Room 709

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Il riccio fece passare la testa attraverso il colletto della polo bianca che costituiva l'uniforme scolastica, il piccolo stemma ricamato in nero in alto a destra risaltava moltissimo sopra tutto quel candore.
Originariamente, le divise erano gialle, cambiarono solo dopo quel giorno, data profondamente disprezzata da tutti gli studenti al Campbell College, nel caso in cui qualcuno avesse mai chiesto informazioni riguardanti questo argomento, nessuno sarebbe stato in grado di rispondere, dati i grandi cambiamenti e danni conseguenti ad esso.
"Che ne dici di provare con il corso di teatro?"
Max si voltò verso Neil, che stava infilando le braccia nelle maniche della maglia, lo guardò perplesso per un secondo, prima di rispondere.
"Cosa?"
"Come passatempo intendo, potresti provare col corso di teatro."
"Intendi quello gestito da Preston Goodplay?"
Si assicurò di scandire con molta precisione il nome completo del ragazzo.
"Uh, duh?"
Preston Goodplay era un tipo apposto, forse un po' eccentrico e con qualche scatto di rabbia ogni tanto, ma, tutto sommato, era una brava persona.
L'unico problema era il rapporto che aveva col ragazzo.
"Forse hai dimenticato quello che è successo nemmeno un mese fa."
Prese i pantaloni neri accartocciati in un angolino vicino al suo letto ed iniziò ad infilare la gamba destra, saltellando con il piede libero per mantenere l'equilibrio.
"Credevo aveste preso una 'decisione in comune' e non aveste chiuso bruscamente."
Afferrò anche lui un paio di pantaloni, dei jeans, poggiati sopra al materasso alla sua sinistra, sedendosi su di esso per riuscire meglio nel suo intento.
"E infatti è così! Ma non inizi a seguire il corso gestito dal tuo ex un mese dopo che avete rotto: poi il tutto raggiunge un livello di imbarazzo che ha del ridicolo, è come se tu ti iscrivessi al corso di illusionismo."
"Corso di illusionismo?"
"Sì, quello con Harrison."
Quella tra Harrison e Neil poteva considerarsi a stento una "relazione": avevano provato ad uscire un paio di volte, ma non aveva funzionato esattamente nel migliore dei modi, certo, erano successe anche delle cose nel mentre, ma nessuno dava loro troppa importanza, dopotutto erano adolescienti, può capitare.
"Non credo sia la stessa cosa,"
Fece qualche passo in direzione di un piccolo e vecchio comodino di legno rovinato, un po' dall'umidità, un po' dai tarli, sopra al quale erano poggiati un orologio da polso ed un pacchetto accartocciato di pasticche mezze consumate, afferrò l'orologio e strinse il cordoncino attorno al braccio destro.
"Voglio dire, la vostra relazione era più seria."
"Un'altra ragione per cui non dovrei iniziare il corso di teatro, ritenta, Einstein."
"Fa come ti pare."
Afferrò il pacchetto accartocciato e fece pressione su una delle mini-capsule per far uscire fuori la piccola pillola bianca, era come un minuscolo puntino in confronto alla sua mano, la guardò per qualche secondo prima di ficcarsela in bocca e dirigersi verso il bagno per bere un goccio d'acqua che lo avrebbe aiutato a mandarla giù.
"Hey, piuttosto, hai già preso le medicine?"
Dovette strillare, altrimenti non si sarebbe sentito un tubo tra la distanza e l'acqua che scorreva nella doccia occupata dalla terza coinquilina.
"Non me ne faccio niente di quella roba."
Il ragazzo era ancora occupato a cercare di far passare il secondo piede attraverso gli strettissimi pantaloni, quando questo gli si incastrò nello strappo che si trovava all'altezza del ginocchio e, nel tentativo di liberarsi, cadde all'indietro sul materasso dietro di lui, provocando un sonoro scricchiolio delle assi sottostanti: quegli affari avevano di sicuro una certa età.
"Andiamo Max, non fare il bambino"
Il ciuffo rossiccio e riccioluto fece capolino dalla porta del bagno seguito, successivamente, anche dal resto della testa.
"Ne hai bisogno, lo sai."
Anche se il suo volto era sottosopra per via della posizione scomoda in cui si trovava, non gli ci volle molto a capire che gli stava lanciando un'occhiataccia.
"Non prenderò le pillole Clarence, non puoi costringermi."
"Ancora non capisco perché continui a chiamarmi 'Clarence', sai qual è il mio nome, vero?"
"Certo che lo so, idiota! Eppure tu dovresti essere quello intelligente, è una citazione."
"In che senso?"
"Col cazzo che te lo spiego!"
"Ma-"
"Sai che adoro dare fastidio."
"Tu sei la rovina della mia esistenza."
"Così mi lusinghi."
I due si guardarono per qualche secondo, il silenzio era riempito solo dall'acqua corrente, non erano sguardi intensi o stronzate varie, era più paragonabile ad una gara a chi ride per primo, succedeva spesso tra i due: rimanevano in silenzio ed uno aspettava che l'altro dicesse un qualcosa che non voleva ammettere, ma che gli sarebbe stato indispensabile dire in caso avesse voluto, in senso figurato o no, continuare a vivere.
"Non ammetterò di essermi bloccato."
"Ah no?"
"No."
"E perché non lo vorresti fare?"
"Perché non è vero! Ho tutto sotto controllo."
Ci fu un'altra pausa tra i due, Neil stava cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere.
"Le gambe non dovrebbero piegarsi in quella maniera."
"Sono molto flessibile."
"E da quando?"
"Da sempre! Dalle mie parti mi conoscono come 'Elastic Max'."
"Beh buono a sapersi."
"Eh già."
Stava per cedere, lo sentiva, tra non molto sarebbe scoppiato in una risata fragorosa, nello stesso modo in cui una vecchia mina della seconda guerra mondiale esplode quando, dopo decine di anni, un bambino innocente ci passa trotterellando sopra, ignaro di quella che sarà la sua sorte, prima di venir ridotto a brandelli dalla potenza con cui l'affare libererà tutta la sua energia, la quale aveva accumulato per tutti quegli anni (faccio delle bellissime metafore, lo so).
"Tanto per chiarire: è la 'gang del quartiere' a chiamarti così?"
"Non ti azzardare a rinfacciarmi quella storia!"
Sbraitò puntandogli contro un dito accusatorio, lui alzò le mani, come per difendersi, in risposta.
"Sei stato tu a raccontarmela."
"Ero ubriaco e, forse, anche un po' fatto: non è stata colpa mia!"
"Va bene, va bene, prometto che non ne parlerò più."
"Devi giurarlo Clarence. Giuralo solennemente."
Sospirò, raddrizzò la schiena, si posò la mano destra stretta a pugno sul cuore mentre il braccio sinistro era parallelo al fianco ed iniziò, era un metodo inventato da loro durante il primo giorno del primo anno al Campbell: "Se mai qualcuno dovesse scoprire un segreto oscuro riguandante uno degli altri, dovrà giurare solennemente di non dirlo ad anima viva, a patto che, il diretto interessato, lo dica anche al terzo membro."
Gli altri due si erano lanciati un'occhiata convinta ed avevano immediatamente aderito alla proposta.
Il cosiddetto giuramento era stato successivamente trascritto su un foglio accartocciato, strappato da un vecchio quaderno a quadretti ed appeso alla parete in mezzo ai letti a castello, proprio sopra al cuscino di Max, in caso qualcuno se lo fosse scordato.
"Giuro solennemente di non rivelare mai a nessuno ciò che mi è stato raccontato, a costo di finir dai lupi sbranato o su un palo impiccato. Se mai dovessi questo giuramento spezzare, che mi possan tutte le dita mozzare."
"Ma cosa avevamo in mente quando abbiamo scritto questa roba?"
L'attenzione dei due fu catturata dalla voce proveniente da fuori il bagno, lì, appoggiata alla parete, avvolta in un accappatoio rosa salmone, si stava godendo lo spettacolo la ragazza dai capelli verdi più disastrosa del pianeta Terra.
"Ah non ne ho idea, probabilmente eravamo tutti ubriachi."
Max era ancora bloccato con le gambe all'aria, tutto quello che succedeva intorno a lui era capovolto, le sue gambe avevano assunto una posizione che neanche la bambina dell'esorcista sarebbe riuscita a replicare, eppure si ostinava ancora a non chiedere aiuto.
Tipico.
"Che bolle in pentola Max?"
"Niente di nuovo: la storia della 'gang del quartiere'."
"Afferrato. Qualcuno ha visto i miei pantaloni?"
Iniziò ad ispezionare con lo sguardo tutta la stanza, non è che fosse poi così grande tanto, sporgendosi anche in avanti ed indietro per avere una visuale migliore.
Neil si sedette vicino al suo amico ancora incastrato e si sporse un po' all'indietro per sbirciare dietro al letto.
"Blu o neri?"
"Verdi."
"In arrivo."
Tirò fuori il paio di shorts dal loro nascondiglio e li lanciò in aria, atterrarono tra le braccia della ragazza, impegnata ancora nel cercare qualcosa.
Il ragazzino riccio cercò di nuovo di dimenarsi per liberare le gambe, ma non ci riuscì, tentò di spostare l'attenzione di tutti su qualcos'altro mentre continuava a provarci.
"Sicura che sia permesso indossare dei pantaloncini così corti in questa scuola?"
Un barlume di trionfo si accese nei suoi occhi quando si affrettò a raccogliere da terra quello che stava cercando.
"Col potere delle magiche calze a rete tutto è possibile!"
Allungò le braccia in avanti mostrando il groviglio di fili che costituiva il suo tesoro (*Gollum intensifies*).
Possedeva quella calzamaglia da almeno tre anni e non si era mai neanche lontanamente avvicinata a romperla: era in assoluto la cosa più resistente sulla faccia della terra.
"Ci vediamo tra venti minuti!"
Sfrecciò in bagno e chiuse la porta dietro di se in maniera così forte, che nessuno riuscì a spiegarsi come quella vecchia catapecchia abbia retto a cotanta potenza.
Nikki era sempre stata di gran lunga la più forte lì in mezzo, per non parlare della sua velocità: era il capitano della squadra di atletica, di quella di football e di quella di baseball, se c'era una cosa che le riusciva bene erano sicuramente gli sport.
Gli altri due avevano passioni alquanto differenti: Neil, presidente del club di chimica, era sicuramente più portato per le scienze, mentre Max era.... Max.
Il ragazzo ebreo spostò la sua attenzione dalla porta al groviglio che era diventato l'altro e si chinò su di lui.
"Vuoi deciderti a dirlo o no?"
"Mai!"
"Maaaaax."
"Ti odio, Clarence."
"No, non è vero."
Provò un'ultima volta a districarsi, ma peggiorò solo la situazione, alla fine si arrese e tirò un lungo sospiro di sconfitta.
"Mi sono incastrato."
Incrociò le braccia e lo guardò compiaciuto per qualche secondo prima di rispondere.
"Ti serve una mano."
"Oh, ma da cosa l'hai capito?"
"Chiamalo istinto."
E, come il bravo amco che è (ma manco pel cazzo), incominciò a snodargli gli arti.
"Lo sai,"
Incominciò.
"Non mi ero mai accorto del colore dei tuoi occhi: sono tipo verde fluo!"
"Ah, gayyyyy!"
"Fottiti."

There's a something in the air (Camp Camp)Where stories live. Discover now