Tommy lavorava al molo

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Tommy lavorava al molo. Le imbarcazioni attraccavano, lui si calava il cappello di lana sulla testa, scaricava le stive, si spaccava le nocche delle mani, bestemmiava, e poi ringraziava il cielo contro il quale aveva appena bestemmiato. Era un uomo, doveva per forza amare le contraddizioni. Ma non doveva per forza amare il mare. Perciò il mare gli faceva schifo.

Non li capiva quelli che amavano il mare, non li capiva proprio. Puzza di pesce morto e salsedine secca sulla faccia, umidità fin dentro le ossa, un freddo cane alle quattro di mattina, sale sotto la lingua. Se c'era una parte bella, lui non la vedeva. Vedeva i quattro dollari all'ora che gli entravano in tasca, e anche se non erano esattamente la cosa più bella che si potesse avere in tasca, Tommy non discuteva, se li prendeva più che volentieri.

La sua vita valeva quattro dollari l'ora, bella merda. Ma chi era quello stronzo che aveva parlato del sogno americano? Gliel'avrebbe fatto vedere lui, il sogno americano.

Il porto di Newark era nero come i container stagliati lungo il molo, dava l'impressione di essere refrattario a qualsiasi tipo di luce, eppure di giorno doveva avere per forza dei colori. Tommy di giorno dormiva, perciò il porto per lui era sempre nero e basta, senza altre possibilità.

Lavorava dalle due alle cinque, tutti i giorni della settimana, tutti i mesi dell'anno, tutti gli anni della sua esistenza. Dodici dollari. Un panino ne costava cinque. Ma Tommy non voleva un panino. Tommy voleva una vita, anche se suo padre gli aveva insegnato che non bisognava mai pretendere troppo in questo mondo. Tommy non ricordava nemmeno più le volte che lo aveva mandato a farsi fottere.

Gli sembrava assurdo non poter pretendere, gli sembrava assurdo non poter vivere. E cazzo, gli sembrava assurdo che il sindacato fosse in sciopero. Per cosa scioperavano, per il diritto di avere più maionese nei panini della pausa pranzo? Non lavoravano nemmeno quelli del sindacato, non avrebbero avuto neanche diritto al pranzo, figurarsi alla maionese. E poi era lui a pretendere troppo.

Pretendeva che il sindacato facesse quello che un cazzo di sindacato dovesse fare, questo era pretendere troppo? Quanto poteva mai essere impossibile alzare quel dannatissimo stipendio da quattro fottutissimi dollari a cinque strafottutissimi dollari?

Decise che la battaglia per quel dollaro poteva combatterla anche da solo, fanculo al sindacato.

Lasciò la presa sul carico che stava spostando sulla pedana e annusò l'aria. Avrebbe voluto sentire l'odore di una nuova speranza, invece respirò lo scarico della fogna poco distante. S'incamminò verso il gabbiotto delle paghe, le mani in tasche, le nocche spaccate dal freddo. Il tizio per cui lavorava, un certo Bob Child, stava fumando un sigaro e leggendo un giornale. Aveva una tazza fumante appoggiata sulla scrivania, accanto ai piedi tirati su.

<<Vorrei un aumento di un dollaro sulla paga>>

Bob Child non alzò nemmeno lo sguardo dalla pagina sportiva, gli Yankees avevano appena battutto il record di vittorie consecutive della stagione. <<E io vorrei un sandwich prosciutto cotto, mozzarella e pomodoro. Come la mettiamo?>>

<<La mia paga aumenta di un dollaro e lei va a comprarsi un sandwich>>

No, Bob Child non era in vena di contrattazioni. <<Se la tua paga aumenta di un dollaro l'ora, fanno tre dollari a notte, ragazzo. E io come me lo compro il sandwich?>>

<<Ha trenta dipendenti, i miei tre dollari non le cambiano la vita>>

<<Non sono i tuoi tre dollari, sono i miei tre dollari>>

Tommy avrebbe voluto spaccare il gabbiotto con un pugno, ma sapeva che il plexiglass non avrebbe ceduto, e le sue nocche avrebbero sanguinato. Avrebbe solo fatto la figura dell'idiota, e lui non era un idiota, era solo uno che voleva un dollaro l'ora in più. Un fottutissimo dollaro.

<<Se non mi aumenta la paga di un dollaro mi licenzio>>

Bob Child scoppiò a ridere. <<Questi giornalisti sono degli idioti, leggi qua: gli Yankees hanno avuto solo fortuna! Ma che mondo è questo?! Il talento non esiste?! Esiste solo la fortuna adesso?!>>

<<Mi licenzio>>

<<La fortuna non esiste, ecco il fatto. Esiste il talento, ma tutti ripiegano sulla fortuna>>

Tommy non seguiva il baseball, non tifava gli Yankees, non aveva nessun talento particolare, non aveva fortuna. Di solito aveva quattro dollari in tasca per ogni ora spesa al molo del porto di Newark, ora non avrebbe avuto più nemmeno quelli. Aveva preteso troppo, e mandò a farsi fottere il suo vecchio ancora una volta, perché aveva avuto ragione, e lui aveva avuto torto e cominciava a mettersi male. Cominciava a mettersi davvero male.

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