Inferno

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L'ennesimo giorno di riprese iniziò con un cielo grigio e prossimo a nevicare.
La squadra era a Boston per le riprese nella casa dei protagonisti e Sharlene Johnson veniva ritenuta la miglior regista per quel film.
Seria, un buon leader e capace  di creare delle scene che vanno ben oltre l'Oscar.
Un enorme talento sprecato da Herbert Price, ma non quella volta. La ragazza si riteneva fortunata perché vedere la bravura di Robert Downey Jr mentre recita ruoli drammatici è un balsamo per gli occhi.
Certo, aveva rinunciato al ruolo di produttore ma rimaneva comunque lo sceneggiatore e attore protagonista.
Sharlene era riuscita a prenderlo per il colletto e tirarlo fuori dal vortice dei soliti personaggi che interpretava: Tony Stark e Sherlock Holmes.
Sempre quello intelligente, quello stronzo.
Sharlene invece lo voleva vedere insicuro, gentile, leale, chiuso in se stesso come il protagonista era. Ma vedere quelle espressioni, quell'arte divina, quel saper vivere tante vite la faceva riflettere.
Infondo perché cambiare faccia mentre si lavora? Perché non lasciar vedere la timidezza agli altri?
Per farsi rispettare, perché le persone se non le minacci con un fucile puntato non ascoltano.
Così Sharlene aveva accettato ogni regalo fatto da Rob, come il suo orologio Daniel Wellington che amava alla follia. Così iniziarono le visite da parte di alcuni giornalisti che facevano domande al cast e qualche volta alla regista quando non era occupata a controllare le scene registrate.
Andava tutto bene.
Tutto al suo posto, tutto sicuro e tutto calmo. Bisogna andare all'inferno per ottenere davvero l'aiuto di qualcuno, e la ragazza stava per andare dritta laggiù.
Bisogna uccidersi per riuscire ad accettare il fatto di essere aiutati.
Così, mentre la scena più strappalacrime del film prendeva forma, il cellulare della ragazzina vibrò in tasca, distraendola.
-Continuate senza di me, torno tra due minuti.
Corse fuori dal set che era una casa e la voce che sentì al telefono la spiazzò.
-Sharlene?
-Si Mr. Price?
Un nodo alla gola iniziò a strozzarla.
-So che stai lavorando ma dovevo dirtelo.
Lei aspettò pazientemente di entrare nell'oblio.
-Tua sorella è....morta.
Ed è sangue nero quello che scorre via dal cuore per perdersi sul pavimento. Un giorno prima o poi doveva succedere. La ragazza chiuse la telefonata e fissò il vuoto, ma c'è una differenza tra chi fissa il vuoto e chi fissa qualcosa.
Lei rivide sua sorella ridere davanti a lei, la sua mente le proiettava davanti i ricordi più belli che perdevano ogni attrazione.
Sua sorella soffriva di cancro, ecco perché prima di lasciarla andare le aveva detto "Riuscirò a sconfiggerlo" o simili, riferendosi al drago dentro di lei.
Non oggi doveva accadere.
Riuscì con uno sforzo disumano a ricacciare le lacrime indietro e tornò alla postazione di regista, la gola arida e l'espressione persa.
Non voleva parlare, ma doveva dirigere.
-Robert hai s....sbagliat...o battut...a
Disse con la voce leggermente incrinata, le lacrime che combattevano per uscire fuori. Trattenne un singhiozzo, un terremoto per il suo povero cuore. Tutto perso.
Adesso sì che era sola.
Vide quei due occhi da cervo assottigliarsi leggermente e la voglia di scappare era tanta per lei.
-Tutto bene?
-Si.
Quanto è difficile riuscire a camminare senza farsi male quando il tuo mondo ti crolla sulle spalle. Sharlene pregò tutti i santi pur di far finire al più presto quella giornata.
Non appena uscì dal set si diresse nel suo camerino, entrando in quella camera che prontamente si era offerta come testimone del suo dolore.
Si accasciò a terra, appoggiando la testa al muro mentre tremava incontrollata.
Iniziò a piangere, sperando di essere la sola in quel edificio, sola per sempre.
Era forse quello l'inferno?

*uff, mi sono ripresa dal trauma post-Sherlock. Domani inizia scuola, davvero. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.

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