Capitolo 2

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Rientrò in casa silenziosamente, senza fare alcun rumore.
Sapeva che sua madre non c'era ma la sorella invece sì e Stefano al momento non era in vena di chiacchiere.

-Allora?

Come non detto.
La sorella era seduta sul divano ad aspettarlo, tesa.
Il ragazzo la guardò dritta negli occhi, sperando che capisse.

Lei sospirò e guardandolo con tristezza gli disse:

-E così è successo di nuovo?

Silenzio.

-Mi dispiace... che la mamma ti abbia costretto a farlo. Troveremo un modo per dissuaderla dal farti proseguire il corso, va bene?

La ragazza sorrise per incoraggiarlo ad avere speranza.

-A che serve una sorella se no?

Stefano sorrise dentro di sè.
Lei non era solo una sorella.
Era la sua gemella.
Gli era sempre stato accanto.
L'aveva sempre difeso.
Aveva riso con lui e asciugato le sue lacrime.
Si capivano con uno sguardo e c'era sempre stata quando non aveva nessun altro.
Battibeccavano ogni tanto come tutti i fratelli ma si volevano bene, eccome se si volevano bene.
Dal momento del concepimento erano sempre stati uniti, nemmeno la nascita aveva reciso questo legame.
Erano molto simili nell'aspetto esteriore (capelli castano chiaro, tendente al biondo, altezza media, occhi marroni con una sfumatura verde) ma non nel carattere.
Lei era solare, amichevole, dolce, simpatica, mentre lui era silenzioso, timido, impacciato, insicuro.
Lei era sicura di sè e rispondeva a tono alle critiche che le facevano, lui ascoltava le urla di sua madre e si sentiva uno schifo, inutile e sbagliato.
Chissà cosa avrebbe potuto fare se non ci fosse stata la sorella.
Cercò di scacciare quei pensieri, ma la lezione di nuoto gli aveva messo addosso troppa tristezza.
Doveva scrivere per alleviare la depressione e sfogarsi.
Ne aveva bisogno.

-Grazie Giu, se hai bisogno di me sono nella mia stanza.

Lei sorrise. Solo lui poteva chiamarla "Giu", per gli altri solo "Giulia", per gli amici "Giuly".

Era il suo privilegio da gemello.

-Evita di buttarti dalla finestra o soffocarti col cuscino, se no quando arrivano i miei amici penseranno che io sia diventata una pazza omicida.

Stefano ridacchiò, ricordandosi mentalmente di non uscire dalla sua stanza se non per bisogni strettamente necessari.

Voleva stare solo per il momento.

-Grazie del suggerimento sorella, sei proprio brava a tirar su di morale le persone.

Detto questo si diresse nella sua stanza, sentendo sua sorella ribattere:

-Sempre e comunque!

Stefano aprì il suo quaderno per la scrittura e prese in mano la penna, rimanendo per un attimo a fissare il foglio bianco.
Aveva bisogno di parlare di sè e della sua asocialità.
Perché non riusciva a essere come gli altri?
Le parole nacquero nella sua mente e iniziarono a scorrere sul foglio come un fiume in piena, senza che quasi lui avesse il tempo di pensare.

Sto giocando a scacchi con la vita
improvvisando le regole,
imitando gli altri giocatori.
Ma senza smettere di tener fede
ai miei principi,
non mi muovo di un passo.
Solo.
Solo, come il bambino
lasciato sempre indietro
dal gruppo.
Non unico,
ma solo.
Quando sarò unico,
ma non solo?
Riuscirò a farmi amare
per come sono veramente?
Ma come
se persino io mi vergogno
di me stesso?
Un lampo di luce.
Poi di nuovo buio.
Cieco.
Cieco, in una società
dove non so come comportarmi.
Sbagliato.
Sbagliato, tra persone
così diverse da me.
Una marionetta.
Senza fili.
Senza regole.
Nel teatro di maschere
del mondo.

Lasciò cadere la penna sulla scrivania, mentre la vista gli offuscava.
Lasciò scivolare i primi lacrimoni per le guance, finché questi non cadderò sui pantaloni, crendo piccoli cerchi bagnati.
Si pulì le restanti lacrime col dorso della mano.
Piangere lo faceva stare bene, era come se fosse protetto.
Come se buttasse fuori tutto quello che lo faceva stare male.
Improvvisamente sentì il campanello suonare e sussultò.
Merda, doveva lavarsi subito la faccia o sarebbero rimaste le tracce delle lacrime e non poteva permettere che degli estranei lo vedessero in quello stato.

Si precipitò in bagno prima che la sorella aprisse la porta.
Si sciacquò più e più volte la faccia e la asciugò vigorosamente.
Alzò lo sguardo e si guardò lo specchio.
Ottimo, aveva il solito aspetto pietoso.
Sospirò e uscì dal bagno sperando di non incappare negli amici di sua sorella.

-Oh finalmente!

La sorella lo spinse e si fiondò in bagno al suo posto.
Stefano rimase un attimo perplesso, poi si rivolse verso la sua stanza.
Era di fronte al bagno, quindi doveva solo fare qualche passo ma con la coda dell'occhio vide gli amici di sua sorella.
Stavano tutti entrando nella sua stanza, ma l'ultimo si fermò sulla soglia a fissarlo.

Il respiro mi si era mozzato in gola.
Solo una coincidenza?
Non ne sarei troppo sicuro.

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Stefano è me versione maschile AHAHAHAHA già, i suoi pensieri sono i miei pensieri, compreso quel bel poemone che vi siete dovuti sorbire :')
Che bello essere insicuri come la merda xD
In ogni caso, spero che la storia vi stia piacendo e vi stiate un po' affezionando al protagonista (come se fosse me xD) e niente, alla prossima! :D

Il patto d'amoreWhere stories live. Discover now