21.

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Fisso il soffitto mentre ripenso a ciò che è appena accaduto.

Non sapevo cosa dirle o cosa fare, ero completamente paralizzata e le mie gambe tremavano e avrei tanto voluto qualcosa di morbido sotto di me per potermici abbandonare sopra. Lei sembrava capire cosa stessi provando e forse era anche per questo che non voleva dirmelo; all'improvviso non sembrava più tanto insensibile nei miei confronti. La mia mente sperava che lei stesse scherzando o che stesse mentendo, speravo di rivedere quel solito ghigno sulla sua faccia per avere la certezza che mi stesse prendendo in giro, ma non fu così. La sua mano mi accarezzò delicatamente la spalla per consolarmi e fu allora che lo vidi. Uno splendido anello con un diamante sopra ornava il suo dito e so per certo che avrei preferito indossarlo io.

Per quanto ne sanno i ragazzi sono malata, quindi evitano di disturbarmi in questo momento orribile della mia vita.
Ho dovuto inventare una scusa per frenare le loro domande sul mio comportamento e per cacciarli finalmente dalla stanza.
Sto male. Per una volta non mi dà fastidio rimanere da sola, anzi non ho proprio voglia di stare con qualcuno. Preferisco rimanere nel mio letto a deprimermi, a pensare a tutto quello che è successo e sta succedendo, sempre troppo in fretta e io che non sono mai capace di cogliere l'attimo giusto.
Tutti quei gesti nei miei confronti, tutte le sue parole erano false. Ogni cosa che ha mai detto o fatto era una bugia, e io ci sono cascata, come sempre troppo ingenua per capire la realtà, o forse non volevo capirla?
Quel "ti amo", detto sperando non lo sentissi, mi aveva dato qualche speranza che forse avrebbe funzionato, ma qualunque futuro si fosse formato nella mia testa era stato spazzato via dagli avvenimenti di quella mattina, riportandomi alla triste e amara realtà.

Sento bussare alla porta e un attimo dopo la vedo aprirsi mostrando proprio lui, l'ultima persona che doveva presentarsi qui.
Vorrei dirgli qualcosa, come fargli notare che finalmente ha imparato a bussare, almeno quello, ma sono completamente bloccata con la gola secca e un grande bisogno d'acqua.
Sta sulla porta come paralizzato e mi guarda. Solo allora noto il suo sguardo pieno di emozioni, triste, compassionevole, sconvolto, ma allo stesso tempo inespressivo, incomprensibile.
Capisco subito a cosa sta pensando. La sua ragazza gli avrà detto tutto, come poteva cadere nella trappola della febbre?
Le lacrime minacciano di uscire, così mi faccio forza e tiro finalmente fuori la voce.
"Potresti per favore andartene? Ho bisogno di stare sola." Glielo chiedo quasi supplicandolo e lui sembra essere spiazzato dal mio tono e dalla mia richiesta.
Chiude la porta e scuote la testa mentre si avvicina.
"No, non me ne andrò, dobbiamo chiarire."
"Mi è già chiaro tutto, Paulo. Non c'è bisogno che tu me lo rispieghi." Dico voltandogli le spalle per nascondere le lacrime. "E ora, per favore, vai via." La mia voce mi tradisce e appare rotta dal pianto.
"No, non voglio andarmene. Vorrei stare qui con te, per sempre." Anche la sua voce è cambiata e sembra più triste.
"Non credi di essere un po' incoerente allora? Ho sentito abbastanza parole uscire dalla tua bocca, adesso basta. Non voglio più parlare con te. Devo dimenticarti e lo farò, questa è la realtà e devo accettarla, quindi non stare qui a peggiorare la situazione." Alzo la voce mentre sto ancora piangendo e non ho intenzione di voltarmi e guardarlo negli occhi, non ci cascherò di nuovo.
"Va bene, me ne vado. Ma, per favore, quando ti sentirai pronta, ho bisogno di parlarti... devo parlarti." La sua voce è tremante e prima che chiuda la porta sento un singhiozzo.

Green eyes.|| Paulo DybalaWhere stories live. Discover now