Capitolo 10

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"L'unica cosa che mi veniva in mente era Power."

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Fui così felice di sentire quella risposta che mi mi misi a sedere sul letto.
Lo sforzo mi costò un dolore lancinante alla testa, ma non mi importò, perché pensai di essere stata utile a qualcuno.

«Come ti senti?», le chiesi con voce alta.

Lei teneva gli occhi chiusi e il suo petto si alzava e abbassava lentamente.
Le ferite erano di un colore rosso acceso che sembrava fossero ancora fresche.
La vista era decisamente orribile.
Sui polsi vi erano legati vari aghi che trasportavano delle soluzioni.

«S-sono una persona o-oribile».

Non riuscivo a capire il senso di quelle parole.
Immaginavo che fosse caduta, ma la colpa non poteva essere stata sua e nemmeno del suo cavallo.
Forse si sentiva orribile perché aveva messo in pericolo il cavallo.

«Vedrai, il tuo cavallo starà bene», tentai di rassicurarla.

Victoria cominciò a singhiozzare.
Non era un pianto, sembrava quasi che stesse soffocando.
La vidi agitarsi come non mai fino a quando non cominciò a cercare di strapparsi gli aghi.
Nonostante il capogiro, mi gettai dal letto per fermarla.
Il primo, purtroppo, era già saltato.
Subito cominciarono a scorrere riveri di sangue dal polso che macchiarono le lenzuola bianche del letto.
L'odore invase subito la stanza.

«Victoria basta!», urlai.

Le tenni le mani e feci pressione per impedirle qualche altra sciocchezza.
La guardai negli occhi: una gran confusione e tristezza.

«Raccontami. Sfogati».

«Tu non puoi capire, sei la mia nemica numero uno», sibilò.

«Tu raccontami».

Victoria prese un enorme respiro e si distese sul letto rilassandosi.
Io mi sedetti accanto a lei, pronta ad ascoltare.

«Io credo di aver sbagliato molte cose con i cavalli. Sono una persona egoista. Voglio tutto e non accetto che un cavallo non faccia ciò che dico. Vedi... Ammetto il mio errore, ma lo ripeto», ammise senza speranza.

Anche io avevo il suo stesso difetto.
Molte volte mi sentivo così.
Sapevo di aver sbagliato, ma la mia matura mi riportava sugli stessi e identici passi.

«Oggi Midnight mi ha fatto davvero arrabbiare. Non la smetteva di sgroppare. Così ho cominciato a frustarlo. Lui è partito al galoppo e io mi sono aggrappata alla sua criniera. Fino a quando non siamo finiti tra gli alberi e siamo caduti. Ho pensato di morire e, forse, sarebbe stato meglio».

Ascoltai attentamente il suo discorso, cercandone di comprendere il suo stato d'animo.
Non riuscivo a capire come potesse riuscire a picchiare un animale.
Potevo capire la sua voglia di potere, ma non sopportavo l'idea che si sfogasse sui cavalli.

«Perché non cerchi di sfogarti su qualcos'altro? Su qualcosa di inanimato, per esempio», dissi alzandomi per prendere un fazzoletto.

Mi riavvicinai a lei e le pulii delicatamente la ferita che si era appena provicota.
Non era profonda, ma vi era abbastanza sangue.
Una volta ripulita, presi un'altro fazzoletto e lo legai attorno al polso a mo' di fasciatura.
La guardai e scossi la testa esigendo una risposta.

«Non lo so. E la cosa più brutta è che non sento di pentirmi».

Abbassò la testa e si passò freneticamente le mani sul viso.
Per me aveva semplicemente bisogno di sfogarsi, magari anche facendo pugilato.
Se fossi stata nei suoi panni, l'avrei fatto sicuramente.

Power - Two Free SpiritsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora