CAPITOLO 1

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La sala riunioni era davvero ben arredata. Una stanza grande circondata da enormi finestre dalle quali entrava una luce radiosa anche in una giornata decisamente cupa come era quella mattina di fine maggio. Al centro un tavolo in mogano contorniato da poltroncine in pelle imbottite con soffici cuscini. Quella stanza era da sempre sinonimo di stile ed eleganza, e in quella stanza erano state prese alcune tra le decisioni più importanti per le sorti della nazione. I quattro uomini seduti intorno al tavolo avevano tutti una cartelletta posata sullo stesso tavolo contenente dei documenti estremamente segreti che avevano aperto e che consultavano con attenzione. Facevano tutti parte dell'agenzia, due di loro erano già stati al comando di operazioni, gli altri due erano dei semplici sottoposti, ma avevano tutti una particolarità agli occhi del supervisore: erano affidabili, persone estremamente sicure. L'uomo seduto al vertice del tavolo, parlò con voce calma e un tono rassicurante «Avete davanti a voi la situazione» disse alzando lo sguardo sui quattro che annuirono «se il senato voterà la risoluzione, non credo che avremo altre possibilità» continuò.

«E' un piano rischioso» disse l'uomo alla sua destra toccandosi la fronte. Dei quattro seduti era quello più anziano, quello con più esperienza sul campo «potremmo rischiare di scatenare una guerra» continuò alzando gli occhi sull'uomo a capo tavola. Il supervisore si girò a guardarlo «Vedi un'altra soluzione?» chiese rivolto all'uomo che aveva parlato. L'uomo si passò una mano tra i capelli, era a disagio e confuso questa operazione era rischiosa e lui lo sapeva, ci sarebbero stati dei morti, dei danni collaterali come venivano chiamati nel loro gergo, ma aveva fatto una scelta quando aveva iniziato a lavorare per l'agenzia e deciso di servire il suo paese con tutto se stesso, e non ci avrebbe rinunciato adesso, danni o non danni collaterali. «No» rispose convinto «non vedo altre soluzioni». L'uomo seduto a capo tavola sorrise compiaciuto «Bene signori» disse guardando gli altri seduti «allora è deciso, diamo inizio all'operazione Black Storm» concluse alzandosi dalla tavola e avviandosi ad uscire dalla sala.

                                                                                    ***

Leggermente in alto sulla collina, l'uomo che stava trasformando una vecchia cascina abbandonata nella sua casa, si stiracchiò vicino al piccolo falò che aveva acceso poche ore prima. Se era riuscito a dormire fra rocce e cumoli di neve poteva tranquillamente farlo anche sull'erba soffice e il terriccio. Era felice, era riuscito a fare due ore di sonno senza incubi, prima che questi arrivassero a svegliarlo di soprassalto. Appena alzato guardò il sole che stava sorgendo dal mare ansimante e sudato, ma il suono delle onde che si infrangevano sulla piccola spiaggia sottostante, lo fece ritornare ben presto tranquillo. Quando aveva acquistato quella cascina e il terreno che la circondava, lo aveva fatto anche per quello, per quella sensazione di pace che si respirava in quel posto isolato e lontano dalla confusione e dai rumori della civiltà. Era quello di cui aveva bisogno, pace, soprattutto ne aveva bisogno la sua anima. Mise la sua gavetta sulle braci rosse del falò nel tentativo di prepararsi un thè e ritornò a guardare lo splendido panorama del sole che sorgeva dal mare. Si voltò leggermente di lato a guardare la cascina che sarebbe diventata la sua casa. Aveva fatto un buon lavoro, mancavano solo un centinaio di tegole per sistemare l'esterno in modo da poter dormire con un tetto sulla testa, il resto lo avrebbe fatto poco alla volta. La gavetta sfrigolò sulle braci ardenti e lui prese la tazza e la bustina di thè. Era andato all'emporio in paese qualche giorno prima per comprare qualche provvista e qualche attrezzo da lavoro scatenando la curiosità dei pochi paesani che lo incontravano. Aveva risposto a tutti con un saluto e un sorriso e sulla strada del ritorno si era fermato alla piccola chiesa del paese. Nella quiete scura delle antiche pietre con cui era costruita si era seduto a pregare. Aveva chiesto perdono a Dio per tutti gli uomini che aveva ucciso e aveva pregato per le loro anime. Poi aveva recitato un eterno riposo per tutti i commilitoni che erano caduti al suo fianco, ma soprattutto, fissando la croce che scendeva dal soffitto sopra l'altare, aveva chiesto perché lui fosse ancora lì? Perché non era caduto insieme ai suoi uomini? Cosa voleva ancora Dio da lui? Aveva atteso per qualche minuto invano, continuando a guardare quella croce, una risposta che non era arrivata prima di uscire dalla piccola chiesa e avviarsi alla sua cascina. Doveva ristrutturare una casa, ma soprattutto doveva ricostruire la sua vita.

                                                                                        ***

L'anziana donna era seduta su una sedia a dondolo in vimini davanti all'ingresso della sua vecchia casa, il volto stanco e rugoso da una vita passata a lavorare la terra sotto il sole caldo e, specie in estate, afoso. La casa si affacciava sulla strada principale del paese e aveva sul retro un piccolo appezzamento di terra dove ancora la donna aiutata da sua nipote coltivava frutti e ortaggi di stagione. Quella casa era tutto ciò che aveva, era tutto il suo mondo. Sorrideva salutando al passaggio dei compaesani, quel paese era il suo piccolo universo dove si conoscevano tutti e tutti sapevano tutto di tutti. «Maria» chiamò la donna gridando. La giovane nipote comparve sulla porta «Che c'è nonna» rispose mentre si asciugava le mani al grembiule che aveva intorno alla vita. Maria era una bella ragazza di quasi venticinque anni cresciuta con i nonni che si erano presi cura di lei alla morte dei suoi genitori quando lei aveva tre anni. I capelli neri ricci erano legati dietro la testa a formare una treccia, gli occhi marroni erano profondi e grandi tanto da mettere a disagio chiunque cercava di sostenere il suo sguardo. Nel piccolo paese tutti erano innamorati di lei, la gente era convinta che se fosse nata in una grande città sarebbe diventata un'attrice famosa per quanto era bella, ma lei era rimasta accanto alla nonna specialmente dopo la morte del nonno avvenuta dieci anni prima. Quella casa, quel paese, erano tutto quello che aveva, e sua nonna era tutta la sua vita. «Maria, non ricordo se ho preso le pastiglie questa mattina» disse la vecchia girando lo sguardo verso la giovane nipote. «Nonna te le ho date io dopo la colazione» sorrise la ragazza, sua nonna in alcuni momenti sembrava perdere la memoria sempre più spesso e lei cercava di non farle notare la cosa con un sorriso divertito. L'anziana fece una smorfia di mortificazione «perdonami Maria ma certe volte i ricordi si confondono» cercava di scusarsi. La ragazza si avvicinò alla nonna seduta sulla sedia e, chinandosi, le diede un bacio sulla fronte rugosa sintomo degli anni trascorsi, «non scusarti nonna» disse sorridendo dopo averla baciata, poi avvicinandosi al suo orecchio «vieni dentro ora, il pranzo è quasi pronto» finì la frase porgendole il braccio per farla alzare. La donna sorrise e prese il braccio della giovane nipote in modo da aiutarsi a mettersi in piedi «che farei senza di te» disse l'anziana. Maria la prese dunque sottobraccio e sostenendola rientrarono in casa.

REBORNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora