-Quello che non è stato raccontato - Clato

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"Ciao a tutti! :3 sono abbastanza nuova qui quindi non uccidetemi, ma volevo provare a postare una ff che ho scritto sulla Clato -HG- e sulla loro storia, da quando Cato e Clove si sono incontrati fino all'Arena. Ora posto il primo capitolo e spero che qualcuno si interessi! Fatemi sapere cosa ne pensate, mi fareste davvero felice.

Enjoy! ~Rebs"

CAPITOLO 1

Ero proprio tesa quel giorno: in effetti era anche la prima volta che mettevo piede all'accademia, ma io ero brava, furba, svelta e soprattutto fredda e calcolatrice. Se qualcuno si ricordava di me( o se aveva ancora la possibilità di farlo) era solo pura fortuna: la dea bendata a volte ne elargiva troppa a chi non se la meritava e troppo poca a chi ne aveva un disperato bisogno. Come me. Me lo avevano detto e ridetto :" signorina o la smetti di fare la teppistella o neanche il tuo buon nome e la tua abilità ti salveranno!" . Certo, come se non fosse già abbastanza essere il trofeo da esporre in un paese cosí squallido e misero.

Tutto era cominciato quando aveva cinque anni e, invece di giocare alle bambole, la bambina con le piccole trecce nere sempre un po' disfatte aiutava suo padre a vendere merce rubata, o di contrabbando. Tra questa robaccia inutile c'era però qualcosa che l'affascinava molto, un coltello di media grandezza, con il manico d'osso e degli strani disegni, simili a serpenti neri , incisi sopra. Quell'oggetto l'aveva colpita a tal punto da farle desiderare di nasconderlo affinché non fosse mai venduto. Fu uno stratagemma utile, ma ben presto il padre se ne accorse e invece di venderlo decise di mettere alla prova la bimba :" scommettiamo. Se tu in un anno, senza fare storie, riesci a vendere più di quello che vendo io, il coltello sarà tuo. Ok tesoro?". Ovviamente il padre non poteva sapere che la piccola, forse fin troppo piccola, non avrebbe ceduto, o cambiato idea. alla fine dell'anno successivo infatti riuscí a raccimolare più soldi di lui, senza farsi beccare dai pacificatori, che la vedevano come una piccola innocente. Già, anche loro. Ecco come era cominciato tutto, come la mia vita era drasticamente cambiata.

Ormai i pensieri stavano cominciando a svanire man mano che salivo i gradini delle scale che portavano dal direttore, sempre più vicino e terrificante. Ma quel ricordo, il momento in cui scagliai contro un albero il mio primo coltello, fu l'attimo più sereno della mia vita. Un istante cosí nitido e sempre cosí reale nella mia mente... Ovviamente dopo il primo lancio ce ne furono molti altri, persino troppi; e fu cosí , in un mondo in cui l'arte di uccidere veniva glorificata, che mi ritrovai dritta sulla via per l'inferno.

Ci furono uno serie di pestaggi, lotte, contrabbandi... E fu cosí che mi ritrovai quel giorno a salire quei maledettissimi scalini, uno dopo l'altro.

Senza quasi pensarci ero seduta su una comoda poltrona di pelle in un ufficio troppo lussuoso per gli standard a cui ero abituata. -" salve signorina.... Clove giusto? E scusi di cognome?" mi chiese con poco interesse il direttore," non importa il mio cognome, l'importante é che io sia qui come volevano tutti , giusto?" aggiunsi con una nota di sarcasmo amaro. Il direttore peró non sembrava affatto turbato :" non voglio togliere tempo prezioso all'allenamento. Prego esca pure e raggiunga i suoi compagni in palestra, cosí darà dimostrazione del suo valore agli istruttori". Eccomi cosí di nuovo sulla rampa, pronta ad affrontare nuovi stupidi idioti, che purtroppo respiravano ancora. Oh se solo li avessero chiamati tutti alla mietitura! Che liberazione! Se gli hunger games, oltre che ad uccidere 24 innocenti avessero potuto almeno liberare il mondo dagli esseri inutili... Ero arrivata. Mi trovavo in un grande spiazzo pieno di attrezzatura da combattimento, compreso un ring per il corpo a corpo e una sezione dedicata al tiro al bersaglio: ogni tipo di manichino possibile e immaginabile, con colori diversi in base ai padiglioni e ovviamente all'allenamento.

Fu proprio li che lo vidi la prima volta: maneggiava una spada corta, dall'aria pesante, e sferrava colpi potenti in ogni direzione riuscendo a tranciare con un colpo netto la testa di ogni manichino da addestramento. Aveva un fisico massiccio, e le braccia scoperte mettevano in risalto i muscoli tonici che le formavano. Era biondo, capelli corti ma non troppo, la giusta misura insomma. E gli occhi. Erano qualcosa di meraviglioso, tra l'azzurro ghiaccio e il grigio, un misto di luce e ombra, insieme. Compiaciuto per aver decapitato la maggior parte dei manichini, sorrise e alzò lo sguardo: non appena mi vide con quei suoi bei grandi occhi riuscii a scorgere un lampo, uno sguardo di sfida e altezzositá allo stesso tempo. Nessuno osava sfidarmi, e non poteva farlo neanche lui. Cosí mi girai ,andai vicino ad uno scaffale, e presi una serie di coltelli a lama seghettata e tornai indietro : feci compiere ai coltelli un tragitto preciso, che bloccò il mio sfidante al busto squarciato di un manichino. " e la prossima volta- dissi - impara a guardarmi come si deve, con rispetto" osservai lo stato attonito degli istruttori e poi mi diressi verso la porta a grandi falcate, congedandomi per il pranzo. Trovato un tavolo vuoto e qualche cosa da mangiare che non fosse scaduta da 1 settimana, cominciai a guardarmi intorno, per vedere in che posto dimenticato da dio ero finita: se non altro potevo allenarmi con i coltelli. Gli altri ragazzi sedevano in gruppetti e chiacchieravano di armi e di tecniche di combattimento, come era normale per i ragazzi della loro età del distretto 2 . Venivi addestrato da quando eri piccolo fino ai 18 anni, quando ormai non potevi più essere estratto. Destino crudele, quello di finire nell'arena cosí giovani, ma per la tua famiglia e il tuo paese era un onore, un privilegio, e bisognava andarci preparati per non fare brutta figura, ovvio.

-Quello che non è stato raccontato - ClatoWhere stories live. Discover now