31. Riscossa

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«Ti sei ripreso davvero» sorrise Myrindar. Era mezzogiorno e, sotto un pallido sole che non scaldava affatto l'aria gelida dell'inverno ormai prossimo, mentre attraversava il campo dell'Esercito Libero Myrindar si era imbattuta in Dane che, spada da allenamento alla mano, stava scambiando qualche fendente con alcune reclute di Yndira. Lei l'aveva salutato, il ragazzo aveva terminato il duello e le si era avvicinato, il respiro corto e il volto imperlato di sudore nonostante la giornata non fosse affatto calda.

«Già, e devo ringraziare i Cavalieri» rispose lui, accennando un sorriso mentre riprendeva fiato. Si era tolto la camicia, accaldato dall'allenamento, e la cicatrice bianca spiccava sulla pelle scurita dal sole.

«Come mai in giro a quest'ora?» chiese il ragazzo, posando la spada per sgranchirsi le braccia.

«Alshain mi ha convocata, ma è ancora presto, così facevo un giro.»

«Evidentemente i consigli di guerra non si fermano per il pranzo» sorrise Dane e Myrindar scoppiò in una risata. Il clima non era dei migliori, con l'approssimarsi sempre di più dell'attacco da parte dell'Esercito Libero alle forze dell'Usurpatore, e la ragazza apprezzò il tentativo dell'amico di sciogliere un po' di tensione.

«Così pare! Ti lascio al tuo allenamento, ora è meglio che mi avvii. A presto!» Si allontanò salutando con la mano, un lieve sorriso ancora sulle labbra. Era davvero felice che il giovane stesse bene, anche se la preoccupava questa sua smania di combattere. Doveva riuscire a convincerlo a stare fuori da quella guerra, o si sarebbe fatto ammazzare.

Nulla era cambiato rispetto alla prima volta in cui era entrata nell'accampamento, ancora lontani mesi prima: c'erano ancora i fabbri che battevano sulle loro incudini tra i vapori delle forge e le sentinelle lungo il perimetro, c'erano ancora i cavalli nelle stalle e gli stendardi partiti di azzurro e di rosso con la punta di lancia d'oro che garrivano al vento freddo; allo stesso tempo, l'angoscia si era fatta pressante, come se appesantisse l'aria e rendesse difficile respirare.

Myrindar costeggiò la zona in cui erano accampati gli Elfi sbirciando con malcelato stupore tra le tende della tinta delle foreste. Erano pallidi ed eterei nelle loro armature di cuoio su cui spiccava lo stemma di Gylne Lyset – un falco d'argento incoronato d'oro su campo verde –, ma si comportavano esattamente come i loro commilitoni umani: sedevano intorno ai fuochi cantando canzoni di guerra nella loro lingua fluida, si allenavano, si occupavano degli armamenti.

Due di loro, che arrivavano dalla direzione opposta alla sua, si fermarono a farle un cenno con la testa, e uno di essi, a bassa voce, mormorò:

«Che il Fato ti sia favorevole, Odahir

Poi proseguirono la loro strada, lasciandola, sbalordita, a seguirli con gli occhi.

Scosse la testa. Sapeva cosa significava Odahir, era la parola elfica per "Marchiata", ma non aveva idea che gli Elfi la tenessero in così gran considerazione tanto da salutarla per strada e augurarle una buona sorte – soprattutto dopo quello che era successo quando era stata a Gylne Lyset. Molte cose erano cambiate da allora, e questo sembrava essere un'ulteriore prova.

«Tu!»

La ragazza sussultò e si voltò. Dall'interno dell'accampamento elfico si stava facendo avanti di gran carriera un soldato, avvolto in un mantello color terra che svolazzava dietro di lui a ogni passo. Portava i capelli color miele tagliati a spazzola, sulla sua fronte stava il diadema di bronzo degli alti ufficiali; teneva la mano stretta sull'impugnatura della sua spada ricurva e puntava dritto verso di lei, il volto distorto in un ringhio, scostando di malagrazia chiunque gli intralciasse il cammino.

Myrindar si fermò e aspettò l'Elfo, tesa. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato: non le serviva chissà quale sforzo di fantasia per intuire chi fosse il guerriero che stava per affrontare.

Aleestrya [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora