16. Your Love Is A Lie

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▶️ Your Love Is A Lie, Simple Plan

Harry's pov

Le ore sembravano non passare più, le lancette dell'orologio erano immobili e mi sembrava di essere rimasto incastrato in un qualche strano spazio temporale che mi opprimeva, a tal punto da farmi mancare il fiato. Continuavo a girarmi, guardando Zoe in fondo alla classe. Era entrata quasi piangendo e aveva ignorato tutti, perfino il professor Fitz che la richiamava per il suo - più che abbondante - ritardo.
Le sue unghie, lunghe ma senza smalto, continuavano a sbattere nervosamente sul banco. Il suo sguardo era perso nel vuoto, i suoi occhi erano gonfi. Aveva le occhiaie e le guance erano ricoperte dalle tipiche macchie di cui si riempiva quando piangeva. Vederla così mi uccideva, ma cosa poteva mai averla ferita così tanto da distruggerla in questo modo?

La campanella non fece in tempo a suonare che vidi Zoe scappare fuori dalla classe. Senza pensarci due volte cominciai a seguirla, ma, nemmeno questa volta mi prestò attenzione.
-" Zoe! Zoe fermati!"- urlai, ma senza risposta - Zoe ti prego, cos'hai?-

Si fermò davanti al bagno e io la raggiunsi, ma non appena mi vide sgattaiolò dentro e mi lasciò lì davanti, come uno stupido. E forse lo ero, forse era anche quello che pensavano di me gli altri, mentre, a bocca aperta, osservavano la scena e la commentavano senza farsi troppi problemi.
"Dicono che lei abbia una storia con l'amico di Jace" disse una ragazza con i capelli rossi.
"Chi?" Rispose incredula la sua amica, poi continuò -" Ma non sta con Styl..."
"Sh! È lì lui!" La zittì la rossa, poi mi guardò.
"COSA CAZZO AVETE DA GUARDARE TUTTI? NON AVETE NIENTE DA FARE?" Urlai. Non ne potevo più e non riuscivo a capire niente. La mia mente era annebbiata da milioni di pensieri, provavo milioni di emozioni contrastanti nello stesso momento: la voglia di spaccare tutto mista alla voglia di piangere fino a scomparire. Senza pensarci due volte entrai di corsa nel bagno e sentii la sua voce.
"Aaron, io non so come devo spiegartelo!" Mi avvicinai sempre di più.
"non provo niente per lui Aaron, niente! Amo solo te! Doveva essere un gioco e durare poco, ma poi sei arrivato tu e io non sapevo che fare, ti prego Aaron perdonami." Pronunciò Zoe tutto d'un fiato, interrotta solo da qualche singhiozzo.
La rabbia prese il sopravvento e senza rendermene conto aprii la porta del bagno, vedendo Zoe accasciata sul pavimento. Il suo viso era colmo di lacrime e aveva il cellulare vicino all'orecchio.
Iniziai ad urlare:"CHI CAZZO È AARON, ZOE?" Lei mi guardò, poi chiuse la chiamata sul telefono.
"DIMMI CHI È!" Urlai, nuovamente.
Lei si alzò dal pavimento e, con un filo di voce, che quasi faticai a sentire, mi rispose
-"il mio ragazzo Harry..."- fece una breve pausa, poi riprese-" non ti amo, non l'ho mai fatto."-
Sentendo quelle parole uscire dalla bocca di Zoe, sentii come se, mille lame affilate, mi avessero colpito dritto al cuore.
La guardai e dovetti trattenermi dal non scoppiare a piangere, poi ,senza proferire parola, mi allontanai.
Camminai un po' per i corridoi della scuola, senza preoccuparmi della gente che incrociava il mio sguardo: vuoto e assente. Le parole di Zoe mi riecheggiavano nella mente. "Doveva essere un gioco". Ero stato "un gioco" per mesi ed ero stato talmente stupido da non rendermene conto. Pensai e lungo, anche dopo il suono della campanella. Non entrai in classe, ma mi chiusi in bagno a pensare. Cosa significava "un gioco"? Perché ero stato un gioco e, soprattutto, che scopo aveva tutto ciò? Una cosa era certa, io il gioco lo avevo perso. E lo avevo perso inconsapevolmente, senza nemmeno sapere di star giocando. Avevo bisogno di spiegazioni, dovevo capire cosa avevo fatto di così terribile per meritarmi di essere trattato come se fossi niente.
Senza pensarci troppo inviai un messaggio a Zoe, in cui le chiedevo di incontrarci a casa mia dopo scuola per parlarne.
Successivamente suonò la campanella dell'ora successiva e decisi di uscire dal bagno e recarmi a lezione, per distrarmi. Per mia fortuna, Zoe in classe non c'era.

L'ultima campanella della giornata era finalmente suonata e, uscendo dal cancello di scuola, osservavo il volto degli altri ragazzi. Erano felici e, probabilmente, il resto dei giorni, a quell'ora, lo ero anche io. La giornata era appena finita per loro, per me stava per cominciare.
Arrivai a casa in poco tempo, mia madre, come al solito, non era ancora tornata.

