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Un grande peso fu spostato dalla mia spalla. Un formicolio fastidioso si diramò in tutto il mio corpo dopo che la cassa il legno massiccio fu tolta dal mio braccio sinistro. Sentivo il freddo del pavimento in cemento toccarmi la pelle che veniva mostrata sotto i tagli dei pantaloni ormai ridotti in stracci.

Una mano mi toccò il collo, per scoprire se il mio cuore fosse morto o battesse ancora. Subito dopo due braccia muscolose mi presero e mi sottrassero al terreno impolverato. Il lato destro del mio corpo si scontrò bruscamente con il petto muscoloso che emanava un odore pungente, forse di colonia. Grazie ai guanti ormai ridotti in brandelli, sentii la pelle sovrastata da peli del braccio del mio soccorritore.
Provai ad aprire gli occhi e la fioca luce di una torcia, illuminò il paesaggio diroccato che mi si presentò davanti, sostituendo il buio che mi aveva avvolta per molto tempo.

L'esplosione era stata devastante per il capannone. Tutti gli scaffali erano ridotti a cumuli di legno bruciato e chiodi. Del tavolo di ferro non c'era più traccia e vicino ad esso era accasciato un corpo incenerito: Manuel.

L'uomo che mi sorreggeva iniziò a camminare spedito verso quella che doveva essere l'uscita, perché mi ritrovai ad ammirare il cielo stellato di Gotham.
-Dì al capo che è viva.- interruppe la mia esplorazione l'uomo a cui ero avvinghiata. La spalla sinistra era a penzoloni e non sembrava voler rispondere ai comandi che le davo.

Ero convinta che quegli uomini fossero di Joker, ma la mia certezza fu scartata quando prendemmo la strada opposta a quella che portava a casa.

-Dove mi state portando?- domandai con tono leggermente incrinato. -Chi siete?- domandai ancora, ma l'unica risposta che ricevetti fu "zitta" da parte di un uomo che stava alla mia destra.
Le mie mani furono intrappolate da un paio di manette fredde.
Il viaggio continuò nel silenzio assoluto e dagli sbalzi del furgone ad ogni curva o buca nell'asfalto.
-Ok, adesso devi andare a dormire. Non rendere le cose più difficili, ok?- disse l'uomo che mi aveva zittito, prima di immettere nel mio corpo una sostanza attraverso un ago appuntito. L'ultima cosa che sentii fu l'apertura meccanica delle portiere.

Non so quanto tempo passò esattamente. Quando mi svegliai mi ritrovai stesa su un lettino con solo una coperta marroncina. Il mio braccio era stato medicato ed aveva una stretta fasciatura che partiva dalla spalla al gomito. Non indossavo più il mio completo, solo una semplice tuta stinta di un grigio malinconico.

Girai il capo prima alla mia destra, trovandomi davanti ad un umido muro, poi a sinistra, dove c'era una porta chiusa. Lentamente alzai il busto, fino a ritrovarmi seduta. Provai a muovere il braccio sinistro, ma la fasciatura era talmente stretta che mi era impossibile.

Un rumore stridulo mi fece girare di scatto verso l'entrata, che ora era aperta. Due uomini mi strattonarono fuori dal piccolo e sudicio ambiente. Volevo reagire, ma non avevo abbastanza forze per mettere un piede davanti all'altro, figuriamoci per combattere contro due uomini del doppio della mia altezza.
Dopo aver percorso un corridoio, ci ritrovammo in una vasta stanza. Era illuminata di più rispetto al resto del complesso e sembrava uno studio, con una grossa poltrona è una scrivania al centro.
Mi fecero sedere su una sedia davanti alla poltrona ancora vuota.

Una mano mi si posò sulla spalla dolorante. Sentivo gli anelli da sopra la fasciatura è un odore di vodka mi invase le narici.
Con la coda dell'occhio vidi una giacca di pelle nera. Quella giacca di pelle.
-Buongiorno pasticcino!- disse finalmente mostrandosi davanti a me e sedendosi svogliatamente sulla poltrona.
-Tu. Non eri morto?- dissi io sorpresa.
-Come va la spalla?- rispose con un'altra domanda lui, svitando il tappo della bottiglia di liquore e versando il liquido in un bicchiere.
-Bene.- risposi secca. -Ma tu non eri morto dell'esplosione?- insistetti.
-Tesoro, se credi che quel povero disgraziato ero io, allora se i proprio un'illusa. Mai fidarsi del clown.- rispose per poi tragugiarsi tutto il bicchiere di alcolico.
Rimasi per pochi secondi sotto shock, lui vedendo la mia reazione continuò con il suo discorso.
-E anche tu non lo dovresti averlo fatto. Come vedi ti ha abbandonato e adesso sei di mia proprietà.-
-Io non appartengo a nessuno.- dissi digrignando i denti.
-Ti ricordo che ti ho aiutato a sopravvivere. Tra l'altro il clown continuava a dire che eri di sua proprietà, ma ti ha comunque lasciata a morire sotto le macerie.- rispose lui rivolgendomi un sorriso amaro.

Non sapevo cosa rispondere, perché quello che aveva detto era vero.

• ROTTEN •  {Harley & Joker}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora