Dormi..❤️ "jerza"

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Era dura, per loro, sopravvivere.
Malmenati, sfruttati, senza cibo né acqua a sufficienza.
Non potevano riposarsi se troppo stanchi, né avere del tempo per guarire se malati.
La loro vita era appesa ad un filo, che sembrava farsi più sottile giorno dopo giorno; che speranze potevano avere, loro, piccoli bambini, quando persino i più grandi soccombevano per la troppa fatica, o per le malattie che si diffondevano a causa delle condizioni di pessima igiene, della scadente (per non dire assente) alimentazione, senza parlare delle cure che avrebbero dovuto avere in seguito alle numerose ferite procurate durante il lavoro?
Certo, avevano la speranza.
Jellal provvedeva sempre ad animare i suoi amici, a non lasciare che nessuno di loro perdesse di vista la luce: sapeva che cedere al buio era il primo passo verso la sconfitta. E non voleva perdere i suoi amici: loro dovevano fuggire, essere liberi, divertirsi insieme.
Aveva a cuore ognuno dei suoi compagni, e faceva del suo meglio per alleviare la vita di ognuno; attraverso le parole, ma anche aiutandoli se ce n'era bisogno, coprendoli se stavano male, facendo il lavoro anche al loro posto. La fatica era ripagata dai loro sorrisi, e dalla luce della speranza che vedeva nei loro occhi.
Voleva proteggerli, ad ogni costo. C'era però un luogo in cui non gli era permesso accedere: il mondo dei sogni; Jellal sapeva che una dei suoi compagni in particolare di notte aveva gli incubi, ma proprio non sapeva come aiutarla.
La prima volta che nella notte venne svegliato da un respiro affannato e leggeri gemiti, si limitò ad ascoltare, sollevato dal fatto che, anche nel buio, l'aveva vista agitarsi per un po', ma calmarsi subito.
La seconda volta, pochi giorni dopo, sentì che non riusciva a trovare pace; la sentiva lamentarsi, e soffriva per lei. Quindi cacciò un urlo, svegliando tutti, dicendo che aveva sognato che uno scarafaggio gigante con i baffi, vestito da re, lo inseguiva. Tra le risate generali, notò che anche sul volto della sua amica si era formato un sorriso: questo per lui era abbastanza.
La terza volta, Jellal decise di muoversi; non poteva svegliare di nuovo tutti i suoi compagni, ma non sarebbe riuscito a passare la notte immobile, sapendo che lei non trovava pace.
"Erza" La chiamò quindi piano, dopo aver attraversato l'ambiente stretto in cui dormivano, ed essersi accucciato affianco a lei.
"Erza, svegliati, stai facendo un incubo" La chiamò di nuovo, scuotendola leggermente, fino a quando l'altra non aprì gli occhi; vide che alcune lacrime le avevano rigato il volto.
"J...Jellal?" Lo chiamò lei, confusa. Il bambino le sorrise, sollevato.
"è successo qualcosa?" Chiese l'altra, lo sguardo impaurito. Lui scosse la testa, dicendo:"Va tutto bene? C'è qualcosa che ti preoccupa?".
Lei distolse lo sguardo, senza rispondere.
Jellal rimase fermo per qualche secondo, sperando che cambiasse idea.
Era arrabbiato, perché avrebbe voluto poter entrare nei suoi sogni, e sconfiggere chi li tormentava.
Dopo un po' fece per andarsene, ma venne fermato; una mano della bambina lo tratteneva per la maglietta.
"Jellal..." Sussurrò piano, tanto che l'altro quasi faticò a sentire le parole successive:"Rimarresti con me? Per favore?".
Le gote del bambino si tinsero istantaneamente di rosso; mentre ringraziava il buio che li avvolgeva, si sistemò affianco a lei. Dopo un attimo di esitazione, decise di avvolgere le braccia intorno a lei, come a proteggerla. Erza, dal canto suo, seppure incredibilmente imbarazzata, non riusciva a non trovare quell'abbraccio e quel calore confortevole e rassicurante. Appoggiò la testa al petto dell'altro senza pensarci, lasciandosi cullare dal suo respiro.
Fu forse questa inaspettata ma tutt'altro che sgradita vicinanza a spingerla a mormorare:"Ho paura, Jellal.". Lui non rispose, ma capì che la stava ascoltando.
"Ho paura...per te."
I muscoli del bambino si irrigidirono, e lui la guardò, confuso, ma lei teneva lo sguardo fisso sul suo petto, e le sue mani gli stringevano la maglietta.
"Tu...Ti impegni sempre a proteggerci, e a sollevarci il morale, ma...Cosa succederebbe se tu perdessi la speranza? Tutti noi perderemmo la nostra luce, e allora..." Non concluse la frase, ma l'altro capì ugualmente. Le presa intorno a lei si fece inconsapevolmente più serrata.
"Jellal, tu pensi davvero che riusciremo a scappare?".
Al bambino iniziò stranamente a far male nel petto, quando vide che l'altra stava piangendo.
"Erza." La chiamò, abbassandosi fino a far toccare le loro fronti; iniziò a guardarla negli occhi, deciso, cercando di trasmetterle la sua sicurezza:"Noi riusciremo a scappare, Erza -disse- Un giorno usciremo da qui, e potremo vivere la vita che vogliamo. Dobbiamo solo avere fiducia nel futuro". Un sorriso affiorò sulle sue labbra.
"E non devi preoccuparti per me. Finchè voi sarete al sicuro e felici, non c'è modo che io perda la mia speranza!
Mi basta vedere il tuo sorriso per credere nel futuro." Concluse, senza smettere di sorridere. Credette di vedere le guance di Erza arrossarsi, ma non ne era sicuro.
La bambina ricambiò il sorriso, poi nascose il volto nel suo petto.
"Grazie, Jellal." Sussurrò.
Rimasero abbracciati, contenti di essere l'uno vicino all'altra.
Molte altre volte capitò che Jellal, appena tutti gli altri si erano addormentati, sgattaiolasse per arrivare vicino a Erza, e dormire insieme a lei.
Ed Erza smise di avere gli incubi.  

*angolo autrice *
Ciao Gilda spero che questa storia storiellosa vi sia piaciuta Ciao Minna☔️❄️🔪🔥

《Gruvia》❤️☔️❄️più tutte le ship fi Ft🔑🔥Where stories live. Discover now