Suonò il campanello. Era Zoe. L'ansia si impossessò di me e dimenticai i mille discorsi che, precedentemente, mi ero preparato.
-"Ciao Harry..."- disse, a voce bassa, entrando in casa -"posso sedermi?"- Annuii e lei si sedette sul divano. Dopo alcuni minuti di silenzio fui io a prendere coraggio e rompere il ghiaccio.
-"Non so nemmeno da dove cominciare, perché non so nemmeno cosa provo. Quindi ti prego ho solo bisogno di capire"-
Lei mi guardò e i suoi occhi diventarono più lucidi, poi iniziò a parlare.
-"È colpa di Ashley."- si fermò. Non parlavo ad Ashley da giorni, non ci eravamo incontrati , non sapevo nulla di lei. E si, mi era mancata. Ma cercai di non dare troppa importanza a quei sentimenti, in quel momento.
-"cosa intendi con «Ashley»?"- dissi infastidito.
-"Cioè, se ho fatto ciò che ho fatto è perché sentivo il bisogno di vendicarmi di lei. Anni fa la trovai con le mani nelle mutande del mio ex ragazzo e non ci sono mai passata su."- disse fredda. Io la guardai, incredulo. Poi, l'incredulità, si trasformò in rabbia.
-"E IO COSA CAZZO C'ENTRO IN QUESTA STORIA?"- lei mi guardò come a darmi ragione, poi disse -" non c'era niente di meglio di ripagarla con la stessa moneta."-
-"CIOÉ?"- urlai.
-"Scoparmi il suo bel fidanzatino ricciolino e farla soffrire per questo"- rispose, quasi esasperata. "Fidanzatino", l'idea mi fece tremare, nonostante io avessi "amato" Zoe in tutto questo tempo, i sentimenti che provavo per Ashley non erano mai scomparsi. E si sarebbero potuti rafforzare e "ufficializzare" se non fosse stato per quella psicopatica di Zoe.
-"PUNTO PRIMO, IO E ASHLEY NON ERAVAMO FIDANZATINI, MA SCOPAVAMO."-
-"Ma dai, che ingenuo che sei. Scopata dopo scopata un minimo sentimento nasce. Eravate destinati a diventarlo." Rispose con superiorità e questo mi fece infuriare.
-"PUNTO DUE, MENTRE TU TI SCOPAVI IL TUO "AMICO" AARON, IO AVEVO LA TESTA TRA LE GAMBE DI ASHLEY E LEI NON SMETTEVA DI URLARE IL MIO NOME."- mi vergognai di quelle parole nell'esatto momento in cui finii di formulare la frase, ma successivamente Zoe rispose sicura
-"BEH, PRIMA DI TUTTO IO E AARON NON SIAMO AMICI, CI AMIAMO. E POI: SIAMO PARI, DIREI CHE POSSO ANDARE."- si alzò, aprii la porta e se ne andò. Mentre se ne andava, ancora furente, le urlai il "vaffanculo" più sincero di qualunque altro avessi mai detto prima in vita mia.

Mi infilai nel letto, nella speranza di dimenticare tutto di quella giornata, o almeno di svegliarmi con la consapevolezza di aver solo fatto un brutto sogno. Ma non successe.
Al contrario, non dormii per niente. Pensai a Zoe, a Zoe che era stata male per Ashley. E mi rattristai. Poi pensai a Ashley, che a detta di Zoe era stata male per me. E scoppiai a piangere. Solo il pensiero di Ashley triste a causa mia mi uccideva. Perché il mio unico scopo nella vita era di renderla felice, di farla stare bene. In ogni modo possibile, sempre. Ma avevo fallito. Fallivo sempre in tutto. Zoe aveva preferito amare un altro al posto mio e mi aveva solo usato, Ashley stava male per me. Forse. In realtà non ci credevo, dato che era lei a scoparmi a poi lasciarmi andare.
La cosa che più non mi faceva dormire quella notte era Ashley, nonostante avessi appena rotto con Zoe. Nella mia mente regnava il caos più totale. Amavo Zoe? Amavo Ashley? Amavo entrambe... o nessuna? Sapevo cos'era l'amore?
Guardai l'orario, erano le 2.30 A.M.
Facendo più silenzio possibile, per non svegliare mia madre, mi vestii e uscii di casa. Guidai per qualche minuto, o qualche ora... e mi ritrovai seduto allo sgabello di un pub con una birra in mano e quattro calici vuoti davanti a me. Ignorai le avance sessuali di alcune ragazze e continuai a bere, cercando di soffocare i ricordi di quella giornata solo da dimenticare.

Quando tornai a casa erano le 5.30 del mattino e non ricordavo nulla della giornata precedente, se non una cosa: Ashley.
"Scusa se ti scrivo alla cazzo dopo giorni,  ma ho bisogno di te. Sono le 5.30 del mattino, sono ubriaco marcio e non riesco a smettere di pensarti. Cosa cazzo mi fai Ash" Scrissi, un po' a caso, e inviai.
Poi buttai il telefono sul comodino e crollai in un sonno profondo.

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