Capitolo tredici

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Assicuratevi sempre di aver letto il capitolo precedente :)

Carlotta

Trotterellavo allegramente accanto a lui. Il primo punto era andato a segno. Diego camminava piano e con lo sguardo fisso davanti a sé, la sua fragranza legnosa mi inebriava e non facevo altro che scrutarlo con la coda dell'occhio. Ero molto più bassa di lui, non gli arrivavo nemmeno alla spalla visto il mio scarso metro e sessanta. Avevo ancora la coda alta, ma il trucco di fingere di sistemarla me lo sarei tenuto per dopo.

« Lo prendiamo qui ai distributori?» domandò.

Feci rapidamente mente locale. A quell'ora i distributori del piano pullulavano di persone, infermieri, medici, familiari in lacrime. Io avevo bisogno di stare sola con lui, senza nessuno tra i piedi. Non potevo portarlo al bar fuori il policlinico perché comunque dovevo mantenere una certa professionalità, almeno all'inizio.

« Sì?» chiese conferma.

«Sì, ma non a questi del reparto. Fidati di me.» dissi prendendo in mano le redini della situazione.

« Perché?»

«Perché credo che tu voglia stare un po' da solo.» gli sorrisi e lui non disse nulla, ma da come mi guardò compresi di aver azzeccato. Dovevo mostrarmi sensibile e pronta ad andargli incontro per avere una minima speranza di veder nascere qualcosa tra noi.

«Quindi dove andiamo?»

«Geriatria.»

Non potevo fare scelta migliore. Non era orario di visita in quel reparto e quindi nessun parente avrebbe vagato per i corridoi o in zona distributori, i membri dello  staff non avrebbero ronzato come api impazzite visto che di emergenze ve ne erano di meno rispetto a terapia intensiva, inoltre la maggior parte dei pazienti era troppo stanca o pigra per alzarsi dal letto.

Prendemmo un ascensore che ci portò fino al primo piano, varcammo la porta del reparto nel quale, come previsto, regnava la calma più totale.

«C'è molta pace qui.» commentò Diego dando una rapida occhiata attorno a sé.

«Beh, i vecchietti preferiscono giocare a carte nel proprio letto o guardare il telegiornale.»

«Io anche guardo sempre il tg, per una promessa fatta a Enola.» disse in uno sprazzo di temporanea felicità.

Dovevo stare al gioco, sorbirmi tutto quello che riguardava la ragazza e piano piano farmi spazio. Goccia dopo goccia, fino a spaccare la pietra.

«Lo guardavi con lei?» chiesi con finta curiosità, mentre constatavo gioia che i distributori erano tutti per noi.

«No, sempre da solo. Con Enola comunque non avrei potuto...»

«Perché?»

Infilai una moneta da due euro nella fessura rettangolare della macchinetta, Diego mi afferrò il polso non appena se ne accorse per impedirmi di offrirgli la bevanda, ma non fece in tempo. La sua pelle a contatto con la mia mi regalò un brivido lungo la schiena. Diego lasciò un attimo di più la mano attorno al polso, aveva un'espressione dubbiosa e stordita, come gli sembrasse strano toccare un'altra donna che non fosse Enola.

«Non dovevi.» mi rimproverò.

Feci spallucce e gli sorrisi.

«Scegli quale vuoi.»

Spinse il pulsante per un espresso lungo con il massimo dello zucchero, io presi un macchiato. Ottenute le bevande, mescolammo con le piccole stecche in plastica il contenuto fumante dei bicchieri. Avevamo entrambi gli occhi bassi, ogni tanto li sollevavamo in imbarazzo.

Ogni attimo rubato ( Ex ANCHE ORA- Il Castello Del Rancore)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora