Capitolo 2

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Fermò la macchina, mi guardò in modo minaccioso e mi disse:
-Non pensare che io l'abbia fatto perché mi piaci, non iniziare a farti filmini mentali da bambina.

La rabbia ribolliva nel mio sangue, ma decisi di mantenere la calma e non dire nulla.

Arrivati a casa ci accolse sua mamma, Jawaher.
Mi portò in salone e mi disse di accomodarmi.

La casa era, a dir poco, stupenda.

Jawaher portò una cioccolata calda e dei biscotti che aveva fatto la mattina stessa.

Fecimo conoscenza e poi mi portò in una camera e mi diede un pigiama della sorella di Youssef che quella sera non c'era.

La mattina fui svegliata dai raggi abbaglianti del sole.
Scesi in cucina e trovai Jawaher che preparava la colazione.

Poco dopo scese anche Youssef che non mi degnò neanche di uno sguardo.

Io feci lo stesso.

Dopo colazione decisi di tornarmene a casa.
Quando salutai Jawaher e mi recai verso la porta qualcuno mi prese il polso e mi fermò.

E ora che vuole!?

- Mi dica, signor Youssef.- Dissi annoiata, liberandomi dalla sua presa.

- Innanzitutto, togli questa formalità, Youssef.-Iniziò.- Aspetta che ti accompagno a casa.

- No vado da sola.- Negai.

- Non insistere.

Prese le chiavi della macchina e uscimmo.
Arrivata casa, andai a salutare mama.

Mama disse che quella sera sarebbero venuti degli ospiti che non conoscevo e che dovevo aiutarla in casa.

Sistemai casa poi feci una torta al cioccolato.

Andai a farmi una doccia, mi misi un abito lungo rosso chiaro e mi truccai.

Gli ospiti sarebbero arrivati per le diciannove. Erano ormai vicini.

Mamma aprì la porta e io rimasi in cucina a preparare il the e, quando fu pronto, lo portai in sala, dove gli ospiti erano seduti

Quando entrai trovai Jawaher, Youssef, una ragazza di circa 19 anni - che pensavo fosse sua sorella- e loro padre.

Fui sorpresa, molto. Mai mi sarei aspettata di trovarlo a casa mia, non dopo il suo atteggiamento nei miei confronti.

Salutai e andai a sedermi.
Youssef non mi tolse gli occhi di dosso e mi sentivo le guance rosse e il corpo che bruciava, ma comunque colmavodi odio verso di lui.

Parlarono di lui e cosa avrebbe fatto nella vita poi parlarono di me.
D'un tratto Abdellah disse:
- Oggi siamo venuti per chiedere la mano di vostra figlia Sahar per nostro figlio Youssef.

A quelle parole rimasi molto scioccata, iniziai a tremare e non avevo più il coraggio di alzare la testa.

Io e lui insieme? Mai.
Avevo il cuore che andava a mille.

Alzai la testa titubante e guardai Youssef.
Mi sorrise e sembrò far dimenticare al mio corpo e alla mia mente la rabbia che rancoravo.

- Nostro figlio, come vi abbiamo già detto, lavora, ha una casa, ed è in grado di gestire la sua famiglia senza i suoi genitori. Che dite? Se volete vi lasciamo del tempo, quando volete, per decidere.- Continuò suo padre

- Siamo molto legati a nostra figlia e ci dispiacerebbe che si sposasse anche se è un dovere e saremo anche molto felici per lei... figliolo ti prenderai cura di lei?- disse mio padre con tono malinconico, rivolgendosi a Youssef.

Mi guardò per un'attimo dritto negli occhi, mi sorrise e poi disse:

- Certo zio, sarà nei miei occhi e non le farò mancare niente, è una promessa e se non la mantengo io sono qui e puoi far di me quello che vuoi.

- Oh figlio mio, sei veramente un buon uomo.- Disse mia madre con un sorriso a trentadue denti.

- Allora figliolo, prenditela e sta attento a questa piccola peste.

Le due madri lanciarono un urlo di gioia tanto che saltai in aria.
Youssef mi guardò e si mise a ridere per la mia faccia spaventata.

Il suo sorriso era così bello che mi aveva contagiata, mi misi a ridere pure io come una matta.

Tra chiacchiere e risate si era fatto tardi quindi dovevano andarsene.

Sistemai casa con mamma poi andai a farmi una doccia calda e poi a nanna.

La mattina, come al solito, mi sveglia presto, non mi feci la doccia perchè l'avevo fatta la sera prima, mi vestì, mi truccai leggero, feci colazione poi uscì per andare al lavoro.

Avevo un po' di ansia perché avrei incontrato il mio fidanzato.
Com'era strano, ieri era il mio datore ed oggi il mio fidanzato. Anche pronunciato, suonava insolito, incredibile.

Lo trovai già in ufficio. Avevo paura di entrare ed affrontarlo, come quando devi ammettere ai tuoi genitori che hai preso un brutto voto. Hai paura di ricevere una brutta reazione.

Feci un respiro profondo ed entrai.
-Buongiorno- Dissi timida.

-Buongiorno- Disse lui con un tono un po' infastidito, come se non volesse che io fossi lì.

Mi sentì come se avessi commesso un male ed ora la gente ti guarda male per ciò che hai combinato.

Mi sorprese anche il suo cambiamento: la sera prima aveva promesso a mio padre che mi avrebbe trattata bene e il giorno dopo sembrava non volermi intorno a lui, come fossi un grande peso.

Appoggiai la mia borsa ed uscì senza dire nulla.
Andai a prendermi una cioccolata per tranquillizzarmi. Infilo le monete nella macchinetta ed aspettai che la mia bevanda fosse pronta.

Lui, poco dopo, uscì dal suo ufficio e se ne andò non so dove.
E quanto avrei voluto saperlo.

Finì velocemente la mia cioccolata e tornai in ufficio a finire il mio lavoro.

Alle cinque del pomeriggio finì il mio lavoro e decisi di tornare a casa.
Di Youssef nessuna notizia e non era rientrato in ufficio.
Decisi di fregarmene, se ci teneva, tornava.

Il suono del mio telefono mi distrasse: era mamma.

- Pronto?- Chiesi portandomi il dispositivo all'orecchio.

- Pronto, tesoro, vieni subito a casa che devi preparati che siamo invitati a cena dalla famiglia di Youssef.

Ripensai a ciò che era successo in mattina e mi infuriai ancor di più.

- No mamma, non mi va di venire. Sono molto stanca e voglio riposare.- Mentì. Non mi andava di dirle che, già il primo giorno di fidanzamento, il mio caro fidanzata mi aveva trattata male.

- Che hai figlia mia?- Chiese.

- Niente mamma, è che non ho dormito bene e oggi la giornata è stata molto faticosa e non mi va di andare, voglio solo riposare.

- Anche se non sarebbe un bel gesto da parte tua, va bene stai a casa.- Affermò titubante.

- Grazie mamma.

- Prego tesoro. Dai a dopo, fai attenzione.

- Sì mamma.- Salutai e chiusi la chiamata, rimettendo nella borsa il cellulare.

Forse mia madre aveva ragione, non è un bel gesto da parte mia, ma comunque non ci pensavo neanche di andare da quello che non si poteva nominare.

Arrivai a casa e trovai che erano già andati.
Mangiai qualcosa poi accesi la tv.
Ero tranquilla finché non suonò al campanello.

Sahar's Story [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora