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Mi sto annoiando. Mi. Sto. Annoiando. Non era mai capitato. Io, Paulo Dybala, che in vacanza si annoia. Cosa mi sta succedendo? Credo ci sia una sola spiegazione: sono solo. Niente parenti, niente amici, niente ragazza. Non che abbia nostalgia delle mie ex, ma essere qui, senza nessuno con cui parlare, con cui condividere questi giorni, mi sta facendo deprimere. Mamma mi aveva proposto di andare da loro, visti i pochi giorni che avevo potuto prendermi a Natale, ma sapevo che sarebbero stati tutti al lavoro e avevo preferito evitare. Ma ora... Ora quasi quasi disdico qui e me ne volo in Argentina, a casa.

Non mi riconosco più! Cos'è di preciso che mi ha reso così? Possibile che sia diventato completamente incapace di divertirmi?

Mi alzo e mi butto in acqua. Nuotare potrebbe essere una buona distrazione.

Una bracciata dopo l'altra mi sforzo di tendere i muscoli, fino a sentirli quasi fare male. Li sforzo, li porto al limite.

Devo smetterla. Devo cercare di rilassami. E francamente non riesco a capire perché mi riesca così difficile.

Lascio perdere la concentrazione, lascio che la mia nuotata diventi spontanea e non più controllata in ogni suo particolare. Mi abbandono come facevo molto, molto tempo fa.

La mia mente però deve trovarsi un'altra occupazione. E, non so perché, penso ad Antonella. Con lei non nuotavo tantissimo, avevamo di meglio da fare quando eravamo in vacanza. Ma era bello stare con lei sul bagnasciuga o immersi in acqua fino alla vita. Era bella lei. E io la amavo. In questo momento mi sento davvero un coglione. Potrei essere qui con lei ora. Ma ho preferito rovinare tutto. E per cosa, poi? Certo, se non ci fossero stati i paparazzi probabilmente la cosa sarebbe semplicemente finita lì, ma non è andata così. E davvero mi rendo conto di quanto cretino sono stato. Tutte quelle che sono venute dopo... Be', mi dispiace ammetterlo, ma erano solo un riempitivo, il mio personale modo di non sentire più quel vuoto dentro. E ora quel vuoto è diventato una voragine. Così grande che sono qui da solo. Non ho invitato nessuna a venire con me. Questa volta non ce l'avrei fatta.

Ripenso agli occhi di Antonella mentre mi salutava per l'ultima volta. Quegli stessi occhi che mi hanno fatto innamorare di lei. Li rivedo nella mia mente, così vicini che potrei quasi baciarglieli. Però... Ora che ci penso bene... Non erano proprio di quel colore. Questo è un verde più sul castano che sull'azzurro. E lei non aveva quella specie di anello ambrato intorno all'iride...

Bene! Ho anche dimenticato come sono i suoi occhi. Li confondo con quelli di qualcun altro che non so neanche chi sia. Magnifico! Forse questo vuol davvero dire che non c'è più niente. In fondo a me manca, è vero, ma se ci penso non mi manca tanto lei, quanto lo stare con lei. E mi sa che sono cose ben diverse.

Direi che devo piantarla. Non posso deprimermi perché sono solo e poi perché mi manca Antonella e poi perché forse non è vero che mi manca! Ne va della mia sanità mentale!

Mentre esco dall'acqua vedo il ragazzino dell'autografo che ha trovato un punto da cui sembra ci si riesca a tuffare. Guardando bene, però, mi accorgo che in realtà sta carcando di fare una rovesciata prima di lasciarsi cadere in acqua. Sorrido. Mi sta simpatico. E non solo perché è stato l'unico a riconoscermi, intendiamoci.

Lo raggiungo e gli sorrido.

- Posso? - accenno al pallone.

Lui, senza dire mezza parola, me lo porge.

- Com'è che fai? Così?

Tento di copiare la sua pseudo-rovesciata con tanto di caduta in acqua sulla schiena. Lui mi guarda ammirato.

- Bello! Hai inventato un bel gioco!

Sorride, muto.

- Vuoi che ti insegni a fare una vera rovesciata?

- Davvero?!

- Ma certo!

Lo aiuto a mettersi nella posizione giusta e gli spiego il movimento da fare, poi glielo mostro. Lui prova e mi guarda in cerca di approvazione.

- Sei bravo!

Dal sorriso che gli spunta, capisco che non potevo fargli complimento migliore. Lo osservo, mentre continua a provare e riprovare.

- Perché lo fa?

Mi giro e alla mia sinistra noto che si è materializzata la sorella.

- Davvero, ti prego: dammi del tu. Mi metti in imbarazzo, se no!

Alza le mani in segno di resa, ma la sua espressione non è troppo convinta.

- Ok, ok, come vuo...i! Perché fai così?

- Così come, scusa?

- Perché lo incoraggi, perché gli stai dietro, perché ti interessi a lui? Non ha mai giocato a calcio. Dai, è una pippa!

- Una pippa? Cioè?

- Un brocco, non bravo...

- Perché mi sta simpatico. E non è una pippa come dici tu. Se davvero non ha mai giocato a calcio, è bravo!

- Sì, e da domani lo prendete in prima squadra!

- Non ho mai detto questo.

- E allora perché ti interessi a lui?

- Te l'ho detto, perché mi sta simpatico. In fondo è poco più piccolo di me e mi vede come un mito, qualcosa gli devo, no?

- Ah, perché invece a un bambino che ti fa una domanda non devi niente? Lui si merita di sentirsi dire "non rompermi il cazzo"?

Cazzo! Quel maledettissimo video delle Iene!

- No, ho sbagliato. E infatti ho chiesto scusa.

- Sì, certo. Perché un post su facebook, visibilmente dettato dall'ufficio stampa o dal manager o da chi per lui cambia la sostanza delle cose.

- No, hai ragione, non la cambia. Ma tu non hai mai fatto una cazzata? Non hai mai trattato male nessuno?

- Io non ho mai detto "non rompermi il cazzo" ad un bambino. Magari l'ho pensato, ma non l'ho detto. La differenza tra l'educazione e la maleducazione sta tutta qui.

- E va bene! Sono uno stronzo maleducato. È questo che volevi sentirmi dire?

- No. Volevo che rispondessi alla mia domanda: perché ti interessi tanto a mio fratello?

Ecco, questo, ora che ci penso, vorrei tanto saperlo anch'io.

In vacanza con Paulo DybalaWhere stories live. Discover now