1. Terribilmente in ritardo

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Sorpassare i cancelli di una scuola dopo tre mesi in cui non ci avevi nemmeno pensato, alla scuola, aveva un non so che di traumatico.
Mi voltai verso l'auto di mio padre e lo salutai con la mano mentre accelerava per sorpassarmi e dirigersi a lavoro.
Tornai a rivolgere la mia attenzione all'enorme edificio che avevo a pochi metri. Ero circondata da ragazzi, primini e non, che non conoscevo. Non conoscevo nessuno di loro. Era la prima volta che vedevo quella scuola e mi sembrava gigantesca, anche se piena di vita e di gente.
Mi ero trasferita da Roma poco tempo prima, quell'estate, per il lavoro di mio padre. Era stato un trauma, per me, traslocare da una grande e caotica città ad un pidocchioso paese pieno di vecchi - o almeno così io me l'ero immaginato. E cambiare scuola in quinto superiore non giovava di certo alla mia istruzione.

Avevo lasciato tutti i miei amici a Roma per trasferirmi dall'altra parte d'Italia, in Veneto, dove tutti odiavano il modo in cui parlavo e ai miei occhi quella gente era completamente diversa da quella che ero abituata a conoscere.
Vivere nel centro città ha i suoi benefici, e uno di questi sono i vicini tranquilli che si fanno i fatti propri. Appena eravamo arrivati nella nuova casa, tempo due ore, e già dieci persone erano venute a farci visita. Non sopportavo tutta quella falsa cordialità borghesuccia.

Iniziai a camminare lungo il viale, circondato da un giardino con aiuole e studenti seduti sui muretti o sulle panchine. Erano tutti intenti a salutarsi, a parlare tra di loro delle vacanze e io me ne stavo da sola come una povera cretina.

Mi ritrovai ad osservare l'edificio scolastico che sembrava di recente costruzione, visto che i muri erano perfettamente imbiancati e tutte le finestre e le porte non erano danneggiate o mezze spaccate, come nella mia precedente scuola di Roma.

Sostanzialmente avevo scelto quella scuola perché era la più vicina a casa mia ad offrire lo stesso indirizzo che avevo intrapreso dal primo superiore e che mi apprestavo a concludere quell'anno, con i temutissimi esami di maturità.

Quella giornata di settembre era calda e afosa già di primo mattino, perciò, mentre percorrevo incerta il grande viale d'ingresso all'istituto, decisi di sfilarmi il giacchetto di pelle che avevo deciso di indossare quella mattina.

Solitamente non ero troppo fissata con gli outfit, la moda del momento e le stramberie da teenagers, mi piaceva vestirmi come volevo, azzardando abbinamenti improbabili, come in quella calda giornata estiva, in cui indossavo dei mom jeans, una t-shirt oversize rosa shocking e delle espadrillas ai piedi, con il giacchetto di pelle. Di certo non ero così conformista.

Mi vidi sorpassare da un gruppetto di ragazze che parlottavano a bassa voce, lanciandomi occhiate non troppo velate. Indossavano tutte dei leggings, delle Stan Smith bianche ed una t-shirt. E quando dico tutte, intendo tutte, una la fotocopia dell'altra. Non ci feci molto caso, alle loro occhiate indagatrici sul mio outfit, e continuai a camminare, arrivando alla porta d'ingresso.

Non avevo idea di dove andare. Quell'edificio era enorme, circa due volte la mia precedente scuola, aveva un sacco di sezioni ed io non sapevo neanche lontanamente a quale piano era collocata l'aula che avrei dovuto raggiungere.

Appena varcata la porta d'ingresso, notai sulla sinistra un piccolo bar, già aperto. Nella mia vecchia scuola il massimo che potevamo permetterci era il bar di Mario davanti l'istituto, che ospitava ubriaconi a tutte le ore e vendeva cornetti dal sapore di vecchio. Qui avevano anche il lusso di ospitare un bel bar, con tanto di bancone in finto marmo e vetrinetta, all'interno della scuola. Roba da matti.

Strisciai il badge per confermare la mia presenza; mia madre aveva fatto un salto all'istituto pochi giorni prima per ritirare tutto ciò che avesse potuto servirmi durante la prima settimana.

Mi guardai intorno in cerca di qualcuno a cui chiedere indicazioni, di certo non era il massimo arrivare in classe in ritardo il primo giorno di scuola, in una nuova scuola, in quinto superiore.

Can You Chase Me? |Mike Bird|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora