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La polizia ci stava inseguendo da diversi chilometri e le tre volanti non avevano intenzione di mollare. J premeva aggressivamente sull'acceleratore della Lamborghini viola, facendo quasi un testacoda ad ogni curva. Rivolse lo sguardo allo specchietto retrovisore per vedere a che punto fossero i nostri inseguitori. Grugnì quando vide che non avevano intenzione di mollare e continuavano ad inseguirci, anche se con diversi metri di distanza.

Stanca di scappare, impugnai la mia pistola e mi sporsi dal finestrino mirando alle gomme delle volanti. Riuscii a colpire la ruota anteriore di una macchina che perse il controllo e si scontrò con quella al suo fianco, mandando anche quest'ultima fuori strada. Ritornai dentro alla vettura e sorrisi a J che sogghignava. Solo una macchina ci rincorreva. J allora fece una curva stretta che la volante non riuscì a fare per la troppa velocità. Eravamo riusciti a sbarazzarci della polizia. Ridemmo e J guidò fino a casa.

Scesi dalla macchina con un saltello e presi dai sedili posteriori il bottino della banca. Era stata una bella idea fare la rapina alle tre di notte, non c'erano tanti poliziotti a sorvegliare l'edificio è i pochi che erano presenti erano mezzi addormentati.

Svuotammo i due borsoni pieni di banconote sul tavolo in legno. J iniziò a contare le banconote, che servivano per pagare un suo socio, il quale gli aveva fornito un carico di armi e uomini in passato. Ovviamente voleva essere ripagato.

Il viso di J formò un'espressione sorpresa, per poi iniziare a ridere nervosamente.
-Ne mancano 10.000.- disse -Ne mancano 10.000!- ridisse con tono più alto. -È colpa tua, dove gli hai messi?- mi gridò contro.
-Non lo so io gli ho messi nei tre borsoni e te li ho dati.- dissi.
-Tre borsoni. Io ne vedo due. Cazzo Harley mi servono, non lo capisci, ti devo fare un disegnino. Sei veramente stupida.- disse avvicinandosi a me minacciosamente.
-Scusa è che è stata la prima volta ed è successo tutto così in fretta. Ci avevano scoperto e ho preso solo un borsone, credevo che gli altri due ce li avessi tu.- dissi, ma il suo sguardo duro rimaneva fisso su di me.
-Harley, piccola Harley. Sapevi che era molto importante avere i soldi, vero? Dovrò andare a prenderne altri domani notte in un'altra banca. Dovrò inoltre dirgli che gli darò i soldi un giorno in ritardo. È umiliante chiedere un giorno in più per il re di Gotham. Ed è tutta colpa tua.- alzò la voce ancora un'altra volta. Il suo corpo sovrastava il mio con la sua altezza.

-Verrò con te.- dissi alzando la mano per accarezzargli il braccio. Lui però si scostò e si allontanò, rivolgendomi le spalle.
-Si così farai qualche altra cazzata. Tu resterai qua e non uscirai per nessun motivo.-disse -Dio santo, perché non ti ho ucciso prima?- sussurrò. Allora io mi avvicinai.
-Puddin'.- gli dissi.
Lui si voltò e mi guardò con sguardo furente di rabbia.
-Stai zitta!- urlò per poi tirarmi uno schiaffo sulla guancia con una forza tale da farmi cadere. La guancia mi bruciava e la mia vista si annebbiò per le lacrime che minacciavano di scendere. Se solo avessi saputo che quello non sarebbe stato niente in confronto a quello che il tempo avrebbe portato, sarei subito fuggita.
-Che c'è, piangi?- disse lui ridacchiando. Vedendolo dal basso verso l'alto, sembrava essere ancora più minaccioso.
-Alzati.- esclamò. Per non farlo alterare ancor di più mi alzai velocemente.

Mi prese le guance tra il pollice e l'indice per costringermi a guardarlo negli occhi.
-Non c'è spazio per i deboli al mio fianco.- disse. Mi sforzai a non far cadere nessuna lacrima ed annuii. Lui allora si avvicinò e mi baciò voracemente le labbra e io mi sentii viva, come ogni volta che mi baciava.

Mi svegliai dai miei pensieri scuotendo la testa e guardandomi intorno. I ricordi mi avevano travolto. Ero ancora in armeria ed ero seduta per terra con affianco la pistola con cui avevo sparato i proiettili incastonati nel muro.
Mi alzai e presi l'ascensore, arrivando nell'attico. La porta dello studio di J era ancora chiusa. Andai in camera da letto e mi soffermai a guardare la finestra. Un bellissimo tramonto colorava il cielo di un arancione delicato. Rimasi ad osservare il sole che lentamente scompariva per alcuni minuti. Le case circostanti, molto più basse rispetto al grattacielo, erano colorate dai raggi colorati. Era veramente uno spettacolo. Non mi ero mai fermata a guardare così a lungo un tramonto, ero sempre impegnata da quando stavo con J da non accorgermi di quello che mi circondava.

Il tramonto mi ricordava quando, anni fa, restavo nella mia vecchia casa durante i weekend, dato che non dovevo andare a lavoro. Ogni sabato facevo una passeggiata per la città per respirare aria di libertà, dato che durante la settimana ero costretta a stare in celle di sicurezza per assistere i miei pazienti. Puntualmente quando il sole iniziava a calare, ritornavo a casa e guardavo la bellezza del tramonto dal mio balconcino. La vista era molto diversa, dato che abitavo al terzo piano di un complesso di condomini popolari, ma aveva comunque la sua magia.
Ne parlai anche con un mio paziente.

-Prendo una tazza di tè e mi affaccio sul balcone, per ammirare il tramonto. A lei piace guardare il sole che tramonta?- dissi mentre scrivevo sul foglio l'ora riportata dal mio orologio.
-Dottoressa, non riesco a vedere il tramonto. Come può vedere, non ci sono finestre in questa stanza.- disse il mio paziente guardandosi intorno per mostrarmi la stanza, non potendolo fare con le braccia, data la camicia di forza.
-Se lo ricorda?- chiesi allora.
-Certo, ma non capisco casa ci trova di magico, dottoressa.- mi rispose guardandomi negli occhi.
-Allora lei cosa vede nel tramonto? Io gliel'ho detto, ora tocca a lei.- dissi sorridendo.

Le sedute con i mei pazienti sembravano quasi chiacchiere tra amici, ma era solo con lui che mi sentivo più stimolata a parlare.

-Credo che fermarsi per osservare il tramonto sia una totale perdita di tempo. Intanto tutti sanno che il sole risorgerà all'alba e continuerà questo ciclo senza fine. Prima scompare e poi ricompare e così continuerà a fare fino alla fine.- disse non staccando gli occhi dai miei.
-Preferisco la pioggia. Non sai mai quando può arrivare. Non puoi sapere se la pioggerella si trasformerà in tempesta o se è solo di passaggio.- continuò.
-È imprevedibile.- dissi io, che mi ero persa mentre guardavo nei suoi occhi leggermente illuminati dalla luce della lampada.
-Si Harley, è imprevedibile come me.- disse marchiando sul mio nome. -Peccato che abbiano inventato il meteo.- esclamò poco dopo iniziando a ridere incontrollabilmente. Mi sentivo a disagio e mi sistemai meglio sulla sedia, portando lo sguardo sulle mie gambe e mordendomi l'interno della guancia.
-Sono rinchiuso qui tutto da solo, menomale che lei è con me dottoressa Quinzel.- disse a bassa voce. Mi scappò un sorriso.
-Se le mie sedute miglioreranno il suo comportamento, potrebbe riuscire ad accorciare la permanenza nel manicomio.- dissi mettendo a posto gli occhiali sul naso, spingendoli all'indietro.
-Così da poter vedere il tramonto mentre mi trasferiscono in carcere? Bella idea.- disse iniziando a ridere di nuovo.
-Rida con me, mi faccia compagnia.- disse interrompendo la sua risata. Io abbassai nuovamente lo sguardo.
-Si è offesa dottoressa? Non era mia intenzione. Deve solo sapere che io non avrei tempo di alzare lo sguardo verso il tramonto, se uscissi da qua. Avrei cose più importanti da fare. Però se lo desidera potrei stare al suo fianco mentre lei lo ammira.- disse sporgendo il suo busto sul tavolo, avvicinando il suo viso al mio. Gli sorrisi, ma non gli risposi, mi limitai a riportare le informazioni che avevo acquisito.
-Si sieda Mr. J.- dissi.
-Non neghi che le piacerebbe guardare il tramonto con me dottoressa.- rispose, non muovendosi da dove si trovava.

Eccome se mi sarebbe piaciuto.
Ma adesso che ammiravo il tramonto nessuno era al mio fianco.

• ROTTEN •  {Harley & Joker}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora