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«Ehi, siamo arrivati».

Ancora assonnata, Chloe apre uno spiraglio tra le sue palpebre.

«Comunque avevi più sonno tu Simo».

E ridiamo. Così, senza motivo.

Il pullman frena e l'autista annuncia che il ritorno è previsto per le diciassette e trenta e che ci si può fermare a mangiare di fronte al negozio di souvenir.

Scendiamo e subito il freddo mi trapana il maglioncino. Decido così di indossare il k-way e Chloe fa lo stesso.

«Ma dove mi hai portato? Al polo nord?».

«Stai zitto e cammina. Non lamentarti sempre».

Questo nostro scherzare continuo mi fa impazzire, è segno del fatto che abbiamo una complicità assurda.

«Vieni, ti porto in un posto».

Mi prende la mano ed un sobbalzo mi fa mancare il respiro per qualche attimo, con lei che mi trascina quasi come se fossi un peso morto.

«Su, dai, ti sei dimenticato di come si cammina?».

Facciamo un chilometro scarso con lei che mi stringe la mano ed io che non riesco ancora a realizzare.

Arriviamo ad una torretta in pietra con delle fessure sui lati.

«La prima volta che mio padre mi ha portato qui avevo nove anni ed era appena morto il nonno a cui ero tanto legata. Mi aveva cresciuta come una figlia ed è stato colui che mi ha insegnato a camminare tenendomi con le sue mani rugose ma forti. Arrivati davanti a questa torretta mio padre mi disse "Guarda l'orizzonte. È lì il nonno, ti sta tenendo d'occhio come ha sempre fatto; ti corregge quando sbagli, ti fa rialzare quando cadi, ti abbraccia quando piangi e poi torna lì, però è sempre con te. Non dubitarne mai". Me lo ricordo benissimo ed ogni volta che torno qui rivivo le stesse emozioni di quella volta. Ho i brividi Simone, mi tieni stretta?».

Senza dire niente la avvolgo fra le mie braccia e lei inizia a singhiozzare.

«Perché la vita deve essere così difficile a volte? Perché non si può essere felici quando lo si vuole?».

«Perché la vita è un tiro a dadi, non sappiamo mai che numero potrebbe capitarci».

«Simone...».

Rimane per qualche secondo sospesa.

«...ti va di tirarlo assieme, questo dado?».

Racimolo tutto il coraggio che mi è rimasto ed avvicino le mie labbra alle sue. Ha le labbra calde, bagnate dalle lacrime, profumate di pesca. Mi morde il labbro per qualche momento e nonostante mi faccia un po' male la lascio fare, deve scaricare la tensione.

Quando ci stacchiamo la prima cosa che fa è sorridermi, nonostante gli occhi rossi e pieni di noi.

«Come fai ad essere bellissima anche così?».

«È perché sono accanto a te».

«Tienimi la mano».

«Tieniti la mia mano».

D'improvviso | #Wattys2017Where stories live. Discover now