesso.

Tutto gli sembrava non suo, come se fosse stato costretto a vedere quel film che era la sua esistenza, legato alla poltroncina, scomoda, del cinema. Non poteva andarsene. Avrebbe dovuto sorbirsi il film fino alla fine.

E come succede spesso nei film, una macchina passò un po' troppo vicino al marciapiede, un po' troppo forte. Il guidatore era felice, la ragazza che da tempo agognava l'aveva chiamato. Di notte. Disperata. Non gli sarebbe ricapitata un'occasione del genere.

Per fortuna Jacob non lo sapeva, altrimenti si sarebbe ritrovato a odiare ancora di più se stesso e l'autista che gli schizzò addosso quasi due litri buoni di acqua grigia.

L'universo non guarda in faccia nessuno, si ritrovò a pensare, fradicio e infreddolito. Ebbe un brivido. Non per il freddo.

Ti travolge. La ruota deve girare. Se ti trovi in uno degli interstizi, il mondo è bello. Se ti schiaccia, il mondo fa schifo.

Su Jacob stava addirittura facendo retromarcia, per come la vedeva lui.

Macinò ancora un centinaio di metri quando sul lato opposto della strada apparve una folgorante insegna, come un momento di insight, quando un tassello del puzzle ti fa capire il disegno della forma completa in anticipo.

Forse gli sembrò folgorante all' inizio, ma più si avvicinava, più si accorgeva che l'insegna non era poi messa tanto meglio del suo stato emotivo quella notte.

Della scritta "Charles The Second" le lettere ancora in funzione erano "Ch" "rles" e "S" "con" di cui una funzionava a intermittenza, come una lucciola morente.

Molto rassicurante, pensò Jacob con sarcasmo, fissando le lettere oscurate.

Bhe, peggio di così non potrà più andare ormai, e, tirando un sospiro che si trasformò in uno sbuffo di vapore nella fredda notte già umida di per sé, si incamminò verso l'entrata.

Era un abbastanza anonimo albergo a 3 stelle, constatò Jacob mentre attraversava l'uscio affiancato da grossi vasi con piante. Non troppo scadente ma neanche troppo elegante. Meglio, non gli sarebbe costato un occhio dalla testa, almeno. E aveva assolutamente bisogno di un letto. E di un po' di tuono prima, aggiunse mentre il prurito iniziava a diventare insopportabile.

Era come se tanti piccoli millepiedi gli stessero percorrendo il corpo da sotto la pelle.

Non osava guardarsi le mani per paura di vederseli lì, a disegnare intricati ghirigori con i loro corpi allungati.

Creepypasta - Second BookWhere stories live. Discover now