Gina lavorava al ristorante

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Gina lavorava al ristorante tutto il giorno. Se avesse potuto non ci avrebbe lavorato nemmeno per dieci minuti, ma dal momento che Tommy era un idiota temeva di doversi rassegnare all'idea di passare la vita dentro al South BBQ. E il South BBQ era veramente il posto più squallido del mondo. Gina aveva le dita appiccicose di salsa barbeque per gran parte della giornata, e sentiva puzza di fritto anche quando lasciava quel patetico grembiule da cameriera nell'armadietto sul retro per poi andarsene a casa. Tommy era un idiota, ma lei a casa ci tornava lo stesso. Ci tornava sempre.

Da quando Tommy si era licenziato dall'impiego al molo faceva fatica a guardarla negli occhi, e lei avrebbe voluto gridargli in faccia che era cento volte più faticoso farsi il culo al South BBQ che alzare un cazzo di sguardo, ma non voleva essere pressante e non voleva essere odiosa. E peggio ancora, non voleva prendersela con Tommy se la loro vita faceva schifo. Non poteva certo rimproveragli di essere uno scansa fatiche, non lo era mai stato. E non poteva nemmeno rimproverargli quella fottuta voglia di smetterla di stare sull'ultimo gradino della scala sociale, e andando avanti con le considerazioni si rendeva conto che in realtà non poteva rimproverargli proprio un bel niente. No, non era tutta colpa di Tommy se lei lavorava tutto il giorno al South BBQ. Era un po' colpa di Tommy, un po' della colossale crisi economica in New Jersey, un po' di sua madre che non le aveva voluto pagare il college, un po' di Ronald Reagan... ma il succo della storia per Gina era sempre quello: il South BBQ era la sua prigione di hamburger e patatine fritte.

La parte peggiore di tutta la giornata era quando il tramonto si faceva rosso sul Passaic, e succedeva sistematicamente tutti i pomeriggi ad una certa ora, ovviamente. Ad essere triste e deprimente era il fatto che Gina sistematicamente tutti i pomeriggi proprio in quella certa ora si fermasse a guardare il fiume macchiarsi con la morte del sole, uno spettacolo tragico e ripetitivo, che forse lei per ignoranza trovava banale. Lo odiava quel tramonto. Lo odiava perché la faceva fermare in mezzo ai tavoli del South BBQ anche se aveva piatti da portare lungo tutte le braccia. Lo odiava perché gli ricordava quella sera in Butler Street, quando quello stesso rosso era sceso lasciando lei e Tommy al buio dentro la Chevy, e dato che si erano persi le chiavi di casa avevano fatto l'amore in macchina, e avevano parlato di andarsene da Newark, di tentare la fortuna a New York, ma qualcosa infine li aveva trattenuti, e poi avevano ritrovato le chiavi.

Era pomeriggio, ed era quella certa ora, e il tramonto era rosso sul Passaic, e Gina ricordò cos'era stato a trattenerli. Non volevano spezzare il cuore ai loro genitori. Non volevano essere egoisti. Non volevano pretendere troppo.

<<Ti dai una mossa con quegli hamburger, tesoro?>>

Gina si rimise in moto e liberò le braccia dai piatti da portata con una rapidità sorprendente, senza nemmeno fare confusione con i tavoli. Little Dough la guardava dalla finestrella della cucina.

<<Non chiamarmi tesoro, Dough, o ti faccio il culo a strisce>>

Con una risata sfacciata Little Dough attirò l'attenzione di qualche cliente. Lo chiamavano "Little" perché era grosso almeno quanto un carro armato. <<Dovrai prenderti la serata libera allora, Gin. Ti ci vorrà un po'>>

Gina in linea di massima trovava che Little Dough fosse una brava persona, ma quando voleva fare il simpatico e lei non era per niente in vena avrebbe voluto tirargli addosso tutti i piatti che le venivano sotto mano. Quando Dough le sorrise lei si girò dall'altra parte, e quando si girò dall'altra parte qualcuno le toccò il culo. Diede una sberla alla cieca e prese in faccia lo stronzo che aveva allungato la mano. Quello aveva un'espressione divertita, come se gli piacesse essere preso a schiaffi, e tutta l'aria di essere un figlio di papà. Si mise a ridere.

<<Hey>>, le disse. <<Ci vai giù pesante, piccola>>

<<Vai a fare in culo>>

Il signorino si alzò dalla sedia con una spocchiosità che faceva venir voglia di rispingerlo seduto a calci. Little Dough si sarebbe fiondato dalla finestrella della cucina, se ci fosse passato, ma ci mise poco anche a fare il giro passando dalla porta. Non sorrideva più, sembrava piuttosto un enorme mastino nero pronto a sbranare un pincher albino.

<<Il South BBQ offre la cena>>, disse. <<Sparisci>>

Gina non aspettò nemmeno di vedere se quello aveva intenzione di rispondere o sparire come da suggerimento. Andò via aprendosi un varco tra i due, e mandò al diavolo quelle ultime tre ore del turno. Timbrò l'uscita e lasciò il grembiule sulla finestrella di Dough, che li portasse lui quegli hamburger del cazzo.

Tommy+GinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora