Capitolo 5 - Parte 1/2

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Conclusa la cena, io e Zack ci dirigemmo nelle nostre stanze, parlando ancora un po'.

Dopo essermi cambiato per la notte, mi diressi al mio letto con in mano il ciondolo che vidi chiaramente illuminarsi di quella piccola luce azzurra. Mettendomi al caldo sotto le coperte, mi addormentati guardando quella piccola goccia luminosa.

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Sentii chiaramente il silenzio che portava il primo orario pomeridiano, quasi tutti all'orfanotrofio erano a dormire. Ma non io, mi piaceva in quei attimi di silenzio dirigermi nel mio rifugio per rilassarmi grazie alla mia passione... la scrittura.

"La piccola fatina continuava il suo viaggio verso l'amore che non aveva ancora trovato. Dirigendosi verso una piccola casetta, provò a bussare alla porta per chiedere chi abitava lì dentro se avevano qualcosa da mangiare per il suo piccolo stomaco che brontolava per non aver pranzato. La piccolina, non ricevendo risposta, aprì la porta che non era chiusa a chiave: <<E' permesso?>> domandò un po' incerta di poter entrare in quella casetta minuscola a misura di fatina.

Ancora nessuno le aveva dato una risposta, allora lei entrando con timore, vide in primo piano sul tavolo un pezzo di pane, con accanto dei pomodori. <<Che languorino.>> Disse a voce bassa, poi avanzando davanti a sé, dopo quel tavolo, notò una porta che faceva vedere chiaramente una stanzetta, con un lettino dove dentro stava riposando qualcuno. Lei stupefatta da quella presenza, indietreggiò sonoramente colpendo la sedia che era dietro di lei. <<Oh, no!>> Esclamò rimanendo immobile a guardare quel piccolo esserino che dormiva in quel letto.

A primo impatto sospirò per non averlo svegliato, in seguito, cercando di uscire da quella casetta, dando le spalle a quella stanza, sentì dietro di sé il fruscio di alcune lenzuola muoversi, poi una voce arrivare a lei: <<Chi sei? Cosa ci fai in casa mia?>>

Quelle domande la fecero venire ancora di più la paura di essere entrata in quel posto. Conobbe quella voce, era di un ragazzo, ma non sapeva ancora com'era il suo volto, non avendolo ancora visto. Lei voltandosi nuovamente verso quella stanzetta si inchinò a lui dicendo: <<Mi dispiace tanto di essere entrata nella tua casetta senza dire niente. Avevo fame e non mi ero accorta che dentro c'era qualcuno, visto che la porta non era chiusa a chiave.>>

Sentì i passi avvicinarsi a lei, poi la sua voce riprese a farsi sentire, con più tranquillità: <<Non volevo spaventarti.>>

A quelle parole lei, alzò gli occhi su di lui vedendo con sorpresa che era un essere come lei, una fatina con ali trasparenti, orecchie a punta e un visino al quanto carino che ispirava tutta la tenerezza del mondo. I suoi capelli di un ramato riprendeva i suoi occhi color cielo.

Lei abbozzò un sorriso alla vista di quell'ometto, che sembrava avesse la sua stessa età dalla bellezza giovanile della sua pelle e per come si poneva. Lui la guardò con quei occhi azzurri: <<Cosa ci fa una fatina da sola, qui?>>

Lei tentò di abbozzare una risposta decente: <<Io sono partita dal posto in cui vivevo per trovare l'amore.>> Dopo quelle parole lei si aspettò che lui ridesse a crepapelle, perché forse era assurdo partire per una cosa del genere, ma invece, con stupore lui rispose: <<In tanti libri ho letto quanto l'amore sia bello, ma anche in alcuni versi triste. Però, io ho creduto sempre in parte a quei libri, visto che non ho mai provato sulla mia pelle cosa volesse dire amare tanto qualcuno.>>

Al viso stupefatto di lei: <<Anche per me è la stessa cosa.>>

A quelle parole lui le sorrise apertamente, poi le domandò: <<Se hai fame posso offrirti qualcosa.>>

La tigre alataWhere stories live. Discover now