Chapter 20: Crying

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Un peso morto sul mio letto mi spinge a rannicchiarmi maggiormente sotto il piumone, pronta a fingere un mal di pancia o un mal di testa pur di evitare la scuola oggi, perchè dopo gli avvenimenti del weekend affrontare la scuola e di conseguenza anche Luke è fuori discussione.
Ho bisogno di trovare una valvola di sfogo che non preveda omicidi o abbuffate di cibo spazzatura.
"Mamma, sto male" mormoro, nascondendomi sotto le coperte, cercando poi da qualche parte il cellulare, trovandolo esattamente sotto la schiena, e non appena lo accendo, rischiando di perdere la vista, mi accorgo che sono le nove e mezza.
È impossibile che sia lei, ma è stata abbastanza dolce da farmi rimanere a casa nonostante la scuola.
"Ellie" mugulo allora, facendo capolino da sotto il piumone, ma invece degli occhi tendenti al verde della mia migliore amica ne trovo due azzurri screziati di blu.
Luke.
"Come diamine sei entrato in casa mia?!" Esclamo, mettendomi a sedere, facendo barcollare e quasi cadere Luke ma, grazie al mio buon cuore, lo afferro giusto prima che si ritrovi con il sedere per terra.
"Stare in tua presenza mette sempre a rischio la mia salute" borbotta, mettendosi a sedere prima di massaggiarsi il polso che gli ho stretto, facendomi alzare gli occhi al cielo.
"Avevi soltanto da andartene a scuola invece di venire a rompere le palle a me e... Aspetta, che ci fai qui? Come sapevi che non sarei andata a scuola?" Domando, guardando il biondo in cagnesco, accoccolandomi maggiormente sotto le coperte.
Luke sorride leggermente colpevole: "aspettavo che uscissi di casa stamattina, alle sette e mezza, ma alle otto ho incrociato una madre che mi ha detto che stavi male e... Non so, pensavo fosse colpa mia".
Almeno pensa cose sensate, non è del tutto una testa di tubero.
"Non è colpa tua, sarà influenza, o il vaiolo o la peste bubbonica. In questo momento sono tossica quanto l'olio di palma, quindi è meglio se te ne torni a casa o se te ne vai a scuola" borbotto, tornando a stendermi, sentendo il sonno di nuovo attirarmi a sè, quando Luke, che nella sua vita non ha mai dato retta a nessuno si alza in piedi, ma non per andarsene, come vorrei, bensí per togliersi le scarpe e...
I pantaloni.
"Ma che stai facendo!" Lo rimbecco, coprendomi gli occhi con il cuscino, ma lui non risponde per qualche secondo finchè il materasso non si abbassa sotto un peso sconosciuto e non sento un profumo dannatamente familiare avvolgermi.
"Vorrà dire che rimarrò a dormire con te Princess Peach" sospira Luke, e quando abbasso il cuscino lo trovo accanto a me, i capelli leggermente sconvolti dal cuscino ed un'espressione illeggibile sul viso.
"Perchè sei qui, Luke? Dimmi la verità, non ho voglia di farmi mille congetture sui tuoi pensieri".
Luke rimane in silenzio, scostandomi poi una ciocca di capelli dal viso.
"È che... Ieri mattina te ne sei andata presto, e non mi ricordavo come ci si sentisse a svegliarsi senza te dopo aver fatto...".
Non c'è alcun bisogno che concluda la frase, sappiamo entrambi cosa vuole dire.
"Di solito sei sempre tu ad andartene per primo, vero?".
"Sí".
Rimaniamo in silenzio, i miei occhi a cercare una traccia del mio Luke, del ragazzino che era, ma quello che ho accanto sembra essere uno sconosciuto.
Bello, attraente e impossibile da sopportare, una copia del bambino che era e dell'uomo che non sarebbe mai divenuto.
"Mi dispiace, Peach".
Qualcosa dentro di me si spezza, sarà per il 'mi dispiace' in sè, per il mio nome, per quello che si cela dietro, per la malinconia nella sua voce, e non riesco a trattenere una lacrima sola, salata e calda, che riga la mia guancia, facendomi maledire l'amore che comunque, in un modo o nell'altro, mi lega a Luke con un cordone ombelicale che ho paura nessuno potrà mai recidere.

Never Again || Luke Hemmings Where stories live. Discover now