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La precarietà di chi viaggia per redimersi.

L'essere appesi ad un filo sottilissimo a cui annodare un sacco di speranze che pesano, che ci fanno cadere. Mi appendo ma le braccia mi fanno male, le mani mi scivolano.

Puoi dirmi che mi ami ma non serve.

Con il mignolo tento di tenermi aggrappato da tanto tempo e per ora la presa mantiene in condizioni precarie.

Puoi dirmi che mi odi ma non serve.

Puoi dirmi di tutto, ormai. Potevi dirmi ogni cosa quel giorno e tutto sarebbe stato meravigliosamente incastrato come nel Tetris, potevi perfino disprezzarmi ed io non avrei saputo far altro che sorriderti.

Ma ora potresti dirmi di tutto ed io rimarrei qui, in ginocchio, come un bersaglio logoro e bucherellato nella sua mancanza. Le frecce avevano il sapore del miele, una volta.

Dimenticami, non sono che una virgola che stona in un periodo da premio Nobel, un puntino nero nella bellezza della tua anima candida.

Sapevi utilizzare le parole giuste per farmi innamorare, mi coinvolgevi in una morsa che non sapevo essere così asfissiante. Probabilmente la tua vita con me sarebbe stata così; io che sempre di più mi perdevo in te e tu che ti perdevi e basta, forse nella vita che avresti voluto e che probabilmente hai adesso, senza di me.

Nei pomeriggi dove ti pensavo avevo un sacco di cose da fare che tu schiantavi in basso, con un colpo secco, come hai fatto con me. La musica era secondaria, le persone erano secondarie, la vita senza di te era secondaria; tutto sembrava un'ombra, in confronto a te.

Prendevo il primo pullman per il mare ed andavo ad Ostia, anche l'inverno. C'era vento, lì, molto spesso, ed io mi portavo i libri che non riuscivo a leggere perché, continuamente, le pagine venivano mosse da te. Scrivevo, anche, su di un vecchio quaderno blu che avevo trovato fra le mie robe delle medie; vergine, aveva adesso il tuo sapore che avevo dimenticato ma che sentivo ancora mio. Una volta ho scritto che i nostri amori sono diametralmente opposti e niente più, sono rimasto fino a tardi a contemplare il mare che bagnava la sabbia fredda di febbraio. Non potevo aggiungere altro, tutto sarebbe stato superfluo, tutto sarebbe stato troppo poco perché bastavano poche parole a descrivermi, in quel momento.

Quel quaderno, prima di partire, l'ho cercato ma non l'ho trovato.

Ho trovato te, però, come sempre.

La mattina ha un'aria particolarmente frizzante oggi ed alle dodici ed un quarto decido finalmente di aprire un occhio. Stiracchiandomi indosso le ciabatte e vado a lavarmi, facendo attenzione ad evitare lo zaino con tutto il suo contenuto riversato a terra. Rimango per qualche istante a petto nudo davanti allo specchio a guardarmi la faccia, a contemplare i miei lineamenti da nottambulo tristemente felice. Indosso qualcosa e scendo per pranzare da qualche parte, decidendo infine di mangiarmi un panino al volo preso da un chioschetto vicino al mio ostello. Mentre, sulla stessa panchina della scorsa sera mangio un doppio cheeseburger accompagnato da una Cola, leggo Adesso di Chiara Gamberale, il mio ultimo acquisto alla libreria sotto casa. La tonalità del rosso mi aveva attratto molto e la copertina, con due figure, una maschile ed una femminile, mi aveva convinto ad acquistarlo. La cassiera, porgendomi la busta con il libro, si complimentò per la mia scelta ed io, con un finto intellettualismo, le dissi che ero un appassionato dell'autrice. Con un sorriso mi consigliò anche Per dieci minuti che andrò a comprare al ritorno.

E magari otterrò anche il suo numero.

Ma Antonio dov'è?

Cosa starà facendo ora? È felice? È ancora lui o la vita californiana l'ha cambiato? Spero che sia rimasto com'era perché così è la persona migliore del mondo, colui che ha così tanta forza da farti rimanere a galla.

Come un'eco indefinito mi sembra di risentire la sua risata durante quel giorno di pioggia di qualche anno fa. Erano le tre e un quarto del mattino e tornavamo dalla discoteca del padre di un nostro amico; la pioggia ci sorprese e noi, senza ombrello, cercammo un riparo per poter chiamare tranquillamente un taxi che potesse riportarci a casa. Intravista una pensilina dall'altra parte della strada, ci avviammo a passo veloce senza stare attenti alla strada. Inciampai rovinosamente sul marciapiede e le sue risate non riuscivano a dargli la forza per rialzarmi da terra, mentre io ridevo con lui. Più volte siamo tornati a parlare di quella sera, di come io sia un completo idiota e di come lui stesse cercando di salvarmi.

Il suo braccio è scivoloso, ora, più di quella notte.

Più di chiunque altro.

Sto perdendo la presa.

D'improvviso | #Wattys2017Where stories live. Discover